giovedì 22 maggio 2008

• Don Angeli. A trent'anni dalla morte

Si conclude il lungo percorso di celebrazione per il trentennale della morte di Don Roberto Angeli: figura essenziale per comprendere il ruolo die cattolici nella Resistenza toscana, per la testimonianza di cristiani  perseguitati da nazisti e fascisti (cioè dagli esponenti delle dittature che avevano fatto della gestione del potere un feticcio al quale immolare, per quanto donato alla diocesi livornese attraverso i ‘suoi’ giovani e gli amici che lo avevano accompagnato. Ho conosciuto alcuni di essi ed ho potuto assaggiarne tempra e tensioni, religiose e civiche; in particolare Luciano Merlini ed il carissimo Aroldo Figara, per non parlare di Gianfranco Merli. Attraverso di essi ho compreso e sentito fortissimo il legame con la loro esperienza; la loro fedeltà. Le ho rivissute nella tesi del dott. Gianluca Della Maggiore: "Don Roberto Angeli, interprete ardito del pensiero sociale cristiano. Un prete livornese fra Resistenza e Ricostruzione." Intorno al 25 aprile scorso la diocesi ha consegnato agli allievi delle ultime due classi delle scuole superiori una brochure particolare: “Testimoni del Vangelo, ribelli per amore" per fare porre loro attenzione al grande apporto dato alla Liberazione del Paese nel 1945 ed al contributo importantissimo dato - attraverso la loro esperienza -alla definizione della Costituzione repubblicana. Don Angeli, suo padre ‘il nonnino’, Anna Maria Enriques Agnoletti e tutti coloro che furono loro vicini (da vescovo Piccioni agli universitari cattolici) avevano combattuto “in difesa della causa giusta, la causa della dignità dell’uomo”, come ricorderà nel 1985 papa Giovanni Paolo II. Iniziativa che troverà un momento conclusivo nella premiazione del concorso: "Don Angeli: un testimone per l'oggi" (al quale hanno partecipato le scuole superiori livornesi) e con un incontro di riflessione attraverso la lettura recitata di brani tratti dalle sue opere.

Chiuderà questo itinerario il viaggio-pellegrinaggio del prossimo luglio a Monaco, Mauthausen, Dachau - luoghi che videro internato anche Don Roberto. Mario Razzauti, padre dell’attuale Vicario generale diocesano, allora aveva 33 anni ed era stato tra i cattolici in prima linea nella resistenza livornese racconta a Gianluca Della Maggiore: «Nel 1942 proveniente dall’Azione Cattolica, entrai a far parte del Movimento dei Cristiano-sociali fondato in quell’anno da don Roberto Angeli». Don Angeli fu la guida illuminata, infaticabile e arditissima della resistenza cattolica livornese: «Con lui – dice con orgoglio e commozione Razzauti – vivere il Vangelo fino in fondo era scontato. La sua fede incondizionata si tramutava in un coraggio senza limiti, una volontà tenace di agire contro il regime oppressore». Il sacerdote livornese fu catturato dai nazisti due mesi primi della liberazione, il 17 maggio del 1944: da lì iniziò il suo viaggio nei campi dell’orrore: prima Fossoli, poi Mauthausen infine Dachau

da dove riuscì miracolosamente ad uscire vivo nell’aprile del 1945 all’arrivo degli americani. Un anno terribile che rese ancor più forte la sua fede, plasmata nel crogiuolo del dolore. 


«La domanda che ci dobbiamo porre quando si pensa a don Angeli - spiega il vescovo di Livorno Mons. Giusti - è: quale sarebbe la Resistenza per la quale oggi lui si sarebbe battuto? Molte cose in questa realtà non vanno. Non ci stiamo accorgendo che si sta insinuando un nuovo razzismo su chi è piccolo e indifeso, cioè contro chi non ha peso politico né economico?».


Il vescovo Giusti si pone giustamente una domanda che tende a sottolineare l’urgenza di uscire dalla osservazione statica di quanto accaduto nel passato, anche di quanto ha testimoniato sulla propria pelle il prete don Angeli e le persone, laici e preti, coi quali ha lavorato. Don Angeli si è impegnato sul solco culturale consegnato a lui ed alla diocesi livornese da Piccioni, da Gronchi e da Toniolo. Il vescovo Giusti propone un blog. È un'idea! Potrebbe essere sostenuta da un progetto che ci facesse porre tutti in ascolto delle condizioni socio-economiche e di partecipazione alla vita della nostra realtà. In tal modo potremmo, poi, attivare tutte quelle iniziative che fossero capaci di aggredire - per quanto possibile e nel rispetto dei ruoli di ciascuno - le cause che hanno determinato la gravissima deriva - alla quale assistiamo, localmente e nella società. 

Troppo spesso, infatti, 'ascoltiamo' poco e superficialmente: forse alla ricerca del solo consenso di ciò che

riteniamo vero e reale, e non di una verifica o di un collaborazione. Parlo, naturalmente, per me e cerco di non dimenticare mai che essere 'umili' significa voler diventare ed essere "humus. terra ricca di sostanza" nella quale si può coltivare e far crescere. Chi è passato dai miei 'corsetti' di formazione, sa quante volte richiamo, ed ho richiamato, questo concetto. Sono convinto che noi che vogliamo essere  (e diventare ogni giorno di più) cristiani dobbiamo esserne gli alfieri.

Come ben si comprende, perciò, sono molto lieto della dichiarazione del vescovo. Non ho dubbi, infatti,  che sarà trovato uno spazio 'alto' e 'penetrante' di intervento per progetti formativi all'impegno socio-politico e  per proseguire nel dialogo tra le persone impegnate nei partiti e nelle istituzioni.


1 commento:

Ettore ha detto...

IL TIRRENO - sabato 24 maggio 2008 - La parola ai lettori

L’anniversario
Anche oggi ci vorrebbe un don Angeli

Leggendo sul Tirreno quanto detto da mons. Giusti a proposito delle celebrazioni a trent'anni dalla morte di Don Angeli, ho apprezzato la sua domanda su quanto avrebbe, egli, potuto fare oggi. Anch'io, (avendo collaborato con lui, nella redazione di Fides, negli anni'50), sono certo che con la penna, si "sarebbe battuto" contro le cose che "in questa realtà non vanno".
Sono, però, convinto che non avrebbe aperto un blog, nonostante fosse "coraggioso" e battagliero. Egli, da solitario qual’era, rifuggiva da ogni partecipazione pubblica o alleanza politica che potesse farlo apparire un precettore. Temendo, anche, di rimanere inascoltato, soprattutto dopo il "pensionamento" del suo maestro, mons. Piccioni. Inutili furono i tentativi, per farlo scendere in campo, di amici cari come Gianfranco Merli, Dino Lugetti, Aroldo Figara e Gigi Mascagni. Di tutto ciò, ora, rimangono le sole testirnonianze di Renato Orlandini, di Giovanni Tacchera, di mons. Uguccione Ricciardiello e di pochi altri sopravvissuti alla sua indimenticata e indimenticabile testimonianza.
Andrea Jardella