domenica 20 dicembre 2009

• NORD/SUD: due mondi, che, sgomitando tra gli egoismi, cercano l’incontro


Negli anni ’90 - più o meno - al confronto globale URSS-Occidente si avviava e sostituiva quello tra paesi ricchi e paesi sfruttati e poveri, tra popoli che tutto (o molto) avevano o conoscevano e chi veniva schiacciato e calpestato. L’incontro di questi giorni a Copenhagen - dopo le molte avvisaglie in sede ONU avvenute in questi anni - sul clima e sulla tutela ambientale ne è la prima vera presa d’atto.
In questo incontro tuttavia si è dimostrato che i tempi del confronto e della politica non coincidono con quelli della natura e della sua permanente tensione all’equilibrio; coi quali, fin dalle origini della terra, dobbiamo fare comunque i conti. Tutti: ricchi e poveri; con conoscenze e capacità elevate o meno. Sono i momenti nei quali gli egoismi devono trovare chiari limiti e non prevaricare il bene comune.
Scrive Maurizio Molinari su LA STAMPA, di oggi:
«Sebbene prive di riferimenti numerici ai tagli delle emissioni e frutto di negoziati caotici, le cinque pagine dattiloscritte dell’Accordo di Copenhagen costituiscono la prima intesa sulla protezione del clima fra i Paesi più industrializzati e le economie emergenti.» Saremo in tempo utile per evitare i disastri da tempo prefigurati dagli scienziati? Sapremo superare le culture suicide che oggi ci affliggono?
«Se il Forum del G20 negli ultimi 12 mesi si è trasformato nel luogo dove i giganti dei due emisferi si incontrano per sanare le ferite della recessione e pianificare assieme la ripresa globale, la conferenza di Copenhagen li ha visti trattare come mai avvenuto in precedenza perché erano in gioco interessi reciproci e molto concreti: dal livello di emissioni dipendono le dimensioni della produzione industriale ovvero delle quote nazionali di ricchezza globale.»
Preoccupa che, salvo alcune eccezioni, la persona sia stata considerata in subordine ai processi economici e alla gestione del potere e che si siano state traguardate paternalisticamente (a volte nemmeno questo!) le povertà materiali di uomini e donne soffocati dalla fame e dalla mancanza di sicurezze elementari. Il capo delegazione francese è arrivato al punto di paragonare il modesto 'accordo' finale di Copenhagen al «Patto di Monaco che nel 1938 spianò la strada al nazismo». Ma in questo caso il tema era come vivere in armonia con tutto ciò che è nel Creato, del futuro del pianeta nel Creato. La posta in gioco è il dono della vita e la sua custodia.

mercoledì 2 dicembre 2009

• La libera impresa è il peggior nemico della povertà

« I cristiani hanno un dovere non negoziabile di andare incontro alle necessità economiche dei bisognosi, ma talvolta si dimostrano carenti nel comprendere quali misure siano più efficaci nella riduzione della povertà. Ne è convinto il Direttore di ricerca dell’Acton Institute, il prof. Samuel Gregg. Il professore, direttore di ricerca dell’Acton Institute, in una intervista fatta in vista della prossima conferenza organizzata dallo stesso Istituto, afferma anche che « per decenni ci è stato detto che l’aiuto allo sviluppo e le altre forme redistributive sono la soluzione alla povertà. Eppure i dati sono piuttosto inequivocabili nel dimostrare che questo non è vero e che questi interventi non producono un cambiamento sistemico. Anzi, spesso aggravano le difficoltà. Un altro problema è che gran parte dell’economia dello sviluppo è sottesa da ideologie profondamente materialistiche e da antropologie deformate. Ma noi sappiamo che la riduzione della povertà è solo in parte una questione economica e materiale. Essa ha anche dimensioni, morali, spirituali, giuridiche, culturali e istituzionali. La cosa paradossale è che noi conosciamo già i segreti per ottenere una riduzione della povertà. Uno tra i più importanti è che non è possibile ridurre la povertà senza creare ricchezza, e che la creazione della ricchezza avviene in alcuni contesti culturali e istituzionale e non in altri.»
È un discorso antico che in qualche misura nella nostra Italia i cattolici nel secondo dopoguerra (in gran parte responsabili della gestione del bene pubblico) hanno cercato di governare attraverso strumenti come l'Eni, l'Iri ecc. Purtroppo le degenerazioni di personaggi - tutto sommato - minori ne hanno progressivamente mutato connotati ed effetti e ne hanno decretato la fine sostanziale. Sono ancora convinto (ancor più dopo lo tsunami finanziario di questi mesi) che quella esperienza debba essere rivisitata - ed al più presto; non solo con riferimento al nostro paese.

Completa leggendo:

1 - L'Intervista del prof. Samuel Gregg

2 - Libera impresa, povertà e crisi finanziaria [Free Enterprise, Poverty, and the Financial Crisis]