lunedì 25 aprile 2011

• Celebrazione comunitaria delle festività e compatibilità negoziali


In questi giorni il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha rispolverato un ‘antico’ problema delle città ad alto e medio flusso turistico. I lavoratori e le lavoratrici devono consentire totale o parziale flessibilità organizzativa degli orari di lavoro al sistema dei servizi e del turismo, funzionalmente agli afflussi dei visitatori ed ai loro consumi - piccoli e grandi, essenziali e meno essenziali? Renzi si è fatto avanti con qualche provocazione (a mio parere) di troppo nei confronti dei sindacati dei lavoratori e dei loro operatori rappresentativi; provocazione dal sapore di lega troppo bassa per la statura che può assumere come rappresentante istituzionale. Lascio volentieri quella sponda da quattro spiccioli.

Concentro la mia attenzione sul sistema orari coi quali devono fare i conti nell’arco dell’anno non solo i turisti ed i consumatori ma anche gli attori dei servizi ed i loro dipendenti. A me pare che ci sia fin troppa flessibilità e quasi tutta a carico dei prestatori d'opera. Ha ragione chi sostiene la necessità negoziata di adattamento alle condizioni locali per definire nel concreto riposi ordinari e straordinari. In tal modo si può tener conto dei processi di potenziale accumulazione e delle coerenze con tutto ciò che consente di mantenere la centralità della persona che vuol salvaguardare il proprio posto di lavoro e che ha il diritto/dovere di vivere nella famiglia e nella Comunità. La contrattazione territoriale di questo fattore organizzativo non può non definire regole che non tengano conto delle parti più deboli e meno organizzate in modo da non soccombere a convenienze opportunistiche degli uni o degli altri. Non a caso uno dei riferimenti centrali della dottrina sociale della Chiesa (come ben definito in un appunto divulgativo della diocesi di Pistoia) precisa: «Nella produzione dei beni, si deve tenere presente il primato dell'uomo sul lavoro (con tutte le conseguenze che il principio comporta), del lavoro sul capitale (con l'apertura a forme di comproprietà, di co-gestione, di azionariato operaio e simili), dei diritti delle persone rispetto al profitto e al libero mercato. L'economia va coniugata con l'efficienza, ma non a discapito della solidarietà. Per questo i principi ispiratori del neoliberismo sono stati rifiutati. La salvaguardia del creato è un limite invalicabile di ogni attività umana. L'uomo è chiamato da Dio a collaborare al compimento della creazione.»

L’ideologia del mercato e del consumo non può travolgere tutto e tutti; trasformare le persone in una subordinata delle merci e del denaro. Non hanno alcun senso rigidi schematismi né liberalizzazioni ‘selvagge’. Oltretutto il quadro deve essere ancor di più osservato da vicino, quando si constati che la sorveglianza pubblica del rispetto delle regole condivise di convivenza comuniaria (tutela del più debole rispetto al più forte) facciano acqua da tutte le parti.

lunedì 4 aprile 2011

• Una nebbia sta avvolgendo il diritto/dovere di parola dei nostri ragazzi


Un momento essenziale del 'vero' attacco alla SCUOLA (senz'altra aggettivazione) ed al futuro dei nostri ragazzi è questo. Si è aggredito a colpi di machete un sistema (che bene o male si era consolidato) senza porsi seriamente la domanda di 'come proseguire'. Per studiare e formarsi, anche professionalmente, occorrono più soldi (con effetti disastrosi sulla mobilità sociale), famiglie sufficientemente stabili (con presenza significativa di padri e madri), associazionismo giovanile finalizzato di supporto a prezzi bassissimi o quasi nulli, sistema degli orari (territoriale, familiare e personale) con flessibilità controllata, cultura territoriale svincolata da modelli imposti dall'ideologia dei consumi.

Fabio Luppino scrive su l’Unità di ieri, 3 aprile: «Non so come fare. Ho meno ore, non riesco a sentirli più. Ormai per il voto orale devo fare dei compiti scritti. L’anno scorso ne avevo 22, quest’anno 28. L’anno scorso avevo quattro ore di latino, quest’anno tre. Ma sono preoccupato: ogni volta che li chiamo sono sorpresi, non riescono ad esprimersi. È colpa mia? Non lo so, i miei colleghi mi raccontano le stesse cose».

Uno sfogo, uno dei tanti. Della riforma Gelmini nelle superiori si è parlato in teoria. I conti con la realtà si cominciano a fare, ora, nelle scuole: sono devastanti.

La generazione del monosillabo delle parole mozze, delle sigle per darsi affetto, così come si vanno forgiando invasi da facebook, a scuola trasferisce per intero l’incertezza lessicale. E non c’è tempo per rimediare. Il pittoresco Lorenzo creato da Corrado Guzzanti - che non riusciva nemmeno ad arrivarci al monosillabo, ma un rumore contorto usciva dalla sua voce per comunicare- è stato ampiamente superato, anche se la figura resta profetica visto che la parodia vide la luce ben prima dell’esplosione dei social forum. Nei licei la riduzione oraria è solo nelle prime classi. Negli altri istituti superiori è a regime in tutte e cinque le classi.”