giovedì 25 febbraio 2010

• Cercare sempre percorsi illuminati dal Vangelo.

Un documento antimafia della Conferenza episcopale italiana non è una novità. Ricordate il ‘grido’ di Papa Wojtyla a Palermo? « Convertitevi e credete al Vangelo»! È dal 1989 che la denuncia del degrado imposto dalla criminalità organizzata nei territori che tiene sotto controllo e da varie sacche di uso distorto dello strumento ‘potere’ ha cessato di essere patrimonio solo di parroci e vescovi coraggiosi (alcuni dei quali ci hanno rimesso la vita), per trovare posto nei documenti dell’episcopato.

I vescovi italiani, ancora una volta, fanno appello perché l’insieme ecclesiale aiuti a crescere persone con capacità dirigente, in possesso di valori cristiani e capacità e voglia di operare in una realtà quotidiana nella quale convivono uomini e donne portatrici di culture diverse, spesso fra loro confliggenti. In questi giorni è rinnovato l’appello perché l’indicazione di Giovanni Paolo II contro la delinquenza organizzata e l’uso degradato dello strumento ‘potere’, anche a fini personali e di gruppo, non continui a tenere il nostro mezzogiorno ai margini e nel sottosviluppo.

I vescovi, cogliendo anche l’occasione delle prossime elezioni regionali e locali, premono sui partiti, tutti i partiti per convincerli a dare una prova effettiva di rinnovamento. Un richiamo a partiti, corpi intermedi (come le associazioni sindacali, sociali ed economiche) e loro soci, elettori e sostenitori: perché procedano ad una effettiva oculata e produttiva selezione rinnovando anche gli strumenti di partecipazione e formazione delle decisioni, anche locali, conquistando ogni giorno la loro estraneità al sistema politico-mafioso; troppo spesso questo appare come una sola cosa, e sembra condividere gli stessi obiettivi, contrari agli interessi della comunità.

Molti opinionisti, dato il momento, tirano per la giacca questa posizione: c’è chi ritiene che si tratti di una ferma presa di distanza dai politici di centro sinistra che hanno governato in questi ultimi anni i poteri regionali o da quelli che nel centro destra hanno mostrato contiguità col sistema criminale; altri un avvertimento a non lasciare soli i prossimi eletti così da divenire facile preda della criminalità organizzata; altri ancora per condizionare la formazione delle liste degli eleggibili.

Ma a mio parere i vescovi hanno voluto ribadire di non voler offrire coperture a chi si autopromuove ‘cattolico’. Pur tra incertezze e ‘stop and go’, cercano di rinfrescare il loro ruolo di primi 'custodi' e 'coltivatori'.

Molte le sfumature riscontrabili; un po’ dappertutto. Vogliono tener conto delle diverse radicalizzazioni indotte dalle culture presenti nei territori o in associazioni e movimenti di vario genere. Non dimenticando che ogni radicalizzazione comporta modi di agire ed essere isolati, non aperti - di fatto - al confronto e, quindi, incapaci di alimentare l’humus sul quale far crescere la capacità di essere ‘lievito’ e correggere le maggiori degenerazioni.

A questo proposito come non condividere il commento che mons. Diego Coletti ha rilasciato ad AZETA/febbraio 2010, pubblicazione della Cisl di Como? Tutta l’enciclica 'Caritas in veritate' «non solo offre spunti, ma è già un documento chiaro e preciso per orientare non soltanto l’agire economico, ma l’intera nostra vita. Basterebbe

fermarsi all'incipit: la carità nella verità - e con carità si intende caritas, ovvero amore - è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera. L’amore è una forza straordinaria che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. Sono le prime sei righe dell’enciclica e già ci dicono tutto. O ancora, al numero 36: l’attività economica mente. L’enciclica, in estrema sintesi, ci pone un enorme spunto di riflessione che, a cascata, orienta tutto il resto: quale idea abbiamo di uomo? E prima ancora: quale posto abbiamo riservato a Dio nella nostra vita? Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia… lo sviluppo non potrà che essere integrale, perché orientato alla persona. Sempre nelle pagine finali, il pontefice lo dice chiaramente: il maggiore ostacolo allo sviluppo è attualmente rappresentato dal venir meno dei valori umani, a sua volta ispirato dalla chiusura ideologica a Dio e dall’ateismo dell’indifferenza . Non pensiamo soltanto alla povertà scandalosa dei Paesi sottosviluppati. Guardiamo in casa nostra. Guardiamo cosa è accaduto con la crisi della finanza: quando gli investimenti assicuravano percentuali altissime di guadagno, qualcuno si è mai domandato a scapito di chi era possibile realizzare così tanto in così poco tempo? Non lasciamo “morire il prossimo”: tra i valori da recuperare mettiamo al primo posto la fraternità».




domenica 14 febbraio 2010

• L'on. Paola Binetti lascia il PD


Leggo su Yahoo di oggi che l’on. Binetti lascia il Pd e che l’on. Bersani avrebbe detto di essere dispiaciuto della scelta della discussa parlamentare dell'ala "teodem" del partito di centrosinistra, dopo la decisione del partito di sostenere la candidatura dell’on. Bonino a Presidente della Regione Lazio. On. Bersani:«So che a qualcuno potrà sembrare strano, ma lo dico sinceramente: l'allontanamento dell'onorevole Binetti è quello che mi dispiace di più».

Che i disagi derivanti dalla formazione del Partito Democratico sarebbero durati ed avrebbero prodotto effetti nel tempo, ne erano consapevoli tutti; trattandosi di un processo che avrebbe portato ad un confronto strettissimo tra due culture solide e radicate: quella cattolico-democratica e quella comunista (per di più questa nella fase terminale di digestione della pesante sconfitta storica delle esperienze del sovietismo in varia sfumatura e delle vicende da'Fattoria degli animali' ancora in corso in Cina). Ad esse si univa anche la ricerca di una dimensione politica credibile da parte di nuovi soggetti, che si accostavano per la prima volta alla finestra e che rifiutavano in nuce le esperienze gestionali delle altre due culture politiche. Disagi che in momenti di scelte operative ed elettorali non potevano che aggravarsi.

La scelta di alcuni soggetti a candidati Presidenti - coi rischi di cesarismo che gli attuali sistemi elettorali inducono - portavano a prevedibili conseguenze trovandosi in presenza di candidati che non rinunciavano a loro precedenti visioni ideologiche, ma anzi continuavano da tempo ad esaltarle. Il caso Lazio appartiene a questa categoria. L'on. Binetti - come altri casi in atto o manifestatisi da poco - lo confermano. Non solo ma i termini del problema sono ancor più sottolineati quando si ascoltano affermazioni come questa: l'on. Bersani sta accompagnando per la mano la fuoriuscita dei cattolici dal PD. Lo ha detto nei giorni scorsi a La7 un importante giornalista di Famiglia Cristiana

È fuor di dubbio che la dirigenza del PD, nelle sue varie espressioni, non può limitarsi ad atteggiamenti 'paciocconi' e dare la sensazione di assorbimento di chi non era DS, provocando fughe e perplessità nei vecchi popolari e nei nuovi soggetti aderenti al PD. Il PD non è - e non può essere - il 'grande DS', che distribuisce un po' di potere locale (laddove se ne ravveda la necessità e l'opportunità, come se ciò potesse esaurire il problema!). Gente che se ne va o si mette in temporanea posizione di attesa, non va con Berlusconi e compagnia, né si adatta facilmente ad equilibrismi alla ricerca di una sponda più tranquilla. Ma l'attuale dirigenza del PD non può stare a guardare con aria afflitta o di compatimento. Nel tempo si potrebbe arrivare all'eutanasia del PD.

lunedì 1 febbraio 2010

• Far fronte al cambiamento in politica


L’agenzia ADN-KRONOS, in data 31 gennaio ha messo online un articolo dal titolo “Pardi e Adornato, dalla sinistra al centro, il primo con l'Idv il secondo con l'Udc - “Da Rutelli a Bondi, tanti i politici che negli anni hanno 'cambiato idea' e... partito”. Da esso si trarrebbe la conclusione che la politica italiana degli ultimi 30 anni è in mano a ex-socialisti, ex-sinistri. ex-laicisti e derivati vari, con una chiara tensione culturale a 'conservare' (cioè incapace di sganciarsi da inutili sovrastrutture ideologiche)? Non sarà che i cattolici di seconda generazione post-bellica trascinati da una deriva 'socialdemocratica' (di fatto la linea della Democrazia Cristiana del dopoguerra) hanno allentato la presa culturale nel rapporto con la società non avendo ben digerito il cambiamento in atto a livello globale e nazionale? Non sarà che li si ritrovi impegnati soprattutto nel volontariato e nel sindacato in cerca di lasciare una traccia che li tolga dalle ‘isole’ nelle quali tendono a rifugiarsi? Non saremo in presenza di un cascame degli insegnamenti filosofico-ideologici dei licei italiani di chiara marca individualista nonché a- od anti- confessionale?

Se così fosse saremmo di fronte all'urgenza ed alla necessità di una riprogettazione culturale che educhi i nostri ragazzi alla libertà di scelta a 360° e non limitamente a campi pregiudizialmente proposti?

Il "progetto culturale" della Chiesa dovrebbe far fronte a questo problema, ma si ha la sensazione che sia confinato a slogan o a sterile 'documentificio' di marginale rilevanza, che può produrre effetti comunque ritardati.