giovedì 30 ottobre 2008

• Democrazia, pluralismo e partecipazione.


Ecco le diapositive-guida proposte nel primo incontro in aula ai corsi di formazione 2006-2007 promossi dall'ufficio per i problemi sociali della diocesi di Livorno nel quadro del progetto formativo finalizzato all'impegno socio-politico. Sono frutto della illustrazione e dei richiami (anche nel Forum collegato al corso) da parte del relatore, oltre che del confronto in aula tra i partecipanti, tra questi ed il relatore e tra essi ed i testimoni di varia tendenza, invitati agli incontri periodici. Uno dei temi che più ha coinvolto i partecipanti è stato quello dell’autonomia dei ruoli in una Comunità che assume come elementi fondanti: pluralismo, partecipazione e responsabilità solidale. Tutti elementi da sottoporre, nell’agire quotidiano, a verifica costante nel rispetto dei permanenti mutamenti culturali in atto.


• Sul clima,sul pacchetto europeo serve coesione politica e sociale

Condivido completamente quanto su CONQUISTE DEL LAVORO del 28 ottobre 2008 ha scritto Renzo Bellini. Ogni giorno di più, infatti, avvertiamo che quello del clima è un problema di generale sopravvivenza; siamo consapevoli dei limiti degli interventi dell'insieme della classe dirigente politica di ogni livello e ruolo. Ritardi e limiti culturali e progettuali che la spinta all'isolamento ed all'individualismo hanno aggravato, anche in conseguenza della visione vetero-aziendalista nella quale siamo immersi.
«A proposito della discussione in atto tra il Governo italiano e la Commissione europea relativa al pacchetto clima con la conseguente polemica tra maggioranza e opposizione è utile ricordare che la Cisl ha da tempo denunciato i rischi di un nuovo ”debito pubblico verde” che si andava maturando nelle casse dello Stato. Ricordiamo che gli accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese a Kyoto prevedono una riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera del 6,5% rispetto ai valori riscontrati nel 1990. Cosa che non si è verificata; anzi, le nostre emissioni climalteranti sono cresciute del 12-13%. Tutto ciò perché i vari governi o hanno accondisceso acriticamente o hanno ignorato gli impegni sottoscritti senza quindi definire una strategia e un programma adeguato per recuperare i ritardi.
La conseguenza è stata che a livello europeo Francia e Germania hanno sostanzialmente disegnato misure a loro più favorevoli, tant’è che addirittura per la loro industria per il periodo 2004-2007 hanno reso disponibili quote di emissioni superiori al loro fabbisogno per oltre un quarto del necessario, mentre per le quote delle industrie elettriche ed energivore italiane c’è stato un ammanco del 10% circa del fabbisogno ”fisiologico”.
Analizzando alcuni dati forniti dalla Commissione Ue emerge che un cittadino tedesco inquina molto di più di un italiano, presentando un indice di emissioni serra pro-capite calcolato in percentuale rispetto al prodotto interno lordo pari a 10,24 contro l’8,03 del nostro Paese. Inoltre, sempre in base ai dati stimati dalla Commissione Ue, il nostro Paese avrà un costo annuo di ”pulizia” compreso tra lo 0,51-0,66% del Pil nazionale, a fronte di una spesa tedesca annua compresa tra lo 0,49-0,56% del Pil.
Da quanto detto emerge con chiarezza che il disegno della strategia della riduzione delle emissioni a livello europeo è stato disegnato con la completa assenza della posizione dei Governi italiani che non sono stati capaci di fare maggiore chiarezza al fine di tutelare gli interessi nazionali. Proprio per questo risultano incomprensibili le polemiche scoppiate tra maggioranza ed opposizione, quando in realtà sarebbe utile trovare delle posizioni comuni per determinare quella coesione necessaria che ci permetta di uscire vincitori dalle complesse trattative in corso nella sede europea.
Cosa fare dunque? Innanzitutto, si devono confermare gli impegni sottoscritti dei famosi ”tre 20”, cioè realizzare entro il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di Co2, aumentare la produzione di energia rinnovabili del 20%, realizzare l'efficienza energetica e il risparmio energetico per il 20% e infine impiegare il 10% di biocombustibili. Una strada, questa, anche economicamente più vantaggiosa. Infatti, la Commissione europea evidenzia che i danni consequenziali alla salute e all’ambiente causati dall’attuale modello di sviluppo ammontano a circa 350 miliardi di euro l’anno, pari all’8% del Pil europeo. In più, non agire ci costerà 4 euro a persona, mentre mettere in atto delle politiche virtuose in materia ambientale avrà un costo compreso tra i 60 e i 70 centesimi di euro per persona.
Nel confermare gli obiettivi di riduzione, quindi, si deve agire negoziando sul come centrarli, mettendo in campo tutti gli strumenti utili per la realizzazione degli impegni intrapresi. Innanzitutto si tratta di recuperare il ”gap” registrato dall’Italia nella prima fase di attuazione della direttiva. Poi bisogna proporre che il raggiungimento degli obiettivi di riduzione avvenga non con la vendita all’asta, ma proponendo un sistema di benchmarking (parametri settoriali di efficienza calcolati sulle migliori tecnologie disponibili). In questo modo le imprese efficienti non
avranno nessun limite di produzione, contrariamente le altre acquisteranno quote di emissione alimentando un fondo europeo di sostegno all’innovazione, rispettando così il principio ”chi inquina paga”.
Si deve inoltre determinare un sistema più stringente e definito che deve riguardare l’efficienza delle nuove costruzioni edili e la ristrutturazione di quelli esistenti. La normativa avviata dal precedente Governo circa la detraibilità fiscale del 55% delle spese sostenute per l’efficientamento energetico delle abitazioni va consolidato e potenziato su due versanti: ulteriore defiscalizzazione per interventi anche di minore entità come coperture di spazi aperti, terrazzi e solai, crescita e potenziamento delle professionalità e delle capacità imprenditoriali delle imprese del settore. Un piano straordinario dell’efficienza energetica degli stabili dove opera la pubblica amministrazione, compresi i servizi quali scuole e ospedali, con relativa copertura dei tetti con pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Si deve investire nelle infrastrutture a partire dalle autostrade del mare con relativa dotazione logistica dei porti e delle aree portuali, mentre un programma decennale deve investire nel potenziamento della rete ferroviaria anche in ambito del trasporto metropolitano recuperando un modello di vita e di organizzazione dei trasporti (a partire da quelli pubblici di tipo ecocompatibile) che contribuisca allo sviluppo sostenibile e alla salvaguardia ambientale. Anche i cosiddetti meccanismi flessibili, cioè la possibilità di contabilizzare sul proprio bilancio ambientale tutti gli interventi che si realizzano con le migliori tecnologie e di energia rinnovabile nei Paesi dell’est o nei Paesi in via di sviluppo, devono trovare un procedimento semplificato e di certa registrazione.
In definitiva all’Italia devono essere riconosciute le stesse condizioni per gli investimenti realizzati nel nord Africa o nei Paesi dell’est, senza vincoli particolari se non la veridicità dei fatti così come accade agli altri Paesi, come ad esempio la Germania che può considerare raggiungibili con più tranquillità gli obbiettivi
ambientali rinnovando con nuovi impianti gli stabilimenti inefficienti e inquinanti dell’ex Germania dell’est. L’ Italia ha tutti i diritti di far parte dell’Europa Verde, della leadership mondiale per la lotta ai cambiamenti climatici, ma affinché questo avvenga abbiamo bisogno di una grande alleanza del sistema Paese per attuare obbiettivi che sono alla portata del Paese stesso.
In ultima analisi occorre un grande Patto, un’alleanza e una forte solidarietà fra tutti i livelli delle istituzioni, una mobilitazione delle persone di scienza e tecnica, una volontà decisa delle imprese di mettere inmostra le proprie migliori tecniche e processi produttivi, il coinvolgimento del mondo culturale e della scuola ai diversi livelli per realizzare una grande operazione di nuova cultura della responsabilità, attraverso un piano nazionale strategico di costruzione di una società organizzata e produttiva a bassa emissione di C02, di cui a livello mondiale siamo già stati leader negli anni ’60. Le sorti di un pianeta più vivibile nell’immediato e per le prossime generazioni meritano questi impegni perché offrono al mondo una idea di sviluppo sostenibile ad alto contenuto di lavoro, di nuove professionalità e di coesione sociale.»

martedì 21 ottobre 2008

• Walter Veltroni intervistato da Fabio Fazio a "Che tempo che fa"

Credo che l'intervista fatta domenica 19 ottobre u.s. a Walter Veltroni (in quanto rappresentante del maggior partito di opposizione) sia importante (per chi è iscritto al PD), interessante e stimolante (per chi non lo è). Al termine della prossima tornata elettorale (come osserva il mio amico Giampaolo Bitossi) verificheremo insieme idee e proposte. Sconcerta, tuttavia, che al momento attuale, anche il PD non abbia ancora fatto un congresso per un ulteriore incidenza nel processo di integrazione tra diversi, che lo caratterizza, nel quale discutere idee e proposte uscendo dall'attuale sistema oligarchico.


giovedì 9 ottobre 2008

• Invito alla politica. "Delusi, ma non rassegnati"


Su richiesta, sono inserite le diapositive-guida proposte nel primo incontro in aula ai corsi di formazione 2006-2007 promossi dall'ufficio per i problemi sociali della diocesi di Livorno nel quadro del progetto formativo finalizzato all'impegno socio-politico. Sono frutto della illustrazione e dei richiami (anche nel Forum collegato al corso) da parte del relatore, oltre che del confronto in aula tra i partecipanti, tra questi ed il relatore e tra essi ed i testimoni di varia tendenza, invitati agli incontri periodici. In questi giorni padre Bartolomeo Sorge S.I., direttore di «Aggiornamenti Sociali», nell’editoriale settembre-ottobre (http://www.aggiornamentisociali.it/) propone una riflessione che il titolo ben rappresenta: “Cattolici delusi, ma non rassegnati”. «Molti oggi sono delusi: alcuni pensano di impegnarsi nel sociale, altri rimangono in politica, ma senza entusiasmo.»

mercoledì 8 ottobre 2008

• Arroganze e 'dittatura della maggioranza'

In tutto il mondo i Parlamenti esistenti sono investiti da analisi e proposte sulla drammatica crisi economica e finanziaria. L'unico Paese che non ha ancora fatto tutto questo, nonostante abbiamo assunto una posizione interessante a livello europeo, è L'Italia.
Si noti bene siamo addirittura in presenza della fine del modello americano, per superare la quale nessuno ha la ricetta o è in grado di misurarne con sicurezza l'ampiezza; nessuno è ancora in grado di vedere come la realtà finanziario-economica cinese o quella indiana siano in grado di posizionarsi rispetto al quadro statunitense o a quello europeo. Scrive giustamente Francio Fukuyama su La Stampa di questa mattina: «Le dimensioni del crac di Wall Street difficilmente potrebbero essere maggiori.» «Le idee sono una delle nostre merci da esportazione più importanti, e due in particolare hanno dominato il pensiero globale dai primi Anni 80, quando Ronald Reagan fu eletto Presidente. La prima era una certa visione del capitalismo, che sosteneva che tasse basse, regole leggere e un governo ridotto sarebbero state il motore della crescita economica. La seconda era l’idea dell’America come promotrice della democrazia liberale nel mondo, vista come la strada migliore a un ordine internazionale più prospero e aperto. Il potere e l’influenza dell’America poggiavano non solo sui nostri carri armati e i nostri dollari, ma anche sul fatto che la maggior parte della gente trovava attraente la forma di auto-governo americana e voleva rimodellare la sua società lungo le stesse linee - il 'soft power', secondo la definizione del politologo Joseph Nye
Ma ora il motore di quella crescita, cioè l’economia americana, è deragliato e minaccia di trascinare con sé il resto del mondo.
Vogliamo verificare insieme, in Parlamento (unico luogo deputato dalla Costituzione), conseguenze e proposte di soluzione per il nostro Paese e per l'Europa? Siamo proprio sicuri che situazioni tanto delicate e capaci di avere ricadute drammatiche sulla vita di tutti siano assunte senza una verifica ed un controllo da parte del Parlamento? Anche se questo è ingabbiato in leggi elettorali che nel limitano grandemente l'autonomia deliberante ed operativa?
È questo il modello di democrazia 'buono'? C'è chi usa - con riferimento all'attuale modo di procedere del Governo di centro destra- spesso termini come fascismo, dittatura e simili, è capitato anche a me. È certamente fuori del tempo e finisce con l'evocare un quadro assai diverso dall'attuale. Ma parlare di democrazia parlamentare e di istituzioni bloccate dalla "dittatura della maggioranza" (come descritta dai 'sacri' testi di dottrine politiche) non è esagerato, corrisponde alla attuale realtà.
Ieri abbiamo assistito ad un altro gravissimo atto di arroganza da parte del Governo attuale: l'approvazione di una profonda modificazione strutturale della scuola, con decreto legge di urgenza e richiesta di voto di fiducia in un Parlamento costruito dalle oligarchie dei partiti e votato su schede bloccate.

domenica 5 ottobre 2008

• Humanæ vitæ:sono tra quelli che trovano difficoltà

In data 4 ottobre il noto giornalista Luigi Accattoli ha espresso, nel suo blog, un suo commento sull'intervento di Benedetto XVI sulla bellezza dell'avventura coniugale e e sull'Amore. Mi piace immetterlo anche in questo blog perché sento mia la sua riflessione.
_______________________
dal blog di Luigi Accattoli [http://www.luigiaccattoli.it/blog/]
Possiamo chiederci: come mai oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione naturale?”: così ha parlato ieri il papa per il 40° dell’Humanae vitae e gli sono grato di aver ricordato quelli che “trovano difficoltà”, perché io sono tra loro. Avevo 24 anni quando fu pubblicata l’enciclica e oggi ne ho 64 e nel frattempo ho avuto cinque figli e tante occasioni per meditare quel messaggio e sempre ho concluso che non ne ero all’altezza: apertura alla vita certo, nell’insieme di un’avventura sponsale ma non ancora in ogni singolo abbraccio. Mai però l’ho contestato, quell’insegnamento, interpretandolo come un ideale che mi veniva proposto, non come un precetto che mi veniva imposto. Sono felice che ieri Benedetto abbia risposto alla domanda sulla “difficoltà” trattando del “cammino di maturazione” che è necessario “quando è in gioco l’amore”, cammino arduo a guidare il quale “neppure la ragione basta: bisogna che sia il cuore a vedere”. Credo che un passo si possa compiere oggi verso il superamento della disputa sull’enciclica sessantottina: che il magistero proponga la radicale apertura alla vita esplicitamente come ideale per il quale la ragione non basta e non come una precettistica tassativa – e che coloro che hanno difficoltà intendano la dimensione ideale di quell’insegnamento e provino, per quanto possono, a conformarvi l’esistenza.

venerdì 3 ottobre 2008

• Latita il buon senso? Pericolo per la democrazia?


Cresce ogni giorno di più la preoccupazione per la nostra democrazia. Certamente non perché l'opposizione ne fa un cavallo di battaglia ma perché i segnali involutivi sono sempre più forti e robusti. Il 'fastidio' e l'intolleranza sostanziale per ogni atto di verifica e controllo da parte degli organismi deliberanti della istituzioni è sempre più marcato. Si leggono sul MESSAGGERO di questa mattina queste frasi: «Le regole del Parlamento sono vecchie e vanno cambiate. Lo chiede Silvio Berlusconi, dopo le proteste dell'opposizione che aveva criticato l'uso eccessivo dei decreti legge. Il governo è intenzionato a intervenire con un decreto legge «su tutte le materie in cui è necessario intervenire con una decretazione d'urgenza». E non mancherà di porre la questione di fiudica ogni qualvolta sarà utile, perchè la «fiducia è un atto di coraggio e responsabilità e se un governo non la ottiene, se ne va a casa», ha aggiunto Berlusconi. Secondo il presidente del Consiglio, anche in caso di decreto c'è il vaglio del Quirinale, il voto del Parlamento e casomai, un successivo esame della Corte Costituzionale. «Invito i presidenti delle Camere a procedere perché, assieme ai capigruppo, si proceda a cambiare i regolamenti perchè l'iter di approvazione delle leggi sia più rapido, così come accade nel resto d'Europa». È l'invito «cordiale» rivolto poi dal premier ai presidenti delle Camere. » Che occorrano alcuni cambiamenti di funzionalità del Parlamento siano necessari per fr fronte al nuovo modo di porsi del fattore tempo, non credo possano esserci dubbi. Ma che questo significhi ridurre il punto più importante della nostra democrazia ad un luogo che ha come funzione prevalente quella di prendere nota di quanto una oligarchia ha determinato è assai grave; soprattutto se si tiene conto che col sistema elettorale vigente che propone chi l'oligarchia proponente ritiene più utile o interessante per se stessa.
A tutto questo si aggiunge che anche la forza che finora ha potuto agire come baluardo di difesa per l'insieme della democrazia italiana (il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici) si sta rapidamennte indebolendo con gravi ripercussioni di sistema. Si sta assistendo,infatti , ad un film già visto nei giorni scorsi a proposito di Alitalia. Mutatis mutandis, un film assai simile a quello proposto all'attenzione dei lavoratori e delle lavoratrici negli anni '50, nei giorni della dolorosissima scissione sindacale (la cui origine era solo - e molto parzialmente - legata ai fenomeni di politica internazionale). C'è chii si può proporre la tutela, anche salariale ma non solo, fermandoci sulla fotografia dell'esistente cercando di adattarvisi. C'è chi cerca di creare le condizioni per opera e progetta tenendo conto della inevitabile sequenza di immagini socio-economiche, in parte da costruire e da verificare. In tutto questo sembra esserci un ruolo diverso da allora: quello di Confindustria. Allora interfaccia antagonista della sola CGIL, mentre la LCGIL forzava per un quadro di riferimento generale economicamente e finanziariamente in cambiamento. LCGIL e parte della FIL fusi nella CISL, portarono la proposta delle Sezioni Sindacali Aziendali e dei premi di produttività nelle fabbriche (solo parzialmente attuata), quella di un accordo quadro sulle relazioni industriali ed ipotizzarono alcune sperimentazioni di job evaluation (che videro solo uno o due casi di attuazione contingente).
Una cosa è certa, ai miei occhi. Si sta operando una nuova e dannosa separazione tra i lavoratori e le lavoratrici sindacalizzate, con danni che non possono che danneggiare l'obiettivo principale ed indebolire ulteriormente il ruolo del sindacato (già tutt'altro che robusto in questi giorni): impedire che uomini e donne siano considerati degli oggetti di cui disporre liberamente e che l'individualismo continui a determinare povertà sempre più incidenti; operare perché il nostro Paese non transiti da una democrazia 'partecipata' ad una democrazia 'parlata'.
I partiti da canali d partecipazione collettiva sono giunti ad essere - di fatto - insieme di oligarchie di vario livello. L'attuale opposizione parlamentare di governo sta faticosamente cercando di porre un freno, cercando una ricetta adatta all'insieme attuale delle 'culture' presenti nel nostro Paese. Ma il quadro fotografico che ci si propone ogni giorno è di un far politica in una chiesuola per eletti alla quale chiamare una tantum ad innalzare incensi , preghiere i improperi. Il sindacato dei lavoratori, come quello degli imprenditori, finora continuava su schemi sperimentati in 50 anni di partecipazione (più o meno intensa e visibile). I sindacati degli imprenditori sembravano in fase di osservazione prudente dei cambiamenti in atto a livello globale e locale. Quelli dei lavoratori e delle lavoratrici proiettati a tamponare i guai ed a salvaguardare il sistema partecipativo. Le attuali lacerazioni del tessuto sindacale (in gran parte maturate in CGIL) possono portare solo ad un grave indebolimento istituzionale.
È urgente un mutamento di rotta. Le prime reazioni - tra le gente ed i più attenti osservatori - si possono già avvertire. Si può sperare ed avere fiducia recuperando solidarietà tra tutti noi, ovunque operiamo. I nostri egoismi e le nostre miopie possono essere superate. Il buonsenso può riprendere quota.

mercoledì 1 ottobre 2008

• Identità e ruolo dei cattolici

Retinopera spera nel futuro
I cattolici riuniti ad Assisi rilanciano l'identità e il ruolo dei cattolici
di Alessandra Nucci

ROMA, martedì, 30 settembre 2008 (ZENIT.org).- Con visioni talora diverse sull'attualità e sul passato, ma avendo in comune forti convinzioni e speranze per il futuro, sono convenuti nei giorni scorsi ad Assisi i delegati di svariate realtà del mondo cattolico aderenti a "Retinopera", per confrontarsi e trarre conclusioni operative dalle tematiche fondamentali di "Bene Comune, Povertà, Emergenti e Ricchezze Negate".
Una tre giorni nella città di San Francesco che ha messo d'accordo tutti sulla presenza di povertà non solo economiche ma anche culturali e morali, sulla necessità nondimeno di resistere ai catastrofismi e diffondere la speranza, sulle soluzioni di fondo, da ricercarsi nella comunità liberamente scelta e nello snodo centrale del Compendio sociale della Chiesa, e sull'esigenza fondamentale di resistere a qualunque prezzo le pressioni del mondo secolarizzato che intenderebbe relegare l'identità cristiana nel privato.
"Paradossale questa epoca di grande tolleranza – ha osservato monsignor Arrigo Miglio, Presidente della Commissione CEI sui problemi sociali – dove ogni istanza è considerata ugualmente legittima, salvo che la presenza pubblica dei cattolici".
Aperto, invece, dinanzi all'assoluta novità e drammaticità dello scenario economico in via di dispiegamento, è rimasto il dibattito sul modello di sviluppo da promuovere, anche se definito con chiarezza, in linea con quanto tracciato dal Santo Padre Benedetto XVI, come necessariamente sostenibile, solidale e sussidiario.
Le relazioni svolte hanno spaziato da temi di attualità italiana, come il federalismo e il welfare, ad argomenti di respiro internazionale come le sorti delle democrazie repubblicane in America Latina e le implicazioni della crisi economica Nordamericana, letti alla luce di statistiche economiche e demografiche e di criteri di base come la sussidiarietà da contrapporre allo statalismo.
In ciascun caso gli approcci diversi sono serviti per chiarire idee utili e distinzioni. Se il Vescovo di Terni-Narni-Amelia, monsignor Vicenzo Paglia, si è soffermato sul percepibile aumento della povertà economica, il sociologo Aldo Bonomi ha fatto notare che soffriamo per la mancanza di mete da perseguire ma economicamente stiamo assai meglio di una volta.
Se il filosofo Adriano Fabris ha puntato tutto sull'instaurazione di una ferrea mentalità relazionale in cui è d'obbligo che ognuno riponga la propria identità, il costituzionalista Luca Antonini ha insistito sulla centralità dell'io che non può delegare ad altri ma le responsabilità le deve assumere in proprio.
Affini i richiami all'indispensabilità di una forte vita spirituale espressi da una parte dall'economista Luigino Bruni, fautore dell' "economia di comunione", e dall'altra dal Presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, che ha invitato a evitare lo scollamento fra Vangelo e cultura, e a sentirsi Chiesa: una Chiesa robusta che prega, che genera speranza e che evangelizzza.
Dalla spiritualità alla pratica hanno condotto le straordinarie testimonianze di Vilma Mazzocco, impegnata nella costruzione di soluzioni di attiva solidarietà per Confesercenti-Federsolidarietà, e di Paolo Ramonda, successore di don Oreste Benzi alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnato nella difesa della vita e degli oppressi.
L'ultima sessione è stata aperta dal Presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, che ha invitato ad aprire "nuovi cantieri" nel paese, contro la crisi della compassione e la dittatura del materialismo.
A seguire ha parlato il segretario generale e fondatore del Censis, Giuseppe De Rita, che ha segnalato tre fenomeni che nella società italiana comprimono la verità: il prevalere del numero (maggioranza), il prevalere della neutralità (secolarizzazione), e il prevalere della fiscità (provetta, eutanasia…), auspicando un ritorno alle posizioni della Populorum Progressio di Giovanni Paolo II, contro la deriva che sta mettendo in crisi perfino la cultura dello sviluppo.
Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha indicato le due soglie oltre le quali il pluralismo politico dei cattolici non è più accettabile.
La prima: "quando la concezione del pluralismo passa dal pluralismo nel fare il bene al pluralismo nel fare il male, quella soglia è stata superata e nessuno può misurare le lacerazioni della comunità cristiana che ne conseguono e i danni per la stessa evangelizzazione".
La seconda proposta: "quando si ritiene che Cristo sia solo utile ma non indispensabile perché l'uomo possa capire se stesso e trovare soluzioni veramente umane al proprio sviluppo, quella soglia è stata superata.
"C'è molto lavoro culturale da fare per far prendere coscienza del significato di queste due soglie, - ha sottolineato il Segretario del Dicastero Vaticano - su cui verte ancora molta confusione, che rende certe forme di "pluralismo senza verità" assolutamente inaccettabili".
Ha concluso i lavori riassumendone i tratti salienti il coordinatore di Retinopera, Franco Pasquali.