domenica 23 gennaio 2011

• A noi ce sarveranno le mignotte

Viene proposto un quadro graffiante di attualità sotto forma di poesia dialettale. Online l'ho trovato attribuito a Giuseppe Gioacchino Belli (Roma, 7 settembre 1791)

A noi ce sarveranno le mignotte
Mentre ch'er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che sò finiti li mijioni
pe turà un deficit de la Madonna
- Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l'atenei nun c'hanno più quadrini
pè la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi
- Mentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni sò sempre ppiù basse
- Una luce s'è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano.
A noi ce sarveranno le mignotte.

mercoledì 19 gennaio 2011

FIAT. Cambiamento, parti sociali e partiti.



Certezze assolute nessuno può averne. Ma un dato è certo: i pochi che guidano e condizionano il sistema finanziario globale stanno determinando ricadute assai pesanti nei vari comparti produttivi imponendo cambiamenti radicali in tempo reale e con valenze a periodi sempre più brevi. Il fenomeno deve essere governato con attenzione primaria alla sopravvivenza delle persone che stanno - comunque - subendo localmente condizionamenti pesantissimi sulle qualità e quantità delle produzioni nonché sulla organizzazione della Comunità ai vari livelli operativi. Questo comporta che deve esserci rapidità di adattamento ai cambiamenti distributivi (qualsiasi sia la loro natura) ed una organizzazione del lavoro tendenzialmente omogenea per insiemi di unità produttive nei vari territori (Una sorta di sistema a vasi comunicanti che tendono a livellarsi tra loro).

Un processo di tale natura non può essere governato da un singolo territorio o da una singola realtà. I Centri di potere che intervengono sono tra loro omogenei su un solo obiettivo: l’accumulazione massima come ricaduta del rapido spostamento dei capitali (effettivi od anche solo nominali), dotati - al momento - di una forza governata da logiche rigide di homo homini lupus, con attenzione al ‘sottostante’ sistema produttivo molto spesso solo interessato al mordi e fuggi.

Quanto sta accadendo produce effetti anche nel settore auto (e non solo) e nei territori nei quali insiste. Si annotano , a livello globale: innovazione per l’innovazione con recupero di obiettivi - già possibili - ma lasciati di riserva per i momenti di magra, cambiamento fine a se stesso e simili.

A me pare che dobbiamo far fronte ad un cambiamento di questo tipo. Recuperare la guida del cambiamento a livello globale richiede la definizione di nuove strategie finanziarie, economiche e sociali per una ridefinizione dei Centri di potere - che agiscono a livello mondiale in questo momento al di fuori di ogni controllo perché sono troppo deboli e disomogenee la possibilità e capacità di intervento della politica (nelle sue varie espressioni: partiti, associazioni imprenditoriali, associazioni sindacali dei lavoratori, associazioni dei consumatori).

Il caso Fiat è da valutare in questa dimensione. I due referendum, tra l’altro dimostrano che in questo paese le grandi riforme passano attraverso le intese tra le parti sociali. Chi si chiama fuori è costretto a rincorrere. E a rincorrere sono anche i soggetti partito, come dimostra, alla luce dell'esito referendario di Torino, la richiesta a gran voce di una legge sulla rappresentanza.

«Una volta ancora la Cisl chiede alla politica di fare un passo indietro» scrive il quotidiano sindacale. Quello che

non è accaduto nei giorni del referendum di Mirafiori, con il sostegno di un'ampia parte dell'opposizione offerto alla Fiom e l'infelice sortita di Berlusconi a supporto di Marchionne proprio alla vigilia del voto. Una situazione nella quale neppure i media sono stati all'altezza del loro compito, (a partire dalla tv di Stato), facendosi megafono delle fazioni in campo, piuttosto che aiutare l'opinione pubblica a comprendere il contesto internazionale del mercato dell'auto nel quale si muove anche la Fiat.

Tutti i soggetti avevano di fronte un problema: un radicale cambiamento nell’uso di intelligenze e professionalità nell’ambito di convenienze di livello globale che consentissero una potenziale sopravvivenza di quella multinazionale nei vari territori disponibili. Individuati limiti e possibilità, si è parlato di braccia ed intelligenze. La multinazionale dichiarava che ci sarebbe potuto essere l’investimento anche a Mirafiori, come era stato sancito per Pomigliano, a certe condizioni produttive/finanziarie, generali e particolari. Poteva essere garantita l’occupazione di migliaia di braccia in attesa.

A quel punto entravano in gioco metodi e comportamenti. L’organizzazione del lavoro, precedente e quella che si richiedeva per il nuovo, avevano un taglio di non facile digeribilità (specialmente per noi cristiani): possibile indebolimento dei diritti di tutela - rispetto al quadro precedente; proseguimento nell’indebolimento dei ruoli conosciuti nella famiglia - come conseguenza diretta degli orari di turnazione e riposo; possibilità di ‘crescita’ personale e di gruppo; socialità finalizzabili più direttamente alla gestione della polis; diritti di partecipazione da ridefinire, ivi compreso il criterio di rappresentatività come conseguenza della rigida applicazione dello Statuto dei Lavoratori - che emarginava chi non avesse sottoscritto l’accordo raggiunto, nel caso specifico la Fiom-cgil; ecc.).

A quel punto tra i sindacati emergeva una linea: proseguire nella trattativa - pur col forte condizionamento negoziale che avrebbe potuto esercitare la multinazionale - in modo da uscirci in piedi ed a schiena dritta, con la speranza aperta sul futuro. Le associazioni dei lavoratori - accettavano di trattare, fermo restando che l’esito momentaneo sarebbe stato sottoposto a referendum tra i lavoratori e le lavoratrici. La Fiom-cgil non condivideva tale linea e si sfilava. Fiom, Cobas e sistema dei media (fortemente impegnato in un atteggiamento critico al cambiamento) erano di fatto favorevoli allo statu quo ante, davano per scontata la permanenza dell’attività della multinazionale a Mirafiori e volevano mantenere quanto acquisito con i precedenti metodi e comportamenti ante-globalizzazione. Fim-cisl, Fismic, Uilm, Uglm accettavano e concludevano la trattativa sul nuovo - condizionandolo all’esito del referendum. La Cisl chiedeva alle confederazioni il recupero dell’accordo unitario 2008 sulle rappresentanze sindacali.

Troppe sono state le polemiche ed i contrasti nella ultime settimane. Al punto che la Fiom e la Cgil tendono a non riconoscere i risultati dei referendum, sia a Pomigliano (che ha avuto un esito netto e chiaro) che a Mirafiori (con lieve prevalenza della approvazione tra gli operai e forte prevalenza tra i quadri). Non solo ma anche con alcune aree mediatiche che tendono a fare apparire un ‘buon risultato’ (quello da loro conseguito, specie a Mirafiori) come una vittoria degli oppositori all’accordo. Atteggiamento superficiale e che nega ogni validità - di fatto - a qualsiasi consultazione referendaria, ove non ci siano risultati con distacchi clamorosi.

Ora comincia un nuovo percorso per tutti, anche nell’area italiana della multinazionale. Non c’è dubbio che la strada è in forte salita, sia per i lavoratori che per la multinazionale.

Sono consapevole che come cristiani, per riaffermare i valori che ci dovrebbero connotare abbiamo molto da lavorare ed impegnarci nella gestione della polis, sia nei partiti che nei sindacati. Era sostanzialmente poco accettabile il quadro ‘vecchio’, lo è quasi altrettanto quello ’nuovo’. Forse la strada indicata da Zamagni del terzo settore è la più praticabile; ma è tutta da scoprire in una macro impresa.


sabato 8 gennaio 2011

• Governo e Tricolore


Leggo sulle Agenzie che Berlusconi , il presidente del Consiglio (o come qualcuno lo chiama: il premier) s’è ben guardato dal partecipare alla festa del Tricolore a Reggio Emilia, in avvio delle celelbrazioni dei 150 anni dell’Unità del nostro Paese. Il presidente del Consiglio? Nemmeno un messaggio, una lettera, o una delegazione in sua vece. Non solo ma a parte l’onnipresente sottosegretario Gianni Letta (il minimo formale del galateo istituzionale) è come se i ministri si fossero passati la voce: meglio snobbare l’evento. I ministri restano a casa. Alla festa del Tricolore non se ne è vista traccia. Leggo anche che alcuni ministri in privato si giustificano. I 'patriottardi' anche di un recente passato, dove sono finiti? Ma questa cos’è? La classe dirigente di una nazione che si chiama Italia e per costruire la quale in molti ci hanno rimesso la pelle?

Con il governo appeso a tre voti parlamentari e mentre è in pieno svolgimento la caccia ad un’altra diecina, «figurarsi se Berlusconi farà il gesto ardito di contrariare Bossi» e la sua corte leghista, «sgomitando per mostrarsi in prima fila alle celebrazioni dell’Unità d’Italia!» Già la Lega: sempre più padrona del campo, padrona anche delle idee. Sembra proprio riemergere la leggerezza del piano bar, di cui in tanti hanno parlato negli ultimi anni a proposito del barzellettiere. Che puzza! Il tempo passa! Il fetore da piano bar, stagionato, sta ammorbando l'aria del nostro Paese.

Quando ci sono uomini di governo e potere reale - almeno in questo momento - che dichiarano che con la bandiera (Simbolo rappresentativo della nostra Repubblica e del nostro Paese, riferimento per tutti noi che qui risiediamo e viviamo) ci si deve pulire il c... quale altro risultato ci si può aspettare? Napolitano - con altre persone per bene - ce la stanno mettendo tutta per rinfrescare l'aria e spingere verso la normalità. Non possiamo che ringraziarli. Anche noi, però, dobbiamo dar loro una mano: ogni giorno dovunque operiamo ed insistiamo. Ciampi, prima, e Napolitano, dopo, ce le ricordano in ogni momento.

martedì 4 gennaio 2011

• Incertezze da ripartenza o da mancanza di una strategia d’insieme?

In molti sostengono che siamo in una fase di ripartenza verso un sistema istituzionale più organico e meno improvvisato; che recuperi solidarismo e equità cui abbiamo teso per i primi cinquant’anni della Repubblica. In gran parte ne sono convinto anch’io. Ma la complessità del quadro, i suoi particolarismi risorti o nati ex novo e la rivisitazione di valori non sono né di facile lettura né di facile combinazione (quantitativa e qualitativa) tra di loro. Si stenta a definire i contorni dell’insieme.

Provo anch,io - nel mio piccolo - a dare un’occhiata.

In questi anni abbiamo assistito da una parte al tentativo di gestire - credibilmente - l’ex ventre molle del C.A.F. (Craxi, Andreotti, Forlani) da parte di un ‘personaggio’ con capi manipolo di destra e raccogliticci fabbricatori d’immagine conditi da procuratori d'affari di varia caratura. Dall’altra all’ansia di costruire una nuova realtà di centrosinistra assemblando dialetticamente due ‘insiemi’ in cerca di identità: gli uni, cascami degli ex comunisti italiani che a fatica vivevano il crollo politico dell'URSS e lo stato confusionale del laburismo occidentale; gli altri, il recupero e l’affermazione di identità del cattolicesimo sociale soffocato dalle ideologie post belliche. In questo quadro l’unica strategia possibile e praticabile è stata quella della ricerca di stabilità dell’esistente o dell’adattamento, di volta in volta, ai fenomeni verificabili; sia per gli uni che per gli altri.

I gruppi dirigenti dei sindacati dei lavoratori cercavano di mantenere in rotta una barca che rischiava ogni giorno di essere travolta dallo tsunami di un produttivismo sempre più affogato nei vari sistemi finanziari, pur mantenendo dinamiche proprie delle esperienze passate: con la Cgil che risentiva ancora delle proprie ascendenze ideologiche, più o meno pesantemente; con la Cisl che esaltava il proprio pragmatismo nel ruolo ‘negoziale’ del ‘sindacato nuovo’ disegnato fin dal 1950; con Uil e Ugl ondeggianti fra le prime due, oltre che da associazioni autonome funzionali ad esasperazioni di varia provenienza e consistenza.

Il mondo imprenditoriale che operava in due grandi dimensioni. Quella dei grandi aggregati travolti da dinamiche finanziarie - spesso fine a se stesse - che imponevano una generale e decisa inversione di valori alle Comunità (anche di quella italiana), ponendo il profitto al centro delle proprie attenzioni e finalità nonché relegando - in un ruolo decisamente marginale - l’homo faber; con un corteo a supporto formato da analisti politici e finanziari che attraverso i media agivano ed agiscono come ‘formatori’ funzionali alle nuove dinamiche dei sistemi finanziari. Quelle delle piccole e medie imprese che erano sparse, soggette alle duplice pressione dell’attività del giorno per giorno dei lavoratori e dell’uso - più o meno spregiudicato - degli strumenti finanziari.