sabato 19 marzo 2011

• Nord Africa in ebollizione in cerca di libertà


Un bel baciamano, un inchino, qualche servizio ‘ad personam’ (come si fa tra uomini d’onore!), un po’ d’immagine con una autostrada a riparazione danni bellici di molti anni fa. Due ‘monarchi’ in piazza di Siena a Roma che prendono atto dei guadagni che i loro paesi (Italia e Libia) e ,forse, loro stessi hanno spuntato.È il primo scenario. Passano i giorni.

Ne emerge uno nuovo. Un popolo (quello libico) che non ce la fa proprio più , e, spinto dall’onda di altri popoli viciniori, cerca il proprio riscatto nella libertà civile. Scontro di un Davide male in arnese con un Golia ben organizzato e sostenuto anche da propri mercenari. Sguardo attonito dei protagonisti e di tutti coloro che avevano guardato a propri vantaggi ritenuti ormai impraticabili. Un popolo che mostra di volere una svolta epocale.

Il dramma si esalta e incrudelisce. Caccia aerea degli uni e degli altri in cerca di far prevalere una nuova dimensione di interessi. Una nazione - quella italiana - che stenta a mantenere il proprio ruolo nel catino mediterraneo, ma che sente rarefarsi sempre più l’aria. Nei titoli dei quotidiani si legge, drammaticamente, la parola GUERRA. Le edizioni straordinarie dei telegiornali ribadiscono la parola GUERRA. Tutti cercano di ‘coprire’ l’azione in corso di nobili sentimenti; sia le oligarchie libiche ed i loro sostenitori, sia coloro che si schierano dalla parte di chi non ne fa parte. I fatti che ne seguiranno a bocce ferme lo potranno confermare.

La malattia mortale è giunta nuovamente nel nostro mare. Diverso lo scenario globale di sempre: vecchie e nuove egemonie all’assalto.

Quando si è malati, normalmente, si cerca di capire cosa serve come cura. e quale metodo adottare per applicarla (il più efficace che la nostra intelligenza e conoscenza suggerisce). A volte si guarisce, a volte no. Il punto è non arrendersi mai e non credere che non ci sia più niente da fare ed uccidere il malato o contribuire a farlo morire. Voglia di libertà, forse anche di democrazia rappresentativa come cura generica da finalizzare. Armi e violenza da neutralizzare o da rendere meno dirompenti espressioni della malattia. La malattia: impadronirsi e prevaricare (ieri indipendentemente dal popolo; oggi cercando una giustificazione mediatica di fronte a chi è fuori dal controllo di ogni oligarchia).

Pervade il popolo - ogni popolo - un senso di impotenza. Voglia di nascondere la testa sotto la sabbia. Ma la voglia di cambiare e tornare protagonisti nella giustizia c’è, nella gran parte delle persone di tutte le etnie e lingue. Il primo mattone della nuova possibile costruzione c’è.

martedì 15 marzo 2011

• Nucleare: sì o no?


Quando ci si presentano disastri come quello di questi giorni in Giappone del terremoto e del maremoto, entrambi terrificanti, accompagnati da possibile catastrofe nucleare ognuno cerca di darsene una spiegazione, di rispondere ad una serie di perché che sorgono spontanei. Il più importante: era possibile prevedere? prevenire? evitare? Centinaia o migliaia di morti ed invalidi, nell’immediato e/o nel futuro. Ci sentiamo impotenti e corriamo alla ricerca di un ‘responsabile’ in questo o quel punto del sistema planetario. Ma, piaccia o meno, a diverso grado di responsabilità tutti si è responsabili o corresponsabili. Chi svolge un ruolo nei principali centri di potere, che ha maggiori conoscenze ed è meglio informato (prima, durante e dopo), che è in posto che consente una maggiore partecipazione alla formazione delle decisioni comunitarie lo è in misura assai maggiore a quella degli altri.

Migliaia di morti per l’uso di strumenti come l’automobile, tantissimi quelli per gestioni carenti o malmesse di fabbriche - piccole e grandi - inquinanti al di là dell’ambientalmente tollerabile, altrettanti per gli inquinamenti che ciascuno di noi determina - anche individualmente - nell’ambiente: in terra, in mare, in aria.

Tutti casi che dimostrano che si è in presenza di dinamiche di cui non si sono previsti scenari di controllo "certo". In qualche caso ci abbiamo provato o ci proviamo. In altri, in nome di un utile a breve non ne teniamo alcun conto né assumiamo impegno di controllo effettivo. Spesso questo o quel caso tendiamo a classificarlo come Incidente. Ma cos’è un incidente?

Incidente è ciò che non è prevedibile che possa accadere, non qualcosa che è 'poco probabile' che accada. Alla parola 'poco' si deve attribuire un valore-guida che deve trarre origine da condivise priorità comunitarie. In tutti i casi richiamati il principale è: la salvaguardia della vita - dell'uomo e quella presente nell'ambiente. Come si può mettere in circolo uno strumento prescindendo da un tale scenario?

Quanto accaduto in Giappone o in qualche raffineria tipo Sendai conferma che c’è ancora da fare, e molto.

giovedì 10 marzo 2011

• 'Super-ricchi' e Bene comune.


Il quindicinale Forbes (una rivista statunitense di economia e finanza) sottolinea ed evidenzia in questi giorni che le ricchezze individuali del continente europeo hanno ceduto il passo a quello asiatico. Più super-ricchi «in Cina che in Europa. Per la prima volta in più di un decennio in Asia ci sono più miliardari (332, più dei 248 dell'anno scorso e i 130 del 2009 per un totale di 996 miliardi) che in Europa (solo 300, più dei 248 dell'anno scorso e tuttavia con un patrimonio complessivo di 1.300 miliardi di dollari)». «Cina e Russia ne contano oltre cento. Gli Stati Uniti sono arrivati a 413, dieci in più dell'anno scorso. Nel vecchio continente i nuovi miliardari sono 50.» (Il link originale).

Si misurano le quantità ed i nuovi equililbri; non la qualità di strumenti ed obiettivi (raggiunti o meno) come se il denaro e la sua accumulazione fossero fini, inquadrabili di per sé come bene comune.

Col fenomeno asiatico - ampiamente previsto e prevedibile - dovranno essere fatti i conti. Altrettanto con le priorità finalizzabili al tipo di bene comune al quale si punta.

Se ha da esserci, come da qualche parte sembra emergere, la ridefinizione di 'bene comune' - da perseguire nella e per la Comunità - si devono fare i conti con l’emersione del 'berlusconismo' come momento individuale edonistico fine a sé stesso, che al momento è vincente. Lo indicano i richiami sempre più frequenti ai mutamenti culturali ed organizzativi di derivazione liberale e socialdemocratica. Lo sottolineano gli insegnamenti proposti dalla Dottrina Sociale della Chiesa (che è bene ricordare non è una 'terza via' ma la conferma di una lettura secolare, di una unità di misura, dei fenomeni maturati o maturandi nella Comunità).