giovedì 30 aprile 2009

• Primo Maggio di crisi e di speranza

La cultura dell’incertezza e del pressapochismo ci ha sommerso con uno tsunami terribile: aumento della fame e della povertà (a livello locale e globale), aumento della distanze tra chi più ha e conosce e chi poco o punto ha e non è posto in grado di conoscere.
Le ‘vecchie’ ideologie (capitalismo, marxismo/leninismo, autoritarismi vari) hanno mostrato tutti i loro limiti e fallimenti storici. Le ‘nuove’ di mercato e del consumo hanno dimostrato tutta la loro impotenza ed hanno indotto non solidarietà e capacità di stare insieme ma conflitti, prevaricazioni ed avidità.
Faccio mie le parole del vescovo Pennisi, di Piazza Amerina in Sicilia, che ha ribadito nei giorni scorsi che «occorre una denuncia ragionata degli errori, non con grandi moralismi, ma con ragioni conc
rete che si fanno comprensibili nel mondo dell'economia di oggi ma occorre anche mostrare le strade per uscire dalla crisi. E farlo nel modo che la Chiesa c’insegna: come cristiani siamo chiamati ad essere certamente e inesorabilmente uomini di speranza”.» Ed ha aggiunto: «“La crisi attuale deve costituire una sfida per ridefinire un nuovo progetto di sviluppo che metta al centro il capitale umano sostituendo agli «spiriti animali» che rischiano di trasformare la società in una giungla dove domina la legge del più forte, gli «spiriti umanitari», dove lo sviluppo si costruisce a partire dagli ultimi”.»
L’amica Laura Giusti in questi giorni ha scritto, con riferimento a questo giorno, che «pensa alle belle facce della gente che lavora, a quelli che il "pane " se lo sudano, a quelli che fanno tanta fatica a arrivare a fine mese, a quelli che un lavoro vorrebbero averlo, a quelli che di lavoro sono morti, a quelli a cui viene negato questo diritto a tutti ma proprio tutti un pensiero e un abbraccio in questo 1° Maggio di crisi e di speranza»
Vorrei tanto che ciascuno di noi si mettesse in condizione di combattere contro la cupidigia, madre della ricerca affannosa di guadagno da parte di pochi ricchi e potenti a danno di molti, di tutti noi.
Ancora una volta, W il 1° maggio!

martedì 28 aprile 2009

• I Promessi Sposi, in 10 minuti

Ve lo propongo così come me lo ha fatto trovare mio figlio. Per me un simpaticissimo salto indietro di più di 50 anni! Grazie ai bravissimi interpreti (Titolo originale "Oblivionteca Numero tre: I Promessi Sposi" di Lorenzo Scuda e Davide Calabrese. Disponibile in Dvd nella compilation "DI PALO IN SESTO" in vendita su www.oblivion.it) ed anche alla riproposizione della parodia del trio Marchesini, Solenghi e Lopez.


domenica 26 aprile 2009

• 25 aprile. In politica senza "immagini schermo"

Se si vuole mettere tutti nelle condizioni di dire cosa vorrebbero fare da grandi, bisogna togliere dagli occhi e dalla mente del prossimo (che sia di destra, centro o sinistra), immagini/cartolina e luoghi comuni. Sono immagini dietro le quali si nasconde spesso il nulla, la mancanza di idee, la incapacità di dare contenuti compatibili con la realtà che viviamo; proporre e conseguire (anche parzialmente) obiettivi che diano una risposta costruttiva ai nostri ideali, al nostro senso della vita e del vivere insieme. Sono immagini tenute vive, spessissimo, dai mezzi di comunicazione (giornali, radio, TV, internet) e, molto meno, dai diretti interessati (che le leggono sbiadite nel tempo e con ansia autogratificante). Ieri è stato uno di questi momenti. Berlusconi ed, in parte, il mondo che si manifesta come erede del fascismo hanno finalmente accettato, anche formalmente, il momento 25 aprile: un momento che storicamente ha visto la sanzione della sconfitta del fascismo italiano, il recupero dei veri valori della convivenza comunitaria (che è sempre rispettosa delle culture autonomamente maturate in un territorio, buone o meno buone che siano), un primo passo nel superamento dell'ideologismo ottocentesco che ci aveva caratterizzati ed i cui cascami e derivati ci stanno tuttora condizionando. Ora ciascuno può mostrare la qualità del proprio volto propositivo e cercare di farla conoscere agli elettori, senza 'schermi che nascondano il niente o la incapacità di gestione mascherata con velleità varie, che portano alla litigiosità permanente ed all'immobilismo. Ora Berlusconi, insieme ai suoi imitatori occasionali, può proporre una immagine di se stesso come modello e, probabilmente, disporsi credibilmente per nuove competizioni elettorali. Obiettivo: dare un volto a fantasie più o meno giovanili, più o meno carnascialesche, più o meno intelligenti e superficiali; alle quali mediamente si può essere affezionati. Il 'berlusconismo' si sforza di trovare una dimensione compatibile con immagini e contenuti propri del 'padrone' a cui affida il ruolo del leader. Ma la cultura cattolica, che tanto ha contrassegnato le varie manifestazioni del sistema Italia? Ha un potenziale culturale progettuale e propositivo collaudato secolarmente, ma continua nelle sue permanenti insoddisfazioni per quanto accade nelle piccole cose accertabili quotidianamente con la conseguenza di affidare ad altri deleghe a proporre e progettare, cercando reti di protezione della propria 'insula': tendendo a fabbricare una tela di Penelope con vocazione, più o meno manifesta, ad un supplizio di Tantalo, all'elemosina prima e più che alla carità. È urgente che sistemi formativi e propositivi, simili a quelli invocati dal CSC - Coordinamento Sociale Cristiano o a quelli del Centro Sudi sindacali della Cisl degli anni '50, decollino in modo che si abbandoni l'improvvisazione, quando c'è, e siano laicamente definiti o riprecisati i ruoli di tutti nella comunità locale e nella società.

sabato 25 aprile 2009

• Il dialogo in Comunità nelle quali coesistono culture diverse

Nella nostra comunità sono presenti culture diverse. I loro portatori - singoli o comunque associati - non hanno altra scelta che quella di convivere e condividere problemi, certezze e incertezze. Sono necessariamente disponibili ad un patto di convivenza che può essere solo pacifico, sostenuto da dialogo e confronto permanenti. Dialogo e confronto hanno sostanza quando non coinvolgono soltanto i gruppi dirigenti dell’uno o dell’altro gruppo, ma l’insieme delle persone. Una cosa ovvia, ma non scontata. Dialogo e confronto possono essere promossi dai gruppi dirigenti. Essere gestiti se i gruppi dirigenti sono riconosciuti come tali dalla realtà comunitaria nella quale operano. I processi di reciproca integrazione hanno successo se coinvolgono un insieme e non solo dei singoli, per quanto autorevoli. Come tutto ciò debba essere organizzato, con quali attori e strumenti è una conseguenza, non un atto pregiudiziale. Chi conosce Livorno sa in questa realtà comunitaria è maturata negli ultimi secoli una cultura che ne fa soggetti attivi. Una cultura che non ha visto “ghetti” né di conseguenza i suoi isolamenti e le sue immagini emarginanti; che non riconosce nel diverso un nemico ma solo una persona che vuole giungere agli stessi traguardi di convivenza (o a quasi tutti) secondo progetti, obiettivi o tempi diversi solo in partenza. In questi giorni a livello cittadino si è posto il problema della disponibilità di una moschea per i praticanti la confessione musulmana (non ho ben capito se a tendenza scita, sunnita o altro). Essere consapevoli che una moschea non è solo un luogo di preghiera e di pratica confessionale ma anche di ‘polis’ comunitaria comporta che la ricerca del dialogo e del confronto non è solo opportuna, ma necessaria - per meglio conoscerci e meglio comprendere come possiamo vivere insieme. Ma per dialogare occorrono due disponibilità all'ascolto. Non solo, ma occorre anche che chi si muove per primo si renda conto che il dialogo non avviene tra persone che vivono all’interno di una stessa area culturale o confessionale, definita e stabile, impermeabile ad altre conoscenze: quella nella quale si hanno certezze ed autogratificazione, si annotano assenza di conflitto. Persone che liberamente si aggregano tra loro di volta in volta sulla base di scelte, convinzioni e necessità fisiche che le caratterizzano. Persone che reciprocamente tendono a contaminarsi ed a rifiutare imposizioni e schematismi anche quando si proponessero come positivi. Perché tutto questo accada occorre che ciascuno e ciascun gruppo sia educato al dialogo. Sia posto in grado di sostenerlo per evitare che si traduca in un chiacchierare da barrino, come può accadere quando si va per approssimazioni e conoscenze superficiali, gli uni degli altri.

venerdì 24 aprile 2009

• Bersani al cardinal Silvestrini:«I nostri umanesimi hanno radici comuni, e sono radici cristiane»

Sul MESSAGGERO del 24 aprile 2009 leggo che l'on. Luigi Bersani del PD ha detto che il liberismo è una vera e propria ideologia e che la sinistra per 20 anni ha giocato di rimessa. La «leggerezza comunicativa» e il «nuovismo» altro non sono state che prove di sudditanza. Ora la crisi socio-economica in atto rilancia le parole forti del riformismo: uguaglianza, produzione, welfare, lavoro. E la sinistra può puntare ad un nuovo «new deal», ovvero ad «un grande patto nazionale, sociale e generazionale». Era al convegno dell’associazione Nens («Uno sguardo oltre la crisi») ed era presente una fetta incidente della 'intellighenzia' democratica. Il convegno ha offerto anche l’inedito confronto tra Bersani e il card. Achille Silvestrini. Per il cardinale anche alla Chiesa è mancata «quella vigilanza morale sulle cause della crisi finanziaria, che invece ha esercitato in altri campi». E ora le fedi devono aiutare la «coesione della civitas» e la ricostruzione di un senso di sobrietà, anziché farsi strumento di divisione. Temi ripresi da Bersani: «I nostri umanesimi hanno radici comuni, e sono radici cristiane». I riformismi italiani, sia di tradizione socialista che cattolica, sono ora chiamati a costruire insieme un nuovo modello. Il personalismo cristiano è parte della cultura del Pd, ma lo è anche il principio dell’«autonoma responsabilità della politica».

giovedì 23 aprile 2009

• Impegno socio-politico. Incontro col Vescovo a Livorno.

Il Terzo Vicariato della diocesi di Livorno ha organizzato nella chiesa di N.S. del Rosario un incontro del Vescovo coi politici, che affermano di richiamarsi alla Dottrina Sociale della Chiesa. Riprende un percorso già avviato anni or sono in Santa Giulia dal Vescovo di allora. Un momento, questo, assai delicato per la convocazione in atto dei Comizi elettorali (sia locali che europei) e per la crisi socio-economica (globale, nazionale e locale), che ha prodotto gravi ricadute negative nella nostra Comunità. Chi ha partecipato all'incontro dice che l’aula era affollata sia da persone impegnate direttamente in politica sia da persone interessate ad una verifica del ruolo dei cristiani anche in questa Comunità. L’interesse per la parole del presule e per quelle degli intervenuti nel dibattito è stato molto alto.
È stata una palese conferma della urgenza e della necessità di riprendere il processo interrotto p
er una cultura politica cristiana, anche livornese, che tanto bene si era manifestata nel passato recente e lontano e che aveva lanciato squarci di luce. Il più significativo era stato l’impegno dei giovani fucini del 1943 nella Resistenza; nella partecipazione attiva nel rifiuto di ogni sudditanza, nel lavoro partitico e sindacale e associativo di tanti uomini e donne che hanno rifiutato l’assorbimento e l’annullamento nella logica autoreferenziale dello strumento ‘potere’. Da sottolineare anche il momento dei corsi di formazione diocesani all'impegno socio-politico, attivati per alcuni anni.
Su richiesta invierò - a chi me lo chiederà - il documento diocesano “da cristiani in politica” già diffuso fin dal 2006 e che, non credo, abbia subito modificazioni recenti. In questa occasione ne richiamo solo il titolo dei vari paragrafi:

• Le relazioni tra cristiani e politica.

• Partecipazione, testimonianza e scopi della politica

• Esigenze del bene comune

• La società democratica

• Doveri del cristiano nei riguardi della politica

• Scelta di un partito, di un sindacato o di una associazione

• Requisiti per il cristiano eletto in una carica di rappresentanza

• Compito della Chiesa

• Comportamento del clero nei riguardi della politica

mercoledì 22 aprile 2009

• 22 APRILE. La Terra non può ancora attendere il nostro rinsavimento.

Non possiamo restare ancora sull'albero a guardare ciò che accade come se non ne fossimo coinvolti come persone e come Comunità. Propongo un video di GEEN PEACE che non ha bisogno di commenti. Dobbiamo tradurre la nostra sensibilità ed attenzione in atti!

martedì 21 aprile 2009

• Collera e mancanza di speranza.

Leggo su Liberation del 19 aprile che Dominique de Villepin, anziano Primo ministro di Jacques Chirac "valuta che in Francia ci sia un «rischio rivoluzionario»". "Sta montando "una «forte collera» ed una forte «mancanza di speranza»" in ambito sociale. "L'anziano Primo ministro si appella al governo perché «passi ad una velocità superiore» nelle politiche sociali". Ma la tensione sociale non sale solo in Francia. I congressi della Cisl, territoriale e settoriali, in corso già da tempo lo fanno annotare sempre più intensamente, anche se la concretezza ed il grado di speranza ancora presente, al momento, la attenua leggermente. Le stesse notizie del miglioramento del quadro economico diffuse da Confindustriua, attraverso il suo presidente signora Marcegaglia, possono alimentare la speranza di una ripresa lenta (lenta, ma ripresa). Ma non è sufficiente. L'emergenza richiede una strategia d'insieme che sembra procedere al rallentatore. Quanto scritto da Romano Prodi sul Messaggero del 20 aprile fissa alcuni punti fermi, di cui si deve tener conto. «Il primo segnale è puramente politico. Pur non avendo preso nessuna decisione straordinaria, la riunione dei G20 tenuta a Londra all’inizio di Aprile, ha dimostrato che nel mondo si è ricostituito un possibile nucleo di comando. Il fatto che attorno allo stesso tavolo fossero seduti gli Stati Uniti, la Cina e, seppure in modo più defilato, l’Unione Europea, ha mandato a tutti il messaggio che si sta ricostituendo la struttura di comando di cui vi era assolutamente bisogno. Da una crisi anarchica stiamo cioè passando ad un mondo in qualche modo governato.» «Il secondo messaggio (non così positivo ma almeno di minore pessimismo) arriva dagli Stati Uniti, dove gli ultimi dati di alcune grandi realtà economiche, come Citigroup e General Electric, sono meno negativi delle previsioni. La fiducia dei consumatori non potrà riprendersi in modo stabile se gli americani non verranno liberati dalle tre grandi paure da cui sono ancora afflitti , e cioè la paura di perdere le case in conseguenza delle ipoteche non pagate, di vedere i propri fondi pensione decurtati dalla crisi finanziaria e, infine la paura di ammalarsi da parte dei 50 milioni di cittadini che non sono ancora coperti da alcun tipo di assicurazione contro le malattie.» «Più pallidi sono i segnali provenienti dall’Europa, sia per la mancanza di una politica comune a livello continentale, sia per la divergenza delle situazioni dei singoli Paesi europei. Tuttavia non possiamo trascurare il fatto che la caduta si sia molto rallentata anche da noi e che in alcuni settori, come quello dell’automobile, le politiche di incoraggiamento alla domanda abbiano dato frutti certamente incoraggianti e, in ogni modo, assai più positivi rispetto alle previsioni.» «Queste considerazioni però sono sufficienti per dirci che la ripresa nel mondo verrà. Probabilmente dopo l’estate ma verrà. Ma verrà con una radicale redistribuzione del potere fra i diversi Paesi e le diverse classi sociali.»


• Earth Day, una giornata dedicata al pianeta.

Il SOLE24ORE scrive: «I principi di questa edizione dell'Earth day sono, in particolare, la promozione di un futuro a zero emissioni grazie ad un massiccio passaggio alle energie rinnovabili come alternativa ai combustibili fossili. Secondo: l'adozione di una seria cultura di risparmio energetico. Terzo: porre le base per una nuova economia basata sull'energia pulita, in grado di portare a nuovi milioni di posti di lavoro.» Tutto l'articolo al seguente link:

martedì 14 aprile 2009

• Le idee di don Mazzolari una scossa anche per le giovani generazioni.

Don Primo Mazzolari [1890-1959]. Parroco per 27 anni di Bozzolo, un paese del mantovano; simbolo di idee popolari assunte come garanzia che il riformismo non si sarebbe mai trasformato in conservazione. «Il don Mazzolari partigiano, l’anticipatore del Concilio nel distinguere tra l’errore (l’ideologia comunista) e l’errante (gli uomini della sinistra con cui collaborare), soprattutto il ribelle al conformismo e all’egoismo sociale.» ha scritto Claudio Sardo sul MESSAGGERO. Dario Franceschini è davanti a quella chiesa di Bozzolo. Chiama all’impegno politico le giovani generazioni (a tutte, nella loro diversità culturale; assediate - oggi più di sempre - dalla cosiddetta 'cultura dell'incertezza'). In una fase di transizione del sistema politico italiano che si deve rendere conto che «L’elettorato non è bipolare, ma tripolare: diviso non tra destra e sinistra ma tra progressisti, moderati e populisti»[Enrico Letta] Ad esse offre laicamente una testimonianza emblematica - quella di don Mazzolari, riproponendola come leader transitorio in un passaggio di un progetto di partecipazione da una crisi acuta a un esito incognito; e cercando di limitare i danni derivanti da un troppo lento superamento del ritardo storico della sinistra. Aggiunge Sardo: «Il Pd non può essere la propaggine di sinistra dell’unica ideologia dominante. Deve essere capace di una nuova griglia di valori. Anzi, di un nuovo «modello sociale». Non solo consumi. Non solo profitto. Non solo il pil per misurare la ricchezza. Non solo il mercato. Non solo il liberismo. Le parole di don Mazzolari hanno un suono antico.» Oggi Franceschini propone di declinare il «personalismo» esposto in vita da don Mazzolari con parole nuove come la rete, la liberazione del tempo, le opportunità, il merito. E con parole vecchie come uguaglianza, lotta alla povertà, volontariato, solidarietà. Un partito riformista «deve avere l’ambizione di proporre un altro modello di società». Sono passati cinquant’anni dalla morte di don Primo Mazzolari e la memoria di questo prete semplice e forte ancora ci parla. Mazzolari ha molto amato le giovani generazioni, in particolare: «perché la sua spiritualità non aveva nulla di intimistico ma era spesa nella storia concreta di tutti i giorni nell’esercizio quotidiano dell’amore per il prossimo.»[Dario Franceschini] «E che cosa era, se non questo, l’alternativa cristiana di una politica come servizio? La forma più esigente di carità, come aveva detto Paolo VI. «La carità di don Mazzolari era un fatto che veniva prima della politica ma che aveva a che fare con la politica. Quella carità, vissuta accanto agli umili e al servizio degli ultimi, per la giustizia, l’uguaglianza e la libertà, era fatta di coerenza e di coraggio.» [Dario Franceschini] «Cosa c’è di attuale nella testimonianza di don Primo Mazzolari? Cosa c’è di davvero profetico che resiste all’usura di un tempo capace di consumare ideali, valori, principi? Credo che rimanga soprattutto la lezione del come si costruisce condivisione: oggi si direbbe coesione sociale. Di come, attraverso il dialogo anche con i più lontani, si fa comunità. Di come non vi sia contraddizione tra una fede religiosa forte e coerente e la capacità di farsi prossimo. Di aprirsi e di farsi interpellare laicamente dalle ragioni dell’altro. Di mettersi in discussione ogni giorno, riconoscendo il proprio limite per superarlo.» [Dario Franceschini]

sabato 11 aprile 2009

• Emergenza terremoto ed edilizia.

Siamo in questo momento alla emergenza, tale è certamente il terremoto. Emergenza che lo ‘sbriciolio’ delle abitazioni e degli edifici pubblici di più recente costruzione, aggravano e che rende altamente distruttivo l’evento. Ci sono intere parti delle nostre città distrutte e da rifare di sana pianta. Case, scuole, ospedali, carceri fragilissime nelle strutture. La tragedia di questi giorni ci dice che queste porzioni «deboli» delle città non corrispondono necessariamente alle loro zone più antiche: ai centri storici medioevali o alle estensioni rinascimentali; e neppure alle zone residenziali ottocentesche o alle urbanizzazioni meno recenti. Si dice che abbiano comunque retto meglio all'impatto delle onde sismiche.
In tante aree mucchi di macerie. La pubblica amministrazione, i progettisti ed i costruttori hanno le carte in regola per avviare grandi piani di edificazione e ri-edificazione? Continuiamo con gli appalti al ribasso,(senza fissare una soglia finanziaria e lasciando troppo spesso al caso il controllo della organizzazione del lavoro, dei materiali impiegati e delle norme di sicurezza per chi sta materialmente costruendo e per chi ci abiterà)? La parcellizzazione dei processi produttivi edificatori deve rimanere, in nome del mercato e della concorrenza, sostanzialmente priva di controllo? Si deve mantenere l'impegno per ponti tipo quello dello stretto di Messina, della cui utilità reale dubitano in molti, in parte anche prte di coloro che hanno approvato tali interventi (stando a dichiarazioni dipanatesi nel tempo)?
La disponibilità dell’opposizione nell’interesse dei cittadini superstiti coinvolti è assolutamente positiva ed istituzionalmente importante. Ma si combina con la qualità dell’emergenza e sulle prospettive di recupero che impongono la risposta ad importanti dubbi sui quali la politica deve confrontarsi con concretezza e determinazione. "Abbiamo perciò, bisogno di una mobilitazione delle risorse diffuse della nostra società che non diventi assenza di regole condivise. Di politiche che normino con forza i requisiti delle costruzioni edili e che lascino invece più libertà nelle destinazioni d’uso e nelle possibilità di crescita su se stessi degli edifici." “Avremmo estremo bisogno di una legge che consideri il rischio sismico un fattore territoriale per incentivare le opere di demolizione e sostituzione edilizia, attraverso meccanismi fiscali o premi volumetrici. E di una grande campagna di monitorizzazione dell’edilizia pubblica e privata realizzata nel secondo dopoguerra italiano che mobiliti proprio quelle energie molecolari - le famiglie, le piccole imprese, i professionisti - a cui giustamente si rivolge il Piano casa del governo. Perché non basta conoscere le aree a rischio sismico; dobbiamo sapere quali sono le zone urbane fragili, e quali sono gli edifici più esposti.”, come scrive Stefano Boeri su La Stampa dell’8 aprile.

• L’Italia torna ad essere un Paese normale? L'opposizione conferma l'impegno.

Dario Franceschini nel suo intervento sull’emergenza nazionale del terremoto abruzzese, alla Camera dei deputati ha detto: ''C'è la dialettica e lo scontro politico ma davanti alla sofferenza viene il tempo di unire le forze. Oggi tutta la politica ha un solo compito: fare presto e bene''. Ha ribadito, per la fetta di opposizione che rappresenta, la disponibilita' del Partito Democratico a fare la sua parte. ''Il governo deve agire con la massima disponibilità - afferma Franceschini - ma anche l'opposizione deve fare la sua parte e proveremmo vergogna ad imboccare davanti alla tragedia e al dolore la strada della speculazione politica''. L’Italia torna ad essere un Paese nel quale l’interesse prioritario della maggiornza assoluta dei rappresentati prevale sugli interessi delle fazioni. Il comportamento successivo ne è una conferma chiara. La maggioranza sembra altrettanto disponibile.

mercoledì 1 aprile 2009

• L’unica notizia sul Pdl?

EUROPA del 1 aprile 2009 pubblica la seguente riflessione di STEFANO SEDAZZARI, che condivido.
«Devo confessare che ho seguito con attenzione i lavori del congresso di fondazione del Pdl e quello che più mi ha colpito sono stati i commenti a questo evento. Anzi, l’evento in sé mi ha profondamente deluso ma proprio per questo sono stato in qualche modo spiazzato dall’enfasi e dalla cifra di molti dei commenti più autorevoli. Mi spiego.
Il congresso del Pdl rappresentava in sé, per la storia del nostro paese e della sua seconda repubblica, un avvenimento importante. La nascita di un partito che veleggia intorno al 40% dei consensi elettorali, che di fatto chiude la vicenda di Forza Italia e quella, forse storicamente più evocativa, di An, costituisce un momento solenne.
Proprio per questo sono rimasto colpito, al di là della kermesse e della proiezione mediatica (sempre però tanto uguale a quella del ’94), dalla pochezza dell’elaborazione politica. Dibattito politico, culturale, programmatico? Niente di niente. Differenziazioni interne (un partito più è grande e più in teoria contiene tante anime...)? Zero carbonella. Di fronte a questa pochezza sarebbe dovuta risaltare la piattaforma politica, culturale e programmatica presentata da Silvio Berlusconi. E invece, almeno questa è la mia sensazione, da Berlusconi non è venuto nessun salto di qualità. L’appuntamento “storico” avrebbe presupposto, visto anche il momento in cui si svolgeva, una solennità e un approfondimento vero. Il programma della nuova destra nell’era della crisi.
Niente.
Il ’94 di Berlusconi, da questo punto di vista fu una rivoluzione vera. Lo stravolgimento di categorie politiche, di prassi politiche, di abitudini che cambiarono il sistema politico del nostro paese. Alla Fiera di Roma, invece, Berlusconi è stato politicamente scialbo.
In una occasione del genere il premier avrebbe potuto lanciare messaggi politici molto forti. Il congresso di fondazione del Pdl poteva essere l’occasione migliore per lanciare parole d’ordine nette sui temi della crisi, oppure sulle questioni istituzionali, magari lanciando apertamente l’ipotesi presidenziale.
Invece sono venuti fuori due discorsi piatti, che hanno solo ribadito confusamente idee, parole d’ordine e proposte già avanzate precedentemente. Da questo punto di vista sono, quasi quotidianamente, molto più “piene” di novità le conferenze stampa di Berlusconi o gli incontri informali con la stampa che quasi quotidianamente svolge.
Il premier ha perso l’occasione di presentare un progetto nuovo per l’Italia.
Magari di destra. Ma pur sempre la nuova carta d’identità del Pdl. Certo, se avesse proposto con nettezza il presidenzialismo sarebbe stato dirompente.
O se avesse lanciato proposte di tipo thatcheriano (o al contrario che so, protezionistiche) per rispondere alla crisi ci saremmo scandalizzati.
Ma almeno avremmo avuto chiaro il disegno berlusconiano. Invece niente.
La rivoluzione liberale di 15 anni fa è sparita, bisogna solo fidarsi di lui, il partito del 51% è alle porte (e dell’altro 49% chi se ne frega) e chi non la pensa come lui è un nemico della libertà. Su alcune questioni importanti (referendum, testamento biologico) addirittura il silenzio. Di fronte a questa pochezza Fini è apparso un politico di rango, quando probabilmente invece è un furbo giocoliere che cambia abito tutti i giorni per potere apparire diverso e per poter dimostrare di esistere (visto che il suo partito di origine lo ha completamente abbandonato per potersi sedere senza vergogna alla tavola berlusconiana, alla faccia della destra sociale e di popolo).
Se questo è il quadro sono rimasto davvero ancora più sorpreso, però, dai commenti e dagli editoriali che hanno accompagnato questo congresso. In quello che è avvenuto alla Fiera di Roma c’è una regressione culturale e politica spaventosa. È chiaro che Berlusconi è diverso e alternativo alla mia cultura politica. Ma mi aspettavo che il Cavaliere delineasse una idea di Italia. Netta, forte. Che certo non mi sarebbe piaciuta, ma pensavo che ci fosse uno sforzo di elaborazione che disegnava il nuovo partito del centrodestra italiano. Invece nulla. Quello che viene fuori dalla Fiera di Roma è l’idea di una democrazia opaca, un partito quasi confessionale in cui c’è un solo uomo al comando e una lunga serie di feudatari. Una forma premoderna della politica.
Ma dai media, sempre pronti a vivisezionare quello che fa il centrosinistra, non è venuta una parola di critica in questo senso a Berlusconi e al Pdl. Dai telegiornali e dai grandi quotidiani cosiddetti liberali, anzi è venuta una rappresentazione del congresso assolutamente artefatta. Alcuni quotidiani, anzi, sono riusciti a scrivere paginate anche sulle presunte divisioni interne al Pd rispetto al discorso di Fini. Ma non una parola, o molto poche, sul conservatorismo compassionevole, su una democrazia sotto tutela, su un paternalismo che non ha eguali in Europa e in Occidente.
Si può essere di destra o di sinistra, si può essere d’accordo con Berlusconi o avversarlo. Ma il compito degli opinionisti è spiegare quello che sta avvenendo nel paese. E forse allora sarebbe stato il caso di spiegare che non di un congresso si è trattato, ma di una messa cantata in cui si è parlato di “eroi” e di “missionari della liberta”. Uno spettacolo che non fa bene alla democrazia.»