mercoledì 30 aprile 2008

• Elezioni 2008. “Trovare i mezzi per uscire dalle emergenze”.

C’era nel sistema di governo dominante una situazione autoreferenziale che non aveva colto che ci voleva e veniva chiesta dai cittadini una grande svolta. I problemi erano sotto gli occhi di tutti, e tanti li denunciavano: c’erano i problemi di un tessuto umano e civile che andava sempre più indebolendosi e smagliandosi. Non bastava più abituarsi a convivere con i problemi, ma quella di trovare i mezzi per uscire dalle emergenze.

• «Prima - ha confidato Berlusconi agli intimi - c’era un paese diviso a metà tra noi e il centrosinistra. Il dialogo non era solo necessario ma obbligato. Ora c’è un Paese diviso che quasi per due terzi è con noi e per un terzo con l’opposizione: la filosofia non può non cambiare. Il dialogo è importante, ma la priorità è decidere. E’ quello per cui la gente ci ha votato». La sconfitta di Francesco Rutelli a Roma ratifica un cambio di scenario che era già nell’aria: il centro-sinistra è destinato a ripensarsi completamente, a rifondarsi sul piano programmatico e culturale per recuperare un ritardo di anni e un eventuale siluramento di Walter Veltroni sarebbe una scorciatoia che ne perpetuerebbe solamente gli errori e i vizi; di contro, il centro-destra e «in primis» Silvio Berlusconi sono condannati - si fa per dire - a governare, a decidere, a riformare il Paese con la collaborazione degli altri - meglio - o da soli. Mutatis mutandis, sembra di rileggere uno scenario, visto molti anni fa sui libri di storia, al liceo!

• La reazione PD alla sconfitta del 14 aprile è stata, e sembra tuttora essere, molto al di sotto dell’urgenza. Mancava soltanto Roma. È stata conquistata direttamente da An, che con Alemanno porta per la prima volta nel dopoguerra un suo uomo in Campidoglio, da dove si affaccerà non solo sul passato imperiale e sui simboli del ventennio, ma sul nuovo paesaggio politico italiano disegnato dagli elettori. "Dobbiamo chiudere definitivamente con ogni forma di nostalgia e di richiamo a tutte le forme di totalitarismo". Ha detto il neo sindaco di Roma rispondendo al conduttore di 'Ballarò', Giovanni Floris, che gli chiedeva di commentare i saluti di tipo fascista che alcuni giovani hanno fatto ieri a Piazza del Campidoglio, per festeggiare la sua elezione. Un brivido. Un salto all’indietro di 90 anni! Ma Alemanno ha dichiarato di credere nei valori della democrazia e della liberta', che sono valori di tutti. Per Alemanno bisogna guardare avanti e mettere alle spalle il passato. Per ora solo una speranza che sia vero. Speriamo che non sia la stessa speranza che portò al potere una dittatura anche nel nostro Paese.

In ogni caso come PD troppe analisi consolatorie, troppe decisioni di routine – come di partito ripiegato in difesa, non si sa bene di cosa.  Il quadro dirigente del Pd sbaglierebbe gravemente se desse l’impressione di voler solo “tenere botta”, magari addirittura ridimensionando il significato del voto di Roma a dato fisiologico, locale, magari personale.

Nel Pd si chiarisca un punto di strategia, del tutto evidente dopo Roma: la sua espansione a sinistra, cominciata e consumata il 14 aprile, è già finita. Da quella parte, ormai, il Pd è come appoggiato a un muro. Fine della strada. Quel che ha raccolto dalla crisi dei rossoverdi, farà bene a coltivarlo senza diventarne vittima. Quel che può tenere a fianco come alleanze, lo tenga se può. Ma tutto questo, messo insieme al proprio 30 per cento, non gli basterà mai più per tornare a vincere, né a livello nazionale né in grandi elezioni amministrative. L’Italia è altrove, l’Italia è altro.

• Alemanno ha battuto il vicepresidente del Consiglio uscente, che era stato sindaco - e un ottimo sindaco, giovane e innovatore - per due mandati. Un cambio che non è una semplice alternanza ma un cortocircuito a fortissima intensità, che ha appena incominciato a bruciare.

• Si è completato lo scenario politico berlusconiano, o - come qualcuno ricorda, ipotizzato dalla loggia pseudomassomica P2. Ora c'è anche il baricentro politico per questa alleanza che ha conquistato l'Italia: la capitale diventata di destra, con un sindaco di Alleanza Nazionale, come ha subito rivendicato Fini, archiviando per una notte il Pdl. Il risultato è chiaro: il Nord alla Lega, il Sud a Lombardo, Roma ad An, e l'Italia a Berlusconi. 

• I numeri non consentono molti voli di fantasia. A Roma e nel Paese, il risultato del ballottaggio dimostra chiaramente che gli elettori hanno percepito e registrato un desiderio forte di cambiamento della politica. E lo hanno scaricato prima su Berlusconi e poi su Prodi e e sul PD. Non a caso, a Roma, c’è un voto penalizzante sul punto amministrativo che è più avvertito dagli elettori: il comune. 

• Chi sono i 55mila elettori che a Roma hanno votato Alemanno sindaco e Zingaretti presidente della Provincia? Il sondaggista Luigi Crespi. «Molti di questi 55.000 sono elettori di Rifondazione comunista e della sinistra radicale. Loro, più dei centristi dell'Udc o di Baccini, hanno espresso un voto disgiunto, un voto diretto a punire Rutelli, Veltroni e la decisione del Pd di andare da solo alle politiche condannandoli alla scomparsa dal Parlamento. Sappiamo anche di diversi elettori socialisti che "in cordata" hanno votato per Alemanno, mettendo invece la croce sul nome di Zingaretti alla Provincia. Possiamo dire che hanno esercitato un voto utile: utile alla vendetta contro Rutelli e Veltroni».


lunedì 28 aprile 2008

• «Per An questa è una vittoria storica» ! dice La Russa

«È un Fini raggiante quello che lascia la sede di An per recarsi al quartier generale del comitato di Gianni Alemanno. La vittoria di Gianni Alemanno a Roma «è una gioia enorme - commenta Fini mimando con le mani un enorme sorriso sul volto - È una delle pagine più belle in assoluto per il centro destra e per Alleanza Nazionale». Accompagnato da Ignazio La Russa e Andrea Ronchi, il presidente della Camera in pectore si lascia andare ad un’ultima considerazione: «Per An questa è una vittoria storica». (la Stampa - 28 aprile 2008, ore 18,40). 

Alle amministrative come alle politiche i vincitori, per il cosiddetto popolo della libertà, sono da un lato Bossi per la Lega e Lombardo per l’MPA oltre ad Alleanza Nazionale. Può dirsi che è caduta la maschera (direbbe un mio vecchio amico) l’ammucchiata di destra è allo scoperto e per la seconda volta col beneplacito di ciò che rappresenta Berlusconi ed i trasmigrati dal gruppo di Publitalia (accompagnati  da ex PSI e qualche ex democristiano). Un volto, quello di Veltroni, che non è stato lasciato solo, ed è stato sufficientemente sostenuto dalle tecniche di immagine. Un altro, quello di Prodi nascosto nell’ombra, logorato dai cosiddetti alleati della sinistra radicale. Un altro ancora, quello di Rutelli, nell'insieme scarsamente sostenuto ed al quale sembra proprio che sia stata fatta pagare la stanchezza dei cittadini romani per 15 anni di lavoro intenso e strategico, ma certamente debole per le risposte ai problemi più ravvicinati di ogni giorno; ma anche per la miopia con la quale, secondo me, parte degli elettori espressione del PD e della sinistra si sono avvicinati al ballottaggio delle comunali, con ciò confermando, insieme a cascami di vecchie ruggini ideologiche, diffidenza ed ostilità per chi aveva distinto la propria parte dai gruppi più velleitari ed autoreferenziali, avevano costantemente logorato dall'interno l'esperienza di governo dell'Ulivo ed avevano accettato per compagni di strada personaggi come Di Pietro o i sempre più vecchi radicali. A tutti ricordo che De Gasperi disse NO alla Curia romana che voleva l’ingresso degli uomini di destra al Campidoglio. Sono cessati i motivi degasperiani di allora oppure si è solo più lontani nel tempo dal ventennio fascista e dal doppio petto di Michelini? Si deve rinverdire il credito al doppiopetto, dimenticando la camicia nera; così come in molti abbiamo fatto con le ormai marginalissime pezzoline rosse (soprattutto dopo il '989)? Nei prossimi giorni dovremo approfondire, in ogni caso, l’analisi anche di questo voto, per il bene di tutti: vincitori e vinti.


venerdì 25 aprile 2008

• 100 milioni di affamati in più

• Aumentano i prezzi degli alimentari e del petrolio. Un problema in più, che aggrava l'emergenza cibo. Nuovi prestiti a 10 paesi poveri (che ulteriormente gli impoveriscono), mentre il Brasile blocca le esportazioni di riso. Unicef e Coldiretti parlano di speculazioni sul mercato delle materie prime agricole. Molto probabilmente la spinta dei prezzi verso l'alto aggiungerà altri 100 milioni di persone all'esercito degli affamati. (Secondo le previsioni del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), per ogni punto percentuale in più sul costo del cibo, salirà di 16 milioni il numero degli affamati nel mondo. Il che significa almeno 100 milioni di persone in più a rischio.)

• La rivista Lancet spiega che una condanna ormai irrevocabile pende sui biocarburanti la cui produzione ruba cibo dalla bocca dei poveri: da soli i consumi delle automobili USA alimentate anche a biocarburanti, bruciano tanto mais quanto basterebbe a coprire il fabbisogno interno di 82 paesi poveri. 

• La crescita demografica fa aumentare la domanda di cibo, così la ridotta produttività agricola (causata anche da rapidi e violenti mutamenti climatici), le speculazioni finanziarie, il protezionismo dei paesi ricchi a danno dei poveri, l'inflazione dei prezzi delle risorse energetiche.

•  Anche il petrolio è sul banco degli imputati: col caro-greggio aumentano i costi di produzione dei cibi perché salgono i prezzi dei carburanti per le macchine agricole e anche dei fertilizzanti (derivati del petrolio). 

• Inarrestabile è anche la crescita demografica: entro il 2050 è possibile che le persone nel mondo saranno tre miliardi in più di oggi. E quindi servirà più cibo, da trovare nonostante il calo di produttività dei terreni agricoli, l'urbanizzazione che mangia terre all'agricoltura, la crisi idrica e gli sconvolgimenti climatici causa di carestie. Non è seriamente pensabile di farvi fronte con provvedimenti contro il diritto alla nascita ed alla costruzione e mantenimento di una società solidale.

• India e Cina hanno più capacità di consumo di cibo: vogliono carne al posto del riso; ma gli allevamenti di bestiame divorano cereali, (per produrre un kg di carne servono 9 kg di cereali). 

• Ecco la speculazione (al solito miope e suicida): molti fondi di investimento e finanziarie oggi preferiscono investire sulle derrate alimentari, alimentando così un'inflazione ulteriore e immotivata.

Ecco probabilmente «nuovi prestiti a una decina di paesi tra i più poveri, per lo più africani». Non a caso il Fondo Monetario Internazionale sta sollecitando i Paesi produttori di cibo ad evitare «distorsioni sul mercato», imponendo restrizioni.

giovedì 24 aprile 2008

• 23 aprile - San Giorgio

Giovani e vecchi scout, maschi e femmine, ragazzi ed adulti, rinnovano ogni anno la propria promessa.


Ricordo ancora la mia prima promessa, nel 1951. Quanta emozione! «Prometto sul mio onore di compiere il mio dovere verso Dio, la Patria, la Famiglia; di agire sempre con disinteresse e lealtà; di osservare la legge scout»

Ogni anno, da allora, provo quella emozione. Un inguaribile romantico, mi dice ogni tanto qualcuno quando lo scopre.  No! Amico, amica, fratello, sorella, figlio o figlia o chiunque tu sia. Solo un grazie come una casa a chi in quegli anni lontani mi accolse nella Compagnia Rovers "Livorno 1" del GEI. A tutti, ma in particolare a chi lasciò nella  mia formazione la maggiore traccia attraverso il suo esempio, la sua capacità di servire in silenzio, il suo amore e la sua attenzione per chiunque lo avvicinasse: a Orso Grigio: Cesare Zocchi, e a Giraffino Pennarossa: Roberto Buonafalce. Mi introdussero, di fatto, alla mia prima esperienza di servizio: Il Campo della Fraternità CNGEI/ASCI che, nell'estate del 1952, fu organizzata dagli scouts livornesi a Madonna del monte (Isola d'Elba in Comune di Marciana Marina).*


* Se ricordo bene, la pattuglia di direzione del campo era formata da: don Teodoro Biondi (con la responsabilità principale) e Mario Puccini per l'ASCI, da Vittorio Bardi e me per il CNGEI.

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1) " Giorgio è una parola greca che significa "amante della terra". S.Giorgio è protettore della Inghilterra, del Portogallo,della Georgia, di Ferrara e di una infinità di altre istituzioni. [Cappadocia sec. III - ? Lydda (Palestina), 303 ca. Giorgio, il cui sepolcro è a Lydda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino. (Mess. Rom.) ]

La sua figura è avvolta nel mistero, da secoli infatti gli studiosi cercano di stabilire chi veramente egli fosse, quando e dove sia vissuto; le poche notizie pervenute sono nella "Passio Georgii" che il 'Decretum Gelasianum' del 496, classifica tra le opere apocrife (supposte, non autentiche, contraffatte); inoltre in opere letterarie successive, come "De situ terrae sanctae" di Teodoro Perigeta del 530 ca., il quale attesta che a Lydda (Diospoli), vi era una basilica costantiniana, sorta sulla tomba di san Giorgio e compagni, martirizzati verosimilmente nel 303, durante la persecuzione di Diocleziano (detta basilica era già meta di pellegrini prima delle Crociate, fino a quando il sultano Saladino (1138-1193) la fece abbattere).

La notizia viene confermata anche da Antonino da Piacenza (570 ca.) e da Adamnano (670 ca) e da un'epigrafe greca, rinvenuta ad Eraclea di Betania datata al 368, che parla della "casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni". 

2) Robert Baden Powel lo scelse come protettore e ideale per gli scouts perché lo volle vedere come è nella fantasia di tutti, giovane, bello, puro, generoso, coraggioso,competente, altruista ecc.. L'icona più affascinante è però quella di Donatello: lo ha scolpito per una chiesa di Firenze: lo si vede in piedi, con uno scudo piantato davanti al petto , solido, serio ma sereno, ben determinato contro chi fa il male. E' forse l'opera d'arte più bella che descrive il Santo. Di solito il nostro santo viene descritto a cavallo con una lancia in resta , mentre sconfigge un drago . Ovviamente si tratta di una leggenda ma rende l'idea: non ci si arrende mai davanti al male ma ci si espone per primi al pericolo. E' così che BP ha sognato per i suoi scout.

3) Fra tutti gli scouts, che hanno corso rischi estremi per aiutare gli altri, occorre assolutamente ricordare tutti i gruppi che rifiutarono di fatto lo scioglimento coatto imposto dal regime per intervenire ideologicamente sui giovani attraverso Figli della Lupa, Balilla ed Avanguardisti. Il Fascismo (1928), infatti, aveva proibito anche agli scout di riunirsi, ma essi continuavano a stare insieme usando tutti gli stratagemmi più fantasiosi per non farsi scoprire. Quando poi iniziò la caccia spietata agli ebrei ed agli oppositori , molti di essi organizzarono servizi di protezione e di sostegno a rischio di finire nei durissimi campi di concentramento e di perdere la vita. Che io sappia, a qualcuno è capitato, purtroppo.


mercoledì 23 aprile 2008

• «Allora mi sottometto alla camorra»!

• La caccia al voto ed alla ricerca di soddisfare egoismi e miopie locali dovrebbe attenuarsi, uscendo dagli schemi 'chiacchierati'. Se abbiamo un minimo di dignità come persone consapevoli di vivere in una Comunità non possiamo nasconderci dietro gli slogan. La questione meridionale è da sempre una priorità che ci riguarda tutti, da vicino. Qualche governo - nei primi anni della repubblica - ha cercato di affrontarla, con scarso successo. Troppi, e troppo vivi, erano i danni provocati da miopie, assenze e spoliazioni dei primi anni del Regno unitario, praticate dalle ‘caste’ che detenevano il potere. 


• In questi giorni è stata commissariata dal governo Prodi il comune di Gioia Tauro per commistioni col malaffare organizzato (se ho ben compreso), mentre altri personaggi si vantano di amicizie quanto meno equivoche o che comunque non sono da citare ad esempio dei giovani. 

• A proposito delle frasi choc scritte a scuola da ragazzi napoletani: «Se lo Stato è un signore lontano, allora mo sottometto alla camorra», Padre Maurizio Patriciello su l’AVVENIRE del 23 aprile osserva amaramente: «C’è poco da fare: in Italia esiste un nord, molto nord e un sud veramente sud. Siamo diversi, per tanti motivi, e anche se abbiamo imparato a parlare una lingua sola, viviamo due realtà molto differenti. Ci viene difficile leggere i nostri rispettivi territori, proprio perché così diversi. A Napoli e dintorni credo che quasi nessuno si è meravigliato nel sentire la notizia, definita choc, dei ragazzi della scuola media di Miano che hanno scritto: «Ci sentiamo protetti dalla camorra». No, la notizia, per loro, di scioccante non aveva niente, gli alunni hanno riferito il piccolo mondo in cui vivono, crescono, e hanno visto morire tanti loro giovani amici. Il mondo per loro inizia e finisce seguendo la geografia del proprio quartiere. Semmai incomprensibile è lo strano modo di fare di tanti, che pur avendone la responsabilità, fingono di non sentire e di non sapere.» 

• All’incontro della Chiesa Italiana avvenuto a Palermo nel ‘90, in un incontro che alcuni vescovi e cardinali ebbero coi ragazzi di un quartiere ‘molto delicato’, il vescovo di allora, mons. Alberto ABLONDI, lanciò loro una sfida: «MAI DIRE ORMAI». Quegli stessi ragazzi che al momento della chiusura dei lavori della Chiesa, nello stadio di Palermo, vollero urlare la loro disponibilità col loro “Alberto! Alberto!” ed alzando uno striscione improvvisato con scritto MAI DIRE ORMAI.



• L'ideologia del 'quattrino' e dell’homo homini lupus provoca distrazione in altre direzioni, spesso fa dimenticare tutto questo, fa tacere ed ignorare; anche nei momenti del voto elettorale nazionale o locale. Come far finta di niente? Accettare dinamiche finanziarie 'anomale' per casi come l'Alitalia? Non rendersi conto che la voglia di abbattere certi scoramenti è presente ovunque? Condire il possibile 'federalismo' coi propri egoismi e le proprie miopie?


lunedì 21 aprile 2008

• Camere: uno specchio deformante

Su “LA STAMPA” di oggi è apparso un fondo di Michele Ainis dal titolo significativo, che condivido: CAMERE UNO SPECCHIO DEFORMANTE

Scrive: «Del Parlamento conserva ancora il nome, ma non è più in grado d'esercitarne la funzione. Da molti secoli questa funzione è duplice: decidere e rappresentare. O meglio, produrre decisioni di governo per conto del popolo sovrano. Un sistema che rappresenta senza decidere è tendenzialmente anarchico; un sistema che decide senza rappresentare è tendenzialmente autoritario. La prima distorsione la conosciamo bene, perché ne abbiamo fatto esperienza durante la legislatura scorsa. Una quarantina di partiti rappresentati fra i banchi delle Camere, una coalizione di governo più affollata d'un tram dopo la chiusura dei negozi, e per esito lo stallo, la non decisione. Ce ne siamo finalmente liberati, ma per cadere nell'eccesso opposto. E pure in questo caso il conto potrebbe essere salato.» Fra non partecipanti, schede bianche o nulle ben 15,5 milioni di cittadini non sono rappresentati. Ben il 33 per cento dei cittadini in età di voto. Una cifra spropositata.

Qualcuno dice che siamo ancora il Paese europeo nel quale maggiore è la partecipazione al voto o afferma che negli USA è ancor peggio. Si ha ancora più chiara la deformità se a questo si aggiunge che nel modo di votare ed organizzare il lavoro parlamentare si è privilegiata la gestione del potere, addirittura al punto che solo alcune oligarchie hanno il diritto di scelta dei rappresentanti parlamentari, non si è neppure adombrata una qualsiasi ipotesi di assunzione publica di strumenti di partecipazione e controllo dei cittadini, efficace ed efficiente, ad ogni livello istituzionale.

Sono esagerato a chiamare questa “emergenza costituzionale”?


• Sindacato in trincea. Nessun pregiudizio nei confronti del mutamento di gestione.


Raffaele Bonanni in una intervista apparsa su IL GIORNALE fa una serie di riflessioni e precisazioni tendenti a confermare il ruolo che il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici hanno in una paese democratico che fa il principale punto di riferimento nella partecipazione e della rappresentatività dei gruppi sociali. 

In primo luogo perché pone nuovamente in primo piano il problema dell'autonomia di ruolo dei sindacati dei lavoratori e di quelli degli imprenditori. 

In secondo luogo perché richiama le politiche che fin dalle origini la Cisl ha perseguito (dalla redistribuzione legata alla produttività alla incisività negoziale del livello aziendale e di quello territoriale ed alla sollecitazione della accumulazione familiare attraverso forme indirette, come le detassazioni dei surplus retributivi: gli straordinari o gli aumenti ottenuti negozialmente). 

Infine perché avverte il sistema imprenditoriale che se si cerca la rissa, il sindacato non reagirà alla 'barrocciaia' ma cercando unitariamente la strategia e la tattica più adeguate e meno dannose per i propri organizzati, i tradizionali come i precari e gli immigrati.



mercoledì 16 aprile 2008

• Abbiamo votato. Ha vinto la destra. E ora?

• È decisamente avviata la stagione delle analisi del voto (o presunte tali). Salvo poche eccezioni, ognuno cerca di dimostrare che 'aveva ragione'. Galli Della Loggia sul Corriere della sera, Garelli sulla Stampa, Magatti su Avvenire. Mi sembra di poter osservare: la speranza di risoluzione dei problemi ritenuti più dirompenti, nell'immediato o per frustrazione maturata e consolidata in periodi precedenti, è andata regolarmente delusa da chi si è trovato a governare (che lo avesse fatto con intelligenza e professionalità o meno); e questo ha generato disillusione, disperazione e una volontà di cambiamento che solitamente si affida a chi al momento sta all'opposizione, che viene visto come elemento di novità. Quando si tratta di elezioni nazionali si tende a consolidare e premiare chi più dal punto di gestione locale ha contestato quello nazionale. Quando questa contestazione dura a lungo, diviene addirittura momento culturale identitario. Vale al sud, come al nord o al centro. È accaduto due anni fa alla coalizione di destra. È accaduto in questi giorni all'ammucchiata di centro sinistra, condizionando radicalmente l'unica proposta innovativa data dal nuovo soggetto politico: il partito democratico. 

• Questa oscillazione politica ha le sue radici profonde in una società civile debole e in un'offerta politica incapace di rispondere alle attese della società e che perciò non riesce a stabilizzare il consenso. Ciò è stato  e rimane tanto più vero in quanto ci si dichiara affrancati da ideologie del secondo dopoguerra, senza renderci conto che le mutate condizioni relazionali interne al paese o indotte dall'esterno ne hanno avviate di rinnovate (mercato, individualismo, 'concretismo', ecc.) altrettanto incapaci di dare risposte alle domande di fondo. Possiamo convivere con un liderismo (spesso fine a se stesso), che sottenda sudditanze e limitazioni unilaterali di libertà? Possiamo riscoprire la 'partecipazione', a quali condizioni di riorganizzazione del lavoro, della famiglia e dei territori? Possiamo riprendere un percorso di solidarietà e responsabilità, di limitazione di autoritarismi imposti dalle oligarchie del momento, di uguaglianza di condizioni per l'accesso alla formazione, alla conoscenza, agli strumenti di gestione dell'economia o della società? Sia laddove ha prevalso la destra sia dove il PD, nuova realtà, si è consolidato e meglio ha mantenuto precedenti acquisizioni del centro sinistra, quanto accaduto in questi giorni alle elezioni politiche invita ad una nuova capacità e possibilità di proposta progettuale. Hanno rilievo il forzato ridimensionamento dello sparpaglio di sinistra ed i lampi episodici di destra? Sono solo un chiarimento (peraltro necessario ed urgente) di ciò che strutturalmente e culturalmente è già avvenuto da tempo nella società. Unico problema: gestirlo al meglio da parte dei soggetti presenti.

• Ma i cattolici? Faremo un progetto 'cattolico' o un progetto figlio di altre esperienze ed istanze? Quali saranno le sue caratteristiche identitarie? Che cosa abbiamo fatto finora perché si conoscesse (non chiedo molto di più) la dottrina sociale della Chiesa in modo da poter 'avvertire' la identità 'cattolica' in un progetto? Poco o niente. La DSC ha avuto per decenni caratteristiche deduttive (questo sono i principi ed i valori e si applicano in questa o quella maniera). Al Concilio comprendemmo che così stavamo lontani - e solo come osservatori - dalla realtà con la quale ci confrontavamo ogni giorno. Invertimmo il metodo di lettura e proposta, partendo dai 'segni dei tempi', induttivamente. Il risultato più provocatorio furono, tra l'altro la "Centesimus annus", la "Sollicitudo rei socialis" e la Laborem exercens". Se, come prova a fare il «Compendio», ne assorbissimo l'essenza  e le capacità induttive avremmo molte risposte  ed idee progettuali ai quesiti societari che ci si propongono. Sono convinto che la risposta non sia il liderismo che le attuali tendenze istituzionali, nazionali e globali,ci impongono.


domenica 13 aprile 2008

• Dopovoto. Obiettivi prioritari.


Piedi per terra. Guardiamo a quello che dobbiamo fare domattina. L'azione del prossimo governo - chiunque abbia vinto - deve essere su scelte di cose da fare non in relazione a promesse - alle quali nessuno più crede - o ad interessi particolari di questo o di quello (singolo o gruppo oligarchico).
• La questione salariale non può essere risolta con interventi legislativi sulla contrattazione o sulla rappresentanza sindacale. La contrattazione deve restare libera e le dinamiche dei salari (sulle quali parametrare anche l'adeguamento delle pensioni) devono restare governate dalle parti. Il che non vuol dire negare alla legge qualsiasi ruolo; che va invece riconosciuto per le esigenze di tutela attraverso la fissazione di standard minimi (ad esempio a fini contributivi).
• Una cosa da chiedere a tutte le istituzioni di governo dell'economia è un'azione contro la formazione dei cartelli, di quelle combinazioni forti che si coalizzano per garantirsi a spese di chi lavora e dei cittadini tutti. In questi anni sono cresciuti e si sono estesi i cartelli dalle banche e le assicurazioni fino al petrolio, e non è escludere una dinamica altrettanto forte nel settore della alimentazione.
• Altro tassello-chiave è il sostegno alla famiglia sia sul versante del reddito sia su quello della possibilità di riorganizzazione di ruoli e tempi al suo interno. Questo vuol dire politiche fiscali nuove, ma vuol dire anche metter fine allo scandalo di servizi erogati con forme e metodi tali da avere come conseguenza che i figli dei lavoratori possono accedere con grande difficoltà alla scuola ed alla formazione. Troppo spesso si tratta - di fatto - di una selezione per censo e per qualità/quantità di informazioni e conoscenze nell'unità familiare.
• Infine è urgente la radicale modificazione dell'attuale sistema elettorale (con la relativa attenzione agli equilibri istituzionali ed alla qualità e possibilità di partecipazione da parte dei cittadini alla formazione delle decisioni per il bene comune) limitando decisamente il potere delle oligarchie che si sono incollate ai partiti. Un'oligarchia difficilmente accetta un ricambio del quadro dirigente che comporti il rischio della propria eliminazione o ridimensionamento. L'emergenza democratica è evidente. (A cominciare dal sindacato, che chiede di poter avere nei governi e nelle istituzioni degli interlocutori capaci di rispondere alle domande che pone con risposte vere, e non con promesse sempre meno belle e sempre meno nuove.)

sabato 12 aprile 2008

• Strage di api. Chi impollinerà?

Tutto tace. Tutto silenzio. Qualche articolo più o meno distratto. Forse qualcuno pensa che con un po' di denaro e qualche 'guerrucola' (!!!!) si possa risolvere il problema gravissimo della fame. Non è una curiosità da 'grande fratello', ma una drammatica realtà con la quale si confrontano tanti uomini e donne in tutto il pianeta. Comincia far capolino anche da noi, realtà ricche o comunque meno( molto meno)  drammaticamente povere. Quella delle api, come quella dei cereali trasformati in benzina e simili, è una vicenda che, come tante altre, ricorda il mito di Re Mida: per trasformare tutto in oro non poté più nutrirsi e sopravvivere. I fitofarmaci stanno facendo strage di api e quindi riducono radicalmente la possibilità di impollinazione delle piante. Nessuna soluzione finanziaria potrà far fronte alla tragedia.  Non solo si pongono urgenze per la sopravvivenza , proprio mentre la Fao fa un appello urgente per la mancanza di cibo per centinaia di migliaia di esseri umani. Non è certamente con le produzioni geneticamente modificate che si potrà affrontare; sembra una soluzione con ricadute negative. La nostra indifferenza, i nostri silenzi di fronte allo strapotere mediatico delle multinazionali, la nostra miope indifferenza ci porta su una china dalla quale sarà estremamente difficile risalire. 


martedì 8 aprile 2008

• Salari. L'Europa scende in piazza

In occasione della seconda giornata del vertice informale ECOFIN, a Lubiana la protesta dei sindacati europei contro la perdita di potere d'acquisto di salari e pensioni. Il messaggio della finanza è il   solito: serve, oggi più che mai, la moderazione salariale e non è il momento di assecondare le richieste di chi vorrebbe tagliare i tassi per sostenere la crescita. Condivido l'impressione del Governatore della Banca d'Italia e del segretario generale della CISL sulle stime al ribasso formulate per l'Italia dal Fondo Monetario Internazionale. Troppo pessimismo ! E questo pessimismo non ci aiuta  concentrarci sulle cose che dobbiamo fare per fronteggiare le spinte recessive che vengono dalle economie più forti. Ora, più di sempre, è il momento di progettare il futuro e sostenere le speranze (certamente senza trascurare una valutazione delle esperienze pluriennali fatte i cui risultati leggiamo solo ora; ma senza lasciarci imprigionare da esse).

domenica 6 aprile 2008

• Pechino 2008.


Nonostante le quotidiane manifestazioni pro-Tibet, il presidente del Comitato Internazionale Olimpico difende la scelta della Cina come luogo di svolgimento delle Olimpiadi. «Il CIO considera giusta la scelta di assegnare i Giochi a Pechino - ha dichiarato Rogge - perché la Cina ha offerto un ottimo 'pacchetto', probabilmente il migliore fra tutte le candidature. Noi vogliamo qualità per i Giochi e Pechino ha elevate garanzie di qualità».

A quale prezzo per il popolo cinese e per quelli oppressi dai governanti cinesi con le armi? I diritti umani, tanto invocati in sede ONU, sono una giochetto di cui tener conto solo quando fa comodo?

Ogni commento è superfluo. Quando consapevolmente si considera ogni fatto e comportamento come momento isolato che non ha - e non deve avere alcun rapporto con ciò che lo circonda - le conseguenze aberranti possono essere queste. Rogge è 'vittima e carnefice' di questa cultura. Ha l'atteggiamento tipico di una visione autosufficiente e miope, purtroppo frequente in ogni settore e per ogni dinamica. A mio parere, tuttavia, più banalmente e rozzamente l'episodio (uno dei tanti!) è frutto della colonizzazione operata da élite finanziarie (di varia colorazione ed ascendenza) che vanno da Stati Uniti, Francia, Inghilterra ecc. alla Cina.

Che fare? Ho davanti a me il Compendio della dottrina sociale della Chiesa: intanto non possiamo tacere. Poi bisogna impegnarsi per progettare ed agire contro quel quadro; operare decisamente per una cultura diversa; affermare progressivamente un nuovo spirito, una nuova 'voglia'. Trasmetterla a quelli di noi che hanno ancora un po' di cammino davanti.

• Alitalia e sindacato. Crisi di rappresentanza?

Crisi Alitalia. 

• Evidente la crisi di tattica e strategia da parte del sindacato (se considerato nell’insieme delle sue componenti ‘autonome’ e confederali); l'incertezza di chi, per la parte governativa nell’ultimo anno in particolare, ha condotto la trattativa con Air France; la speculazione elettorale gravissima degli oppositori (il cosiddetto Popolo della Libertà) che hanno giocato sulla pelle dei dipendenti e della Compagnia, finanziariamente malmessa (per responsabilità, a mio parere, delle dirigenze, diversamente sponsorizzate, e miopia di chi negli anni ha imbuzzato 'clienti' in pianta organica). Ora, ad elezioni politiche concluse, spuntano ‘cordate’ (ancora da costruire e da scoprire) di cui separatamente sarebbero parte integrante la tedesca Luftansa - che sembrerebbe meglio garantire correttezza sindacale nelle relazioni - e la russa Aeroflot. L’Europa consentirà un nuovo prestito per la messa a punto delle cordate che pur avevano avuto in precedenza opportunità di analisi, avance e proposta? Qualche dubbio è legittimo.

• In diversi commenti mediatici si è voluta sottolineare la debolezza del sindacato; per la verità nell’arco dell’attacco al ruolo del sindacato nel suo insieme (come testimonia il corollario dell’uscita di Montezemolo dalla confindustria). Si è cercato di far passare che ‘il sindacato’ è debole e non rappresentativo, facendo di ogni erba un fascio (autonomi + confederali) e trattando la cosa come se la responsabilità fosse delle organizzazioni confederali nel loro insieme. Musica mediaticamente suonata da tempo.

Crisi di rappresentanza? 

• Certamente conclamata e sollecitata in parecchi ‘fondi’ degli opinionisti del settore finanziario-economico e di certe fazioni partitiche. A giudicare dalle statistiche - facilmente verificabili - di alcune organizzazione confederali (con riferimento anche ai lavoratori attivi tesserati e paganti volontarie quote di associazione) non si direbbe troppo. Forse sarebbe meglio dire crisi adesione formale in certi settori precari e soggetti al ricatto del posto di lavoro o della ricollocazione, esauriti i tempi d’impiego concordati. Ma c’è una crisi che sta investendo tutti - nessuno escluso: sindacati dei lavoratori e delle imprese, partiti, associazioni di massa - dovuta a fattori che investono tutto il sistema di partecipazione alla formazione delle decisioni del nostro Paese. 

• In ogni caso il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici è, e rimane, il punto più sensibile dei fenomeni e della qualità delle tensioni presenti nel Paese. In quel punto finiscono con lo scaricarsi le tensioni più dirompenti.

Siamo in un momento nel quale populismi e qualunquismi sono non solo figli del quadro  presente ma anche di una moda sollecitata da chi persegue una democrazia partecipata dai cittadini solo sul piano formale, puntando tutto solo sulla gestione dello strumento potere e quindi al mantenimento di forme oligarchiche. Quanto sta accadendo è per responsabilità concomitante di tutti coloro che hanno consentito che fosse ridotto ogni strumento democratico a semplice ricerca del consenso a chi gestisce il potere (con tutte le sub culture conseguenti).

Voltare pagina? 

• Guai a non farlo. Crisi di rappresentanza? Di chi e perché? Sbaglierebbe chi è stato chiamato a rappresentare il sindacalismo confederale ad essere passivo rispetto alla 'cultura' aziendale presente fra i lavoratori interessati.


martedì 1 aprile 2008

• Buona Pasqua 2008


«Pasqua è la festa dei macigni che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri. Il macigno della solitudine. della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione, del peccato.
Pasqua allora sia per tutti il rotolare del macigno, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo».
(don Tonino Bello)