mercoledì 29 luglio 2009

• Nord, Sud, Centro?

È invalsa ormai l’abitudine a invocare la semplicità, quando si parla di fatti economici, sociali o politici. «Fateci capire!» Il grido di chi ogni tanto si affaccia alla finestra per guardare cosa combina questa o quella oligarchia di potere che lui stesso sostiene coi suoi silenzi e le sue assenze (sia essa formata da gruppi sociali, territoriali, finanziari, o da partiti).

Si fa avanti sempre qualcuno che, dopo qualche mugugno occasionale, dimostra spesso di non aver ascoltato l'interlocutore ma crede di aver scoperto tutto, ma proprio tutto. Si limita a denunciare (nel migliore dei casi) ed a cercare risposta ai luoghi comuni, che accoglie acriticamente, in assemblearismi - privi di sbocco e ricerca propositiva. Il tizio invoca ‘semplicità’, ma la intende come banalizzazione priva di significato. Al termine strilla a petto in fuori:« hai visto gliene ho dette quattro!».

Banalizzare le cose (qualcuno dice ‘semplicizzare’) che non possono esserlo per le molteplici interrelazioni di più soggetti e fatti, significa delegare il potere decisionale, anche il proprio, proprio a chi detiene il potere e che intenderemmo contestare. Occorre al contrario essere comprensibili (anche per chi non ha la necessaria preparazione teorico-politica di base, ma va solo secondo buonsenso); cioè esporre sinteticamente e chiaramente questo o quel tema e le implicazioni, che lo sottendono, per mettersi in condizione di partecipare alla formazione delle decisioni e non essere considerato una semplice pedina nella organizzazione del solo consenso a qualcosa che altri hanno già deliberato, di non essere un suddito che deve solo ringraziare per essere stato chiamato ad aprire bocca su questo o quel tema, che altri ha scelto all'interno dell'itinerario tecnico e di potere che si è dato.

Troppo spesso, chi segue professionalmente o abitualmente un problema, volutamente spinge alla banalizzazione per essere in grado di continuare ad essere - di fatto - l’unico gestore del tema o del problema; a dare l’impressione di operare su consenso di questo o quel gruppo. In tal caso evita la fatica e l’onere della 'semplificazione', che richiede un impegno ed una esposizione pericolosa perché impone responsabilità dirette ed evidenti.

Se non riassumiamo rapidamente la capacità di selezionare e progettare (con competenza, chiarezza e semplicità) fissando obiettivi possibili per il breve e per il lungo periodo non potremo tornare ad essere un Paese con un minimo di credibilità e di capacità di governo che vada oltre il giorno per giorno, il momento per il momento.

La battaglia che si sta combattendo in questi giorni all’interno del Pdl sul partito del Sud è principalmente una lotta di potere interna che tenta di rimettere in gioco la sostenibilità dell'insieme del sistema socio-economico italiano; oggi affidato agli umori di un 'leader' ed a quelli raccolti a pelle, momento per momento. Troppo spesso si citano dati e fotografie sociali ed economiche ‘semplicizzate’, che sfiorano il luogo comune; magari ulteriormente annebbiate da polveroni, bugie, offese gratuite ed amoraiità varie.

Le banalità che più spesso sono elevate a luogo comune: al Nord è concentrata la capacità manageriale ed imprenditiva; capace anche di raccogliere le inquietudini ‘semplicistiche’ del momento; al Sud passività e malaffare (con relativo degrado cognitivo ed emigrazione intensiva); al Centro il terzaforzismo mediatore, con maggiore o minore sostanza secondo gli interlocutori del momento e secondo le convenienze di cui questi vogliono tener conto.

Questo modo pregiudiziale (e assai superficiale) di leggere la realtà unitaria della nostra Italia è il vero nodo da sciogliere, il nostro dramma. La fotografia non vera sostenuta di fatto anche dalle tifoserie d’occasione e da chi tenta ogni strada per lucrare di volta in volta secondo la convenienza occasionale o procurata. Siamo di fronte a dati, prospettive e possibili progetti per la Polis che, piaccia o meno a chi vuol rispondere solo ai propri egoismi ed alle proprie ansie di sopraffazione, si chiama ancora Italia. Le ampolline d'acqua del Po o gli tsunami immigratori del Sud non sono una risposta, ma una dichiarazione di impotenza. Certi articoli e riflessioni sui quotidiani sono 'nuove' per i dati riferiti, ma vecchie - del tutto 'vecchie' per cultura e mentalità.

• "Test di dialetto per i professori"

La notizia: "La Lega Nord, cioè, vuole inserire un test, per i professori, che attesti, per dirla con le parole di Paola Goisis, «il loro livello di conoscenza della storia, della cultura, delle tradizioni e della lingua della regione in cui vogliono andare ad insegnare». I titoli di studio, quindi, passeranno decisamente in secondo piano. «Non garantiscono un’omogeneità di fondo - osserva il deputato della Lega - e spesso risultano comprati. Pertanto non costituiscono una garanzia sull’adeguatezza dell’insegnante." (da LA STAMPA odierna)

Non c’è da essere sorpresi. Qualcuno tuttavia certamente lo è, se derubrica di fatto a poco più che curiosità (lo si desume dai comportamenti dell’attuale maggioranza di governo) la denuncia dei ritardi ed inadempienze fatta in questi giorni dal Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a proposito delle celebrazioni del 150° anniversario della nascita politica dell'Italia moderna.

Sarà bene non dimenticare che un partito che fa del localismo la sua linea guida, come se nel mondo non ci fosse nient'altro, è parte determinante dell’attuale maggioranza di governo e, quindi, in grado di determinarne scelte e comportamenti.

Non possiamo non osservare che una cosa è avere finalmente un giudizio - non di maniera - di come si è giunti all'Unità d'Italia. Da livornese, per esempio, non posso certo dimenticare che la resistenza popolare (e non di una sola parte della città di allora) all’assedio degli austriaci - guidati dal barone Bettino Ricasoli (poi ministro del governo ‘unitario’ monarchico) è totalmente ignorata dai libri di storia, anche attuali.

Altra cosa è minare in ogni modo l'unità d’Italia con una cultura dello spezzatino, del particolarismo e della sopraffazione dell'uno sull'altro.

Si è ancora una volta 'eccitato' il vespaio. Un po' per rispetto della richiamata cultura "retró". Un po' per aiutare forse l’attuale maggioranza di governo e parlamentare a mettere la sordina sui disastrosi comportamenti del Presidente del Consiglio, sui dissidi interni, sui ritardi di iniziativa dell'attuale maggioranza di fronte alla crisi mondiale e del Paese e nella strategia di redistribuzione territoriale delle risorse.

domenica 19 luglio 2009

• Obsolescenza delle ideologie. Nuove dinamiche.

Non ho dubbio che l'attuale assetto politico-partitico italiano risenta pesantemente della profonda crisi di rinnovamento di ideologie (oggi non riproponibili) che cercavano di rispondere ai problemi reali posti dall'industrialismo e da un capitalismo senza controlli e senza robuste correzioni. Una crisi che induce un nuovo modo di porsi e proporsi per le necessarie soluzioni di riequilibrio che si manifestano da sempre e che comportano una maggiore attenzione agli effetti, prima ancora che alle cause, dei fenomeni che investono persone, famiglie e società; di vario livello culturale ed ampiezza territoriale. Specialmente in epoca nella quale i tempi della mobilità personale, di gruppo e delle merci impongono un forte e rapido rimescolamento di insediamenti e culture. Il cosiddetto globalismo costringe a prefigurare un nuovo assetto dei centri di potere ed un diverso ruolo delle istituzioni locali e delle parti sociali. Non è cosa nuova. È un fenomeno che abbiamo affrontato con molto ritardo. Ricordo che, per quanto rigarda la mia esperienza diretta, ne dibattemmo - presente Pierre Carniti - già nel consiglio generale della Cisl livornese nell'inverno del 1977, nel mio ultimo intervento a quel livello!
Da noi il fenomeno PD-partito Democratico ne è la dimostrazione plateale, così come lo sono la ricerca di un nuovo volto e proposta che risponda alle esigenze di integralismo sociale(che pur permangono) ed alla ricerca di certezze che si manifesta in una destra che continua a guardare alla fotografia di quello che ritiene il 'meglio' di alcuni cascami dei precedenti schemi ideologici (ormai polverizzati dai fatti).
Una delle ricadute di tutto questo è la scelta fatta (apparentemente solo come opportunismo del momento, sia da parte socialista europea che da quella democratica italiana), della 'Alleanza' in un unico gruppo parlamentare europeo.

La 'Centesimus Annus' di Giovanni Paolo II, prima, e la 'Caritas in veritate' di Benedetto XVI offrono un punto di riferimento
non solo all'insieme dei cristiani, ma anche a tutti coloro che - consapevolmente - stanno faticosamente cercando per la gestione della polis una loro nuova dimensione. Il filosofo francese Bernard-Henri Lévy è uno di questi. Almeno a me così pare di cogliere dalla sua intervista, oggi in edicola, al Journal du Dimanche - JDD.fr - (ripresa anche da Le Monde).

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Journal du Dimanche
Samedi 18 Juillet 2009
BHL: "Le PS doit disparaître"
Propos recueillis par Claude ASKOLOVITCH Le Journal du Dimanche

Bernard-Henri Lévy réagit sans détour aux spasmes qui ont agité le PS ces derniers jours. Pour le philosophe, Martine Aubry est le gardien d'une "maison morte". Lui espère Royal, Valls ou Strauss-Kahn pour que la gauche renaisse sur les décombres du socialisme. Retrouvez ici des extraits de l'entretien qu'il a accordé au JDD, à paraître dimanche.
L'homme de gauche Bernard-Henri Lévy est-il triste quand il regarde le PS?
Naturellement, je suis triste. J'ai rarement vu des politiques mettre autant d'énergie à s'autodétruire. Si ça ne concernait qu'eux, ce ne serait pas trop grave. Mais il s'agit de l'alternative à Nicolas Sarkozy, de l'espérance des gens. Or ce PS-là n'incarne plus l'espérance de qui que ce soit. Il ne provoque plus que la colère et l'exaspération.

Donc, le PS va mourir?
Non. Il est mort. Personne, ou presque, n'ose le dire. Mais tout le monde, ou presque, le sait. Il est comme le cycliste d'Alfred Jarry qui pédalait alors qu'il était déjà mort. Ou comme le chevalier d'Italo Calvino dont l'armure était vide. Il est mort.
"Valls a raison: il faut, de toute urgence, changer ce nom"
Et comment le dissoudre?
L'histoire, disait Marx, a plus d'imagination que les hommes. Donc tous les scénarios sont possibles. Tous. La seule chose sûre c'est que ce Parti qui fut celui de Blum et de Jaurès est en train de perdre ce qui lui restait d'âme - et doit disparaître.
La question du nom, socialiste, est importante?
Evidemment. N'importe quel nominaliste vous le dira: un nom, c'est plus qu'un nom. Et, sur ce point, Valls a raison: il faut, de toute urgence, changer ce nom.
L'idée de primaires, pour désigner le candidat?
Sans les primaires, jamais Obama n'aurait été désigné. Sans des primaires à la française, sans une vaste consultation ouverte, populaire, jamais ne s'enclenchera le processus aboutissant à ce nouveau parti de gauche qui rompra avec la machine à perdre.

sabato 11 luglio 2009

Non gli viene naturale!

A chi vuol far credere, in malafede, che l’opposizione (quella corretta e non pregiudiziale) non ci tenga all’immagine dell’Italia, non deve avere digerito l’atteggiamento corretto e responsabile del partito Democratico. Lo ha fatto chiaramente intendere, anche nell’ultima conferenza stampa del G8 lo stesso Berlusconi, quando - facendo di ogni erba un fascio - ha detto (papale papale!) che non si può interloquire costruttivamente con ‘tutta’ l’opposizione. Forse è ancora sotto choc per lo sforzo fatto ad evitare gaffes e stupidaggini o per aver evitato in extremis di essere travolto da veline e provvedimenti per la ‘sicurezza’! Non solo per quanto mi riguarda, ci tengo così tanto al nostro Paese che sono stato - insieme a molti altri - col cuore in gola fino a ieri sera per ciò che il personaggio poteva ancora combinare. È andata. Sospiro di sollievo ! Fiato trattenuto per la sorpresa!
Bonaiuti, Capezzone e staff personale devono essersi ricordati che una buona preghiera a Domineddio era senz’altro più efficace di trucchi e marchingegni vari, comprese bugie e controllo dei mezzi di comunicazione.
Certo! Lo sforzo disegnato sul viso del cavaliere era evidente! Non gli viene naturale! Ma alla fine ce l’ha fatta! Immagino con gran sospiro di sollievo da parte di quel galantuomo e signore che è il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ce l’ha messa propria tutta per salvare il volto presentabile della nostra Italia. Non siamo dei ‘magliari’, che sanno cogliere e presentare il fermo-immagine di comodo, o dei malati cultori dell’immagine femminile. Siamo persone normali e non sudditi! Anche se negli ultimi venti-trent’anni ci siamo avvitati in un vortice di banalizzazione civile, culturale e morale. In queste settimane la Chiesa - nel suo insieme a partire dal suo ‘primus’ Benedetto XVI, ce lo ha ricordato da tutte le posizioni; criticando anche duramente chi gestiva, al momento, il potere della nostra Italia.
In questo G8 sembra che finora sia andato tutto bene. Il ‘geniale’ colpo di immagine (il G8 in area colpita dal terremoto) ha funzionato; ha consentito di nascondere sotto il tappeto i cocci di casa nostra. Meno male! Ma la memoria di quanto di più negativo è stato rilevato in questi ultimi mesi non deve essere persa. C’è chi gioca mediaticamente a fare lo statista, ma che in pochi giorni ha dovuto nascondere o annebbiare alcune delle pagine più vergognose della vita democratica del nostro Paese. Dalle ronde al reato di clandestinità ed alle escort (come ora pudicamente si chiamano!).
Gli appelli del Presidente della Repubblica e le prese di posizione della quasi totalità del mondo cattolico devono essere ripresi ed avviato un vero processo di risanamento di cui tutti sentiamo il bisogno e l’urgenza.

sabato 4 luglio 2009

· PD: democratico negli obiettivi e nelle strutture

Il congresso del Partito Democratico si sta avvicinando sempre più. Il dibattito fra i candidati alla guida di questa formazione sempre più impegnati nella preparazione dei rispettivi ‘manifesti’ elettorali interni con riguardo a contenuti, obiettivi e formule organizzative della democrazia partecipativa interna da porre al confronto degli iscritti per le primarie interne; anche come base di riferimento di quelle aperte a iscritti e non iscritti. Un partito conservatore, oggi, può anche basarsi su una struttura leggera collegata a una leadership forte. Un partito a vocazione riformista (specie se avvia un processo di riformismi figli di ‘culture’ politiche che hanno avuto esperienze assai diverse, a livello nazionale ed a livello locale), non può non avere una presenza sensibile e continua nel territorio. Deve avere un radicamento permanente che non si limiti ai momenti elettorali e al controllo del potere locale. Tanto meno può farlo oggi! Perciò «Si tratta di stabilire non solo che cosa sarà (e da chi sarà guidato) il Partito democratico ma anche che cosa può e deve essere oggi, in Italia e in Europa, un partito democratico»*, nella doppia accezione di forza politica a obiettivi e valori - maturati nel tempo precedente ed in quello attuale - («dunque democratica negli obiettivi»*) e di formazione capace di riflettere e trasmettere le istanze della sua base («dunque democratica nelle strutture e nelle modalità di funzionamento»*). «Il discredito progressivamente accumulatosi sulla forma-partito (e sulle sue incontestabili degenerazioni) ha finito col delegittimare l’idea stessa dell’organizzazione partitica come strumento di aggregazione sociale e come canale di reclutamento della classe dirigente, desertificando in modo forse irrimediabile lo spazio intermedio fra i cittadini e i vertici politico-istituzionali.»* L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi è intervenuto sull’argomento riproponendo, con variabili di scomposizione e ricomposizione territoriale, una soluzione: «una federazione di partiti regionali, in cui la forza delle tessere venga ponderata, in sede di rappresentanze nazionali, con i consensi elettorali raccolti sul territorio.»* Formula nella sostanza già adombrata nella fase finale della esperienza della esperienza democristiana. Può essere un percorso da approfondire. Formula organizzativa che, tuttavia, non può essere separata da valori, obiettivi e contenuti; dal tipo di Comunità e Società che si vuole perseguire coi processi politici.
* citazioni da Giovanni Sabbatucci su IL MESSAGGERO
L'intervento del prof. Romano Prodi

giovedì 2 luglio 2009

• Non demonizzare il diverso e lo straniero

Il disegno di legge governativo, da qualche momento approvato in via definitiva dal Senato, con voto palese, porta dolore e ancor più grave sfruttamento a chi già ne è colpito ed è trattato, in alcuni casi, come un animale. Esalterà egoismi singoli e collettivi, che già ogni giorno di più, ammorbano l'aria del nostro Paese. C'è accordo generale per colpire i delinquenti importati, dovunque provengano, ma quello che si sta facendo scava un solco i cui segni ci porteremo dietro per anni.