domenica 30 novembre 2008

• Vivere la propria cittadinanza



Il 22 novembre scorso, nel ricevere la cittadinanza onoraria della città di Agrigento e il Premio internazionale “Empedocle” per le scienze umane durante una cerimonia tenutasi nel teatro "Pirandello" di Agrigento il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, ha proposto un intervento sui «Principi su cui radicare e vivere la propria cittadinanza». Lo ha sviluppato in 10 tappe ( 1. Omaggio a Pirandello - 2. Il premio internazionale "Empedocle" - 3. La Cittadinanza onoraria - 4. Principi su cui radicare la propria cittadinanza - 5. L'onestà è un bene a vantaggio di tutti - 6. Obblighi e doveri di ogni cittadino - 7. Carta dei doveri del cittadino - 8. Doveri su cui radicare la cittadinanza - 9. I principi di responsabilità, di sussidiarietà e di solidarietà - 10. Conclusione: ritrovare l'unità tra fede e ragione.).
Ha affermato tra l’altro: «Il principio di responsabilità chiede anche ad ogni cittadino l'osservanza delle leggi, non solo e non tanto per timore delle sanzioni, quanto principalmente per dovere
di partecipazione e di solidarietà. Esso invita anche chi si sente portatore di fondate ragioni di dissenso, ad esprimerle con chiarezza e nei modi previsti dalle regole della convivenza, consapevole che spesso nella storia l'obiezione aperta e argomentata e l'obbedienza a principi più alti della legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2,14-15) hanno fatto da guida all'innovazione creativa e al cambiamento.»

venerdì 28 novembre 2008

• È arrivato il momento di reagire


Su EUROPA  di questa mattina, PierPaolo Baretta (ex segretario confederale della CISL) affronta il problema del rinnovamento reale di metodi, comportamenti e contenuti di partiti italiani ed europei - ora presenti. Naturalmente mette in primo piano quelli del Partito Democratico - al quale ha aderito. Richiama all'urgenza di superare i cascami di vecchie ideologie e di vecchi percorsi della organizzazione del consenso, che sollecitano ancora molti. Chiede che ci si confronti con realtà diverse che hanno già sperimentato certi percorsi e  che, pur nelle loro esasperazioni, si stanno confrontando con le mutazioni in atto a livello locale e globale.
« In effetti, è arrivato il momento di reagire. Anche il loggione deve fare la sua parte per impedire che la storia del Pd si riduca a uno spettacolo sbiadito e senza regia.
Certo i giornali esagerano; c'è un tiro al piccione esasperante e ingiusto che diventa, oggettivamente, un attacco al Partito democratico in sé, più che alle sue politiche. Inoltre, Berlusconi si concede nei confronti del Pd e di chi lo dirige performance indecenti... Ma, anche tra di noi c'è chi ci mette del suo, e non è solo Villari. Parafrasando Trilussa («un lupo disse a Gi
ove: qualche pecora dice che rubo troppo; ci vuole un freno per impedire che inventino queste chiacchiere. E Giove gli rispose: ruba meno!»), anche noi dovremo mettere un freno all'autolesionismo.
A cominciare dal distinguere tra libertà di parola e parola in libertà. Non si tratta di rinunciare al dibattito, ma di passare dal gossip politico ai contenuti. Se esistono diverse linee è bene che lo si dica esplicitamente senza affidarsi ai commentatori, magari dello "schieramento a noi avverso".Se si pensa che bisogna cambiare il segretario, non criticarlo che è normale ma proprio sostituirlo con un altro, lo si dica chiaro e si agisca di conseguenza. Se non è così, come mi auguro per un elementare benessere mentale e fisico del nostro partito, si dia un taglio e si faccia quadrato. Assicuro i protagonisti che la distinzione tra il dibattito sul merito e quello sugli organigrammi si capisce bene e che questa distinzione è condizione decisiva (i "vecchi" dovrebbero saperlo bene) per chiedere al vertice di modificare questo o quell'atteggiamento politico.
La collocazione internazionale può essere uno di questi punti di differenza? Bene, lo si affronti in una discussione 
vera, negli organismi.
Io penso che la coerenza vorrebbe che si avesse il coraggio di andare oltre e di proporre un nuovo gruppo europeo democratico. Ho letto che nella nuova formazione di centrodestra si sostiene che l'appartenenza al gruppo popolare europeo è ragione di identità. È un'affermazione datata e non corrispondente alla natura stessa della operazione politica che Berlusconi e Fini insieme stanno facendo.
Personalmente penso che anche la socialdemocrazia europea debba evolvere oltre se stessa. Vale, ovviamente, anche per il popolarismo.
Faccio, a questo proposito, un esempio che mi consente, anche, di enunciare quella che ritengo la priorità politica di questa fase storica.
La centralità della questione sociale e dello sviluppo sostenibile in una economia di mercato globale devono 
rappresentare il cuore dell'identità democratica post Ds e post Margherita.
Questa strategia si definisce su parametri ben diversi da quelli in uso negli schieramenti attualmente consolidati in Europa,ancora intrisi di ideologia. Basta pensare allo Stato-nazione, alle crisi strutturale delle sue prerogative (al di là dei momentanei ritorni di fiamma, come in questo momento) anche a fronte dell'incombenza del territorio come identità, in rapporto all'Unità europea e all'Europa dei popoli.
La crisi accentua tutto ciò. La sua dimensione, la profondità degli effetti, anche istituzionali, chiamano in gioco non solo le regole economiche, ma anche la natura e le forme di un'incompiuta democrazia globale. Tutto ciò ci colloca in uno scenario che di certo rilancia nell'attualità i valori di fondo tipici del cattolicesimo democratico e del socialismo riformista (la giustizia sociale, la centralità della persona, la solidarietà e la sussidiarietà...).
Ma è del tutto evidente la necessità di dar vita a una cultura e a delle risposte totalmente inedite e proiettate decisamente verso il secolo ancora nascente. Questo è il senso vero dell'esperienza americana.
Quando si pensa a Obama (anche ai Clinton e, a ben vedere, ai Kennedy) non viene in mente la parola "sinistra", né "cristiano sociale".
Viene in mente "politica" nella sua più piena, autonoma e moderna visione. Eppure, quando pensiamo a Obama, non ci sentiamo orfani di quelle culture, ma ne vediamo, al contrario, le possibili applicazioni politiche.
Suscitare le speranze di un mondo migliore è il compito che il Partito democratico si è assunto con la sua nascita, e la campagna elettorale ne è stata il primo segno tangibile. Errori ce ne sono stati, ci mancherebbe, ma è stata un buona campagna elettorale, convincente anche se non vincente. Penso che bisogna ripartire da lì. Con quello spirito e quella volontà.
La sconfitta è stata seria, ma non è una condanna storica. Non è dunque saggio dimenticare la mobilitazione di popolo e di idee che hanno mobilitato la prima campagna di massa del nuovo partito. Che senso ha ripartire ogni giorno da zero o avvitarsi in estenuanti esami di coscienza, soprattutto perché nessuno li fa alla propria, come prescrive la regola, ma ciascuno li fa alla coscienza dell'altro? Infine, mi chiedo: cosa possiamo fare noi, parlamentari, per contribuire all'uscita dal tunnel? Può il gruppo parlamentare, pur nel rispetto delle appartenenze soggettive a questa o quella espressione... di pensiero, farsi "luogo" di incontro, ricerca e proposta davvero trasversale e unitario? Se ci crediamo possiamo riuscirci e sarebbe un passo avanti, anche per dare al lavoro parlamentare uno sbocco esterno che raggiunga le nostre periferie, i circoli, i militanti. Azzardo a dire che molti colleghi sarebbero ben contenti che questo avvenisse...»


sabato 22 novembre 2008

• Urgono Solidarietà e responsabilità


Maggioranze e minoranze - impigliate nelle reti da loro stesse tessute - discettano se Villari deve rimanere o meno Presidente della Commissione per la vigilanza Rai (e come forzarne decisioni funzionali alle loro scelte): Il governo cerca di uscire - faticosamente come il quadro consente - dalle secche nelle quali si è cacciato, in parte, e lo hanno cacciato i sismi finanziari globali ed assumere la capacità di inquadrare strategicamente il da farsi. Populisti e non populisti, pessimisti ed ottimisti, rispettosi delle oligarchie o meno siamo in attesa guardinga. Villari aiuta a nascondere ritardi ed incertezze. 
Solidarietà e responsabilità sembrano due ospiti che fanno capolino - timidamente - mentre i padroni di casa si attardano pensosi e cercano di scaricare le loro incertezze  su soggetti sbilanciati ai margini, cioè altrove. Intanto i due ospiti son o contesi da due soggetti che non trovano di meglio che non trovare una via unitaria di attacco in difesa dei loro soci e di tutta la Comunità. Alla assemblea Nazionale dei Quadri e dei delegati dei pensionati della CISL  si dice, con amarezza: "Con 400 euro di pensione ci arrangiamo, ma siamo stufi di essere trattati da straccioni" "non vogliamo l'elemosina della social card" "esigiamo un taglio di tasse vigoroso su pensioni e lavoro dipendente. Sussulti di rabbia e vergogna."  La storia è la stessa da Nord a Sud, il problema dei pensionati non è solo la solitudine, ma la sopravvivenza. Ma per giornali, partiti e associazioni imprenditoriali per ora questo quadro sembra essere una illusione ottica, una realtà virtuale! 
Dice Bonanni - segretario generale della CISL: ''Chiediamo un intervento vigoroso sulle tasse per lavoratori e pensionati, in modo da rafforzare" la loro capacità di intervento nella catena economica ed a tutela del loro ruolo sociale. "Bisogna dare una risposta - ha ribadito - e' inutile fare analisi sui consumi che scendono, se la popolazione anziana che e' la più' numerosa, e' in difficoltà'. Spero che il governo ci convochi per discutere dei problemi del paese, assumendosi le proprie responsabilità'. La nostra richiesta non sara' di natura politica. Ma, se il Governo non dovesse rispondere, arriveremo alla mobilitazione generale." Intanto per rendere ... più solida l'azione di tutela e di recupero di ruolo, il segretario della CGIL già da tempo va per conto suo. A mio avviso, indebolisce grandemente la possibilità e capacità di incidere dei più deboli (ultimi e penultimi) in particolare. 
È urgente, per tutti, che si intervenga, ad ogni livello, con azioni condivise tra tutti i soggetti che interagiscono nel quadro sociale ed economico. Tutti in ugual grado di responsabilità e possibilità d'intervento il meno conflittuale possibile. La situazione è drammatica!

sabato 15 novembre 2008

• Cos'è la dittatura della maggioranza?


In questi giorni sempre più spesso per descrivere la nostra situazione istituzionale si usa l’espressione “dittatura della maggioranza”. Questo accade quando si parla dell'eccessivo ricorso a decreti legge e voti di fiducia (che di fatto esautorano il Parlamento), di manifestazioni di insofferenza ed arroganza nel riferirsi ad avversari politici, di controllo di sistemi di comunicazione, di leggi elettorali e simili. La frequenza del termine, a mio avviso, è eccessiva, ma la preoccupazione c’è in tutti coloro che ritengono la Costituzione repubblicana un punto di riferimento di valori civili, tuttora valido ed efficace. Ma di cosa si tratta?
DITTATURA DELLA MAGGIORANZA si ha quando si usa la maggioranza come strumento passivo della volontà dell’Esecutivo; quando sono presenti condizioni in forza delle quali si ha un presidente del Consiglio con poteri quasi assoluti che esautorano il capo dello Stato e svuotano i compiti del Parlamento. In sostanza la maggioranza "decide" e non tiene in considerazione la verifica o addirittura l’identità degli obiettivi attraverso i quali raggiungere effetti da entrambi ricercati anche con l’adozione di idee progettuali autorevole o talvolta più adeguate ad un determinato contesto.

È bene però precisare che altra cosa è la dittatura storicamente affermatasi in varie nazioni nel secolo scorso attraverso il fascismo, il franchismo, il nazismo. il comunismo o regimi ‘assoluti’ intestati a colonnelli o generali. In ciascuno di quei casi un "primo" si è insediato senza tener conto della volontà popolare espressa o esprimibile in libero suffragio universale.

giovedì 13 novembre 2008

• Benvenuto Presidente Lula


Mi si prenderà per un inguaribile "romantico", ma vedere e leggere di LULA divenuto Presidente di uno dei Paesi emergenti più importanti del mondo (il Brasile), mi emoziona moltissimo. Tanta parte della storia personale di noi sindacalisti degli anni '70 impegnati nella CISL italiana lo ricordano nei ruoli sociali e civili di frontiera che ha sempre svolto; ricordano le lunghe chiacchierate notturne (spesso) nel prato antistante il Centro Studi di Fiesole con persone che non erano qui in villeggiatura ma a prepararsi per meglio affrontare le battaglie 'risorgimentali' dei loro Paesi. Non ho avuto la fortuna di incontrare Lula, allora. Ma in lui rivedo e riascolto i tanti che cercammo di sostenere nei loro percorsi di libertà e di partecipazione. Qualcuno è arrivato sulla tolda di comando, ma quanti sono caduti! I giornali di oggi quasi non parlano di questo avvenimento (il Presidente di una grande repubblica che riconosce l'autorità morale e civile di un sindacato italiano, che ha conosciuto da vicino!).
[Foto Cisl - Dal palco della conferenza internazionale Nuova economia, nuova democrazia, svoltasi a Roma il 12 novembre]

lunedì 10 novembre 2008

• Se n'è andata Mama Africa, Miriam Makeba.


Se n'è andata Mama Africa, Miriam Makeba.
Aveva speso tutta la sua vita per l’impegno civile ed è morta "sul campo", a Castel Volturno, un luogo-simbolo della lotta alla criminalità ed alla sopraffazione, dove aveva voluto partecipare a tutti i costi, nonostante le non brillanti condizioni di salute, al concerto anticamorra a sostegno dello scrittore Roberto Saviano.
La mia generazione l'ha vista battersi con decisione e vigore contro il regime dell’apartheid che aveva dilaniato il suo Paese, il Sudafrica. Una testimone di partecipazione. Non a caso era diventata delegato delle Nazioni Unite.
Non a caso il suo impegno contro la segregazione razziale, ingigantito dalla fama di cantante nota in tutto il mondo, aveva causato la reazione del governo sudafricano che, nel 1963 - in pieno regime di apartheid - l’aveva costretta all’esilio ed aveva messo al bando tutti i suoi dischi.
Dopo che le fu imposto l’esilio, per tornare in Sudafrica, Miriam Makeba dovette attendere quasi 30 anni: soltanto nel 1990, infatti, Nelson Mandela riuscì a convincerla a tornare nella terra dove era nata - sua madre era di etnia swazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa - e che era stata costretta ad abbandonare.
È nei miei ricordi e nella mia preghiera.
Giorgio Gaber (La libertà. 1972) scrisse e cantò queste parole, forse pensando a coloro che come Lei non sono stati alla finestra ad attendere che altri facessero:
La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,

la libertà non è uno spazio libero,

libertà è partecipazione.


sabato 1 novembre 2008

• Responsabilità sociale e attività finanziario-economiche

In quest’ultimo periodo abbiamo assistito come osservatori che cercavano di capire le dinamiche finanziarie globali e sempre più spesso ci siamo rivolti la domanda: «I principi etici possono aiutare i mercati in difficoltà?».Da anni nessuno sembrava interrogarsi su quanto stava per accadere in conseguenza di una esasperazione liberista e speculativa, che portava a confondere accumulazione con accaparramento fine a se stesso. Quante volte si è parlato del probabile collasso del sistema, dovuto non solo ad una carenza di capitale monetario ma soprattutto ad una carenza di capacità e volontà etica. A proposito di funzione sociale del mercato, mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino ha osservato che il mercato: “può funzionare solo in un quadro etico e legale, in cui i più deboli sono tutelati e in cui l’arroganza dei potenti è arginata. Oggi constatiamo come il comportamento individuale selvaggio e sregolato, nell’attività del mercato, influisca sulla stabilità delle imprese ma anche sulla stabilità dei Paesi e quindi degli uomini e delle donne che compongono la società in cui viviamo”. Valutazione non nuova e che era stata richiamata anche dal magistero di Giovanni Paolo II.
Spero che sia evidente a tutti che siamo in una fase di fine del capitalismo alla statunitense; e di osservazione dell'aggiustamento degli strumenti derivati, quasi figli e figliastri, nei vari continenti. Spero che ci si impegni in un ripensamento profondo e che ci si avvii seriamente al superamento della confusione tra strumenti e fini, presente nel quadro col quale si devono fare i conti.
Come spesso accade quando ci si rende conto degli errori compiuti o sollecitati, consapevolmente o meno, ci si ricorda dell’etica, la dimensione Comunità e le regole di equilibrio che consentono di stare insieme, nel rispetto delle diversità naturali che rappresentiamo. Sono certo che dall’incontro delle gerontocrazie dominanti coi nuovi talenti (rappresentati soprattutto dalla generazione dei quarantenni, nell'attuale momento) possano essere dimensionate nuove e più valide strumentazioni; possa essere avviato un percorso condiviso per superare la confusione tra mezzi e fini indotta da centri di potere, locali o globali; confusione forse ricercata per una migliore gestione del potere e dei processi 'tecnici' che lo caratterizzano, ma comunque tollerata perché funzionale ad essi.
Mi sembra, perciò. importante accogliere l’invito a riflettere, ripreso dalla agenzia Zenith, con la riproposizione di un intervento del prof. Tommaso Cozzi, docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l'Università di Bari.

T.COZZI - Responsabilità sociale delle attività economiche nell'attuale contesto