sabato 30 ottobre 2010

• 60° anniversario Cisl di Livorno


Oltre un centinaio di persone si sono incontrate alla Goldonetta a Livorno. Una scritta da sfondo al palco: 60° ANNIVERSARIO CISL LIVORNO.

Vecchi e nuovi volti si incontrano, imbarazzati come si può esserlo quando si rilegge un album di ricordi di azioni, polemiche e solidarietà di anni (molti per i più anziani). Lotte durissime degli anni ‘70, pulsioni rivendicative piccole e grandi, tensioni civili e sociali che riemergevano recenti e lontane. Qualcuno sta leggendo CONQUISTE online:”Crisi, peggiora la disoccupazione di Eurolandia: a settembre sale al 10,1%”; Emergenza rifiuti: Berlusconi ad Acerra promette soluzioni entro pochi giorni”. Qualcuno, sconsolato, mormora: «ai guai di Livorno si aggiungono quelli ‘globali’!» «Niente certezze, tanta propaganda!».

Ci si guarda intorno. Il sorriso torna sui volti. «Fa bene qualche volta guardare con attenzione all’indietro.». Rileggere per progettare, per alimentare la speranza. Vittorie ed errori. Volti e fatti. Conferme e spinta alla innovazione.

Sessant’anni di orgogliosa autonomia, in un territorio che ha sempre teso all’immobilità ed al culto di pregiudiziali primazie, che ostinatamente tende a confermare un tutt’uno partiti e sindacato (quindi decisamente ostile ad una Cisl che traeva la propria forza dal guardare progettualmente a solidarietà e previsione dei fenomeni futuri nel rifiuto di schematismi ed ideologie.

Lo schermo ridà volti ed atti, in sequenza da ieri l’altro ad oggi. Figli che riconoscono padri ed amici che li hanno preceduti. I più giovani che guardavano - un po’ scettici - i più anziani che confermavano d’aver mangiato tanti panini sotto stazione, d’aver sfruttato tante ferie e festività per gestire fatti, trattative (piccole e grandi). Qualcuno ricordava un sacerdote che, difronte all’impegno sindacale, - tanti anni fa - diceva: “La tua è una missione! di quelle vere, perché vissuta sulla pelle ed ogni giorno; con la quale dai agli altri, per come sai e puoi fare”. Molti (quelli che erano riusciti a liberarsi dai guai di ogni giorno) erano lì e lentamente si immergevano nel passato. “Amici e compagni di tante battaglie siamo ancora qua!”. Qualcuno un po’ malandato. Poche nostalgie. Voglia irrompente di guardare al futuro insieme a chi oggi è ancora in trincea, a chi non si sente ‘rottame’ ma parte di una costruzione che ha contribuito ad erigere.

Guardando indietro. Riandando agli anni ’50-’80. Quattro momenti hanno segnato la ‘livornesità’ cislina:

Il manifesto lanciato negli anni ’60 da Leonardo Romano:

- LA FIM SCHIAFFEGGIA LA FIOM. [Promosse fortemente l’azione unitaria di tutta l’area per la conversione innovativa e sostitutiva del Cantiere Navale Orlando: i cosiddetti accordi del 1962.]

- Il manifesto AI CRUMIRI del 1969 affisso dalla Filca [che invitava alla compattezza in funzione della conferma del “Risorgimento sociale” in atto ed al sostegno della contrattazione categoriale e confederale.], che accompagnava tentativi di promozione di nuove strumentazioni negoziali come il tentativo di «Cassa di Resistenza» per i lavoratori della Cementir, durata poi un paio d’anni.

- L’accordo della SOLVAY, [che affrontava il problema della garanzie occupazionali e che richiese l’intervento dello stesso ambasciatore belga, a Roma, per richiamare al tavolo della trattativa la multinazionale.]

- La manifestazione unitaria del 1978 in una piazza della Repubblica stracolma per lo sciopero generale nazionale, che vide l’ultimo comizio pubblico unitario di un grande leader della Cisl, Bruno Storti. (Una delle rare ‘piazzate’ storiche di Livorno).


Tanti volti non più attuali: Morellli, Maggini, Celli, Benedettini, Romano, Poggialini, Bettinetti (il mio!), Picchi, Grassi ....... Alcuni di loro significarono stagioni di speranze e di unità nell’autonomia per tutti i lavoratori e le lavoratrici livornesi. Ognuno di loro significò ‘non stare alla finestra’, permanente salvaguardia della centralità del lavoro, strenua difesa dell’autonomia del sindacato, visibilità ‘politica’ e ‘negoziale’ della Cisl anche a livello territoriale.

L'incontro alla Goldonetta: semplice ed efficace, in tutti i suoi risvolti. Scorrere rapido ed essenziale di immagini-emblema che ripercorrevano - attraverso le persone - tempi e modi di fare sindacato a Livorno, cercando di coglierne gli input progettuali per l’oggi. Talk show, condotto da David Evangelista e Sara Chiarei, che coinvolge due ex segretari generali e altri sei quadri delle varie epoche. La favolosa figura di Adriano Olivetti, che richiamava per i più anziani l’esperienza livornese dei Cristiano Sociali, alla quale era stato vicino. Intervista al sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, presentata dal segretario generale, Giovanni Pardini, e condotta da David. Scorrono sullo sfondo gli slogan che richiamano le politiche e gli impegni di oggi. Importanti ed incisivi gli interventi di chiusura del segretario generale di Livorno, Giovanni Pardini, e del segretario confederale, Maurizio Petriccioli. Essenziali e puntati sul domani della provincia e del nostro Paese, nel quadro globale. Ricorda Pardini. «Siamo un argine contro la crisi, anche locale, e ci battiamo perché i problemi della sopravvivenza e dell’occupazione, delle persone e delle famiglie siano affrontati non a parole e rimangano centrali con qualsiasi tipo di gestione del potere -locale e centrale - dovessimo confrontarci». Conferma Petriccioli. «Partecipazione alla formazione delle decisioni (nell’impresa e nella società).» «Responsabilità e rifiuto di ogni forma di isolamento.» «Consapevolezza che nessuno schematismo ideologico - ivi compreso ‘il capitalismo anonimo’ ed un ammorbante ‘mercato’ fine a se stesso.»


domenica 10 ottobre 2010

• Ricchi, quasi ricchi e poveri.


Il dramma degli immigrati (europei o extra-europei) ed il supersfruttamento al quale sono troppo spesso sottoposti non possono lasciarci indifferenti e silenziosi o arroccati su posizioni di presunta superiorità culturale o etnica.
È un dramma che trova un suo momento nella cacciata dalle baraccopoli ('abusive' o meno) delle famiglie nomadi (con incentivo o meno, con garbo opportunistico o meno, a livello di territorio o nazionale); senza prevedere per loro altra sistemazione abitativa civile (compatibile con la loro povertà ed emarginazione, spesso pluriennali) ed una qualsiasi chance di inserimento nel nostro contesto sociale. Obiezione frequente: prima dobbiamo pensare ai cittadini italiani ed alla nostra sicurezza (come se furti, molestie e simili fossero propri solo di nomadi ed immigrati!). È stupido e miope questo accanirsi, aggravando la destabilizzazione di questo gruppi di diseredati (che - anche se vogliono - non possono cercare un lavoro o un terreno nel quale insediarsi con le loro miserie.
Occorre una strategia contro la miseria che proviene dall'interno e dall'esterno dei nostri territori. Una strategia non la si improvvisa, ma la si cerca - con l'aiuto anche dei diseredati (dovunque siano originari e comunque siano costretti a sopravvivere). È urgente che - tutti - godano delle nostre elemosine. Ma è determinante che si affrontino le cause degli squilibri ricchi/quasi ricchi/poveri e se ne cerchi una progressiva eliminazione, senza dimenticare - mai - che i flussi delle persone hanno dinamiche globali e che nessuna barriera (meno che mai quella dei confini dello Stato nel quale si vive) è così forte da impedire che si producano effetti ovunque.

martedì 5 ottobre 2010

• Begm Shnez, lapidata. Nosheen, presa a sprangate

«Ci risiamo. Dopo il caso di Hina l’estate 2006 (uccisa a Brescia dal padre perché accusata di vivere troppo «all’occidentale») e quello di Saana l’anno scorso (accoltellata dal padre marocchino perché voleva vivere con il fidanzato italiano), un altro orribile fatto di sangue che ha coinvolto una famiglia di diversa cultura e tradizione (questa volta pakistano-musukmana) nel nostro Paese.

Nel Modenese un padre ha ammazzato la moglie per una lite sul matrimonio combinato della figlia, Nosheen, che avrebbe dovuto sposare un connazionale. La ragazza non voleva saperne, il fratello l’ha presa a sprangate e l’ha ridotta in fin di vita. La madre, che prendeva le difese della figlia, è stata lapidata dal marito.

Molta è la strada che - tutti insieme (schedati o no) - dobbiamo ancora fare. Gli innesti forzati e lasciati a se stessi procurano lacerazioni, disorientamenti e arroccamenti su antichi e consolidati modelli degli uni o degli altri.

Altre due persone massacrate. Le nostre leggi attuali, esasperate spesso da metodi e comportamenti locali. non solo non aiutano ma aumentano la solitudine di chi è in difficoltà ed ha accettato di procedere per il cambiamento imposto da una realtà diversa da quella delle sue origini.

Gli individualismi e gli egoismi, piccoli e grandi, di molti fanno il resto. Queste donne - e le molte ignorate o scarsamente considerate - sono delle vere e proprie martiri.

Sembrerebbero cronache d’altri tempi, e altri luoghi. Invece succede in Italia, nel 2010. Famiglie musulmane - pakistane, egiziane, marocchine, algerine - che pretendono di trapiantare in Italia costumi del loro Paese; simile pretesa anche a quella di nostri recenti antenati.

Cous cous, veli e servitù di genere e di stato: tracce emergenti e visibili.

Pagine da leggere per scrivere di un’integrazione, solo che se ne abbia volontà e cultura, da traguardare con tenace pazienza e soprattutto attraverso reciproca conoscenza ed accettazione.

lunedì 4 ottobre 2010

• La parola crisi: fotografa solo un cambiamento in atto


Si parla quotidianamente di crisi della politica, di crisi delle organizzazioni sindacali , di crisi culturale e morale. Parole che troppo spesso sono assunte genericamente ed a prescindere da cause ed effetti.

Se con la parola "crisi" si intende ‘cambiamento in divenire’, partendo da incertezza (anche analitica) del presente o del recente passato, è indubitabile che ne stiamo attraversando una robusta, conseguente alle frequenze imposte dalle nuove ideologie organizzative (di mercato) e dalla forzata integrazione tra sistemi socio-economici a livello globale, nonché dalla diversa capacità di cambiamento che ciascun soggetto è in grado di mettere in campo.

Crisi del sistema di gestione del ’sistema istituzioni’ ad ogni livello (e di conseguenza del ruolo di partiti e movimenti) e di cambiamento per tentativi e forzature finalizzate al consolidamento di poteri personali e di gruppo.

Crisi di spinta associativa per difesa e/o nuova progettualità da parte di gruppi come quello dei lavoratori dipendenti ed autonomi, nei quali allo stato si distinguono tre momenti: quello rappresentato dalle associazioni che precedentemente sentivano forte il richiamo alle ideologie degli anni ’50-’90 e tuttora sono rese incerte da ritardi di analisi del presente (la Cgil con alcune categorie in prima fila, come la Fiom); quello rappresentato da associazioni che hanno fin dalla nascita privilegiato il pragmatismo e l’autonomia di ruolo nel sistema istituzionale (nello specifico la Cisl); quello che, pur sensibile alle ideologie degli anni ’50-’90, ne ha acquisito la decadenza e cerca un nuovo volto operativo (la Uil). Le tre organizzazioni, nell’insieme, hanno sostanzialmente mantenuto le quantità associative; anche se hanno date risposte operative e progettuali assai diverse.

• Lavoratori: Urgenza di un progetto comune.



Si è rotto qualcosa che è molto difficile rimettere insieme". Tra Fim-cisl, Fiom-cgil, Uilm e Fismic la spaccatura è verticale dalla base al vertice. "Venduti", gridava il mini corteo della Fiom livornese. "Squadristi", rispondevano dalla Fim-cisl dopo i lanci di uova contro la sede. Dalla Fim nazionale annunciavano "la preparazione di un dossier su tutti gli attacchi e le violenze subite negli ultimi mesi"per confemare che il quadro si era deteriorato ben prima della difesa - anche negoziale - del lavoro a Pomigliano. Raffaele Bonanni, il segretario generale confederale della Cisl ribadiva: «È possibile muovere l'accusa di 'venduti' contro chi ha firmato un accordo che ottiene investimenti, salva posti di lavoro e garantisce più salario ai lavoratori a parità di diritti»? Scrive Paolo Griseri su Repubblica del 4 ottobre: «Quella che è cambiata è la mentalità di fondo, quell'idea che c'era un tempo quando pensavamo che puoi dividerti su tutto ma esiste una solidarietà tra chi fa sindacato, dedica la vita a difendere i diritti dei lavoratori. Una solidarietà decisiva anche nelle vertenze più difficili, anche quando si arriva ad accordi separati". Il ricordo è di Giorgio Benvenuto, leader carismatico dalla Uil negli ultimi decenni del Novecento. Parla sfogliando i ricordi di trent'anni fa, quando i sindacati erano unitari. Anche sui volantini Fim, Fiom e Uilm erano una sola sigla, l'Flm, e ai cancelli di Mirafiori persero insieme.» Potevano fare eco Pierre Carniti e Luigi Macario, grandi leader storici della FIM-cisl e della FLM costruita insieme a Luciano Lama, Bruno Trentin e Benvenuto.

L’attuale situazione di tensione e scontro spesso sfocia nella violenza (tra i metalmeccanici in particolare) e rischia di riflettersi pesantemente anche all'esterno dell'associazionismo sindacale: scaricandosi negativamente sul consenso ad alcuni partiti e sull'astensionismo elettorale. Non si tratta, infatti, soltanto di una situazione figlia di concorrenzialità spicciola in caccia di conferma di egemonie storiche; anche se tale può manifestarsi in aree periferiche del sistema (Livorno è una di queste).

Due linee politiche si stanno confrontando duramente tra i metalmeccanici: quella della FIOM-cgil (affiancata anche dai COBAS) che punta alla contestazione tout cour - spesso con debole proposta difensiva (solo di rado temperata nelle piccole aziende dalle costanza dei rapporti diretti tra lavoratore ed impresa), frutto anche dalla esasperazione e dalla mancanza di speranza per un recupero di tranquillità sociale; e quella della FIM-cisl che, rendendosi conto che 'da solo' nessun soggetto può farcela (specie in momenti di gravissima crisi di sistema come gli attuali), cerca nel negoziato interno all'impresa ed all'esterno spazi di riequilibrio e 'nuovi' strumenti di partecipazione che costituiscano le basi per una ripartenza. Su questa seconda linea si sono attestati anche FISMIC e UILM.