mercoledì 16 aprile 2008

• Abbiamo votato. Ha vinto la destra. E ora?

• È decisamente avviata la stagione delle analisi del voto (o presunte tali). Salvo poche eccezioni, ognuno cerca di dimostrare che 'aveva ragione'. Galli Della Loggia sul Corriere della sera, Garelli sulla Stampa, Magatti su Avvenire. Mi sembra di poter osservare: la speranza di risoluzione dei problemi ritenuti più dirompenti, nell'immediato o per frustrazione maturata e consolidata in periodi precedenti, è andata regolarmente delusa da chi si è trovato a governare (che lo avesse fatto con intelligenza e professionalità o meno); e questo ha generato disillusione, disperazione e una volontà di cambiamento che solitamente si affida a chi al momento sta all'opposizione, che viene visto come elemento di novità. Quando si tratta di elezioni nazionali si tende a consolidare e premiare chi più dal punto di gestione locale ha contestato quello nazionale. Quando questa contestazione dura a lungo, diviene addirittura momento culturale identitario. Vale al sud, come al nord o al centro. È accaduto due anni fa alla coalizione di destra. È accaduto in questi giorni all'ammucchiata di centro sinistra, condizionando radicalmente l'unica proposta innovativa data dal nuovo soggetto politico: il partito democratico. 

• Questa oscillazione politica ha le sue radici profonde in una società civile debole e in un'offerta politica incapace di rispondere alle attese della società e che perciò non riesce a stabilizzare il consenso. Ciò è stato  e rimane tanto più vero in quanto ci si dichiara affrancati da ideologie del secondo dopoguerra, senza renderci conto che le mutate condizioni relazionali interne al paese o indotte dall'esterno ne hanno avviate di rinnovate (mercato, individualismo, 'concretismo', ecc.) altrettanto incapaci di dare risposte alle domande di fondo. Possiamo convivere con un liderismo (spesso fine a se stesso), che sottenda sudditanze e limitazioni unilaterali di libertà? Possiamo riscoprire la 'partecipazione', a quali condizioni di riorganizzazione del lavoro, della famiglia e dei territori? Possiamo riprendere un percorso di solidarietà e responsabilità, di limitazione di autoritarismi imposti dalle oligarchie del momento, di uguaglianza di condizioni per l'accesso alla formazione, alla conoscenza, agli strumenti di gestione dell'economia o della società? Sia laddove ha prevalso la destra sia dove il PD, nuova realtà, si è consolidato e meglio ha mantenuto precedenti acquisizioni del centro sinistra, quanto accaduto in questi giorni alle elezioni politiche invita ad una nuova capacità e possibilità di proposta progettuale. Hanno rilievo il forzato ridimensionamento dello sparpaglio di sinistra ed i lampi episodici di destra? Sono solo un chiarimento (peraltro necessario ed urgente) di ciò che strutturalmente e culturalmente è già avvenuto da tempo nella società. Unico problema: gestirlo al meglio da parte dei soggetti presenti.

• Ma i cattolici? Faremo un progetto 'cattolico' o un progetto figlio di altre esperienze ed istanze? Quali saranno le sue caratteristiche identitarie? Che cosa abbiamo fatto finora perché si conoscesse (non chiedo molto di più) la dottrina sociale della Chiesa in modo da poter 'avvertire' la identità 'cattolica' in un progetto? Poco o niente. La DSC ha avuto per decenni caratteristiche deduttive (questo sono i principi ed i valori e si applicano in questa o quella maniera). Al Concilio comprendemmo che così stavamo lontani - e solo come osservatori - dalla realtà con la quale ci confrontavamo ogni giorno. Invertimmo il metodo di lettura e proposta, partendo dai 'segni dei tempi', induttivamente. Il risultato più provocatorio furono, tra l'altro la "Centesimus annus", la "Sollicitudo rei socialis" e la Laborem exercens". Se, come prova a fare il «Compendio», ne assorbissimo l'essenza  e le capacità induttive avremmo molte risposte  ed idee progettuali ai quesiti societari che ci si propongono. Sono convinto che la risposta non sia il liderismo che le attuali tendenze istituzionali, nazionali e globali,ci impongono.


2 commenti:

Ettore ha detto...

Credo che valga la pena approfondire ulteriormente il quadro. Ma se dobbiamo progettare insieme per il domani, dobbiamo 'rapidamente' cercarne di capire di più e più a fondo. Intanto suggerisco l'analisi di Paolo Natale.

EUROPA - giovedì 17 aprile 2008
Il limite del Pd è al centro
di PAOLO NATALE

Ieri ho presentato molto brevemente i principali spostamenti di voto dalla elezione del 2006 a quella odierna, sottolineando come i principali flussi siano come di consueto rimasti all’interno di ciascuna delle aree politiche, ribadendo la tesi ormai consolidata della difficile permeabilità degli schieramenti.
A fronte di una mobilità complessiva intorno al 27 per cento circa, considerando anche i passaggi verso l’astensione, solamente poco più del 4 per cento dell’elettorato ha mutato il proprio voto “tradendo” la passata coalizione (si arriva a quasi 6 punti tenendo conto anche dei passaggi da e verso l’Udc, che è oggi di fatto estraneo all’area di centrodestra). Vediamo oggi di comprendere cosa ......................

Per visualizzare l'articolo vai su:
http://www.europaquotidiano.it:80/site/view_art.asp?id=4184

Ettore ha detto...

CONQUISTE DEL LAVORO – giovedì 17 aprile 2008

Il voto operaio alla Lega effetto del radicamento trasversale

Il voto operaio alla Lega non sorprende più di tanto il segretario generale della Fim, Giorgio Caprioli. ”Si tratta di un fenomeno non di oggi, già rilevato da molte analisi. Certo - ammette – questa volta le proporzioni sono tali da costituire una novità, ed è per questo che dobbiamo interrogarci sulle nostre politiche”. Perché se è vero che a pagare il prezzo dell’exploit della Lega è stata la sinistra radicale, è altrettanto vero che anche nel sindacato si impone una riflessione: ”Il nostro compito - sostiene il numero uno della Fim - deve essere di rendere sempre meno ideologico l’approccio ai problemi del lavoro, puntando sull’elaborazione di proposte concrete”. Un compito non proprio semplice. ”Abbiamo dei compagni di strada difficili – riconosce Caprioli -. Temi come la flessibilità degli orari e i premi di risultato legati alla produttività per la Fiom sono, sostanzialmente, ancora tabù”.
Ma è stato proprio l’atteggiamento ideologico, insieme all’inconcludenza politica, che ha portato la sinistra al disastro. ”Credo che i due anni del governo Prodi abbiano lasciato una grande delusione in quell’elettorato - dice il leader dei metalmeccanici della Cisl -. La sinistra ha avanzato molte richieste, ma non ha portato a casa nulla. E questo ha spinto molta gente a guardare alla Lega, a scegliere un voto territoriale e un programma articolato sulle parole d’ordine del federalismo fiscale e dell’immigrazione”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario della Cisl Veneto Franca Porto. ”È singolare che si sia pensato che non ci fossero operai o pensionati che votavano Lega Nord, o Forza Italia o An”. Non ci sarà alcun effetto interno al sindacato, nessuno scollamento tra base e rappresentanza. ”Il risultato elettorale non c’entra niente con il rapporto dei lavoratori col sindacato che è regolato dalla qualità e dall’efficacia dell'azione sindacale”. Sull’exploit leghista,
Franca Porto ricorda come il Carroccio abbia ”un radicamento trasversale e sociale molto forte. È un partito che sta davvero in mezzo alla gente e lo fa tutti i giorni. Questo è l’aspetto che ne ha premiato i risultati”. Quanto al sindacato ”non ha abdicato alla politica, dato che la politica si è preoccupata ben poco dei problemi dei lavoratori. Certamente in Cisl - conclude Porto – non abbiamo mai chiesto per quale partito votano i nostri iscritti. Siamo in un Paese civile e democratico e non è necessario essere ricchi per votare il centrodestra”.
C.D’O.