venerdì 20 giugno 2008

• Varese: paga troppo bassa, uccisione del lavoratore

Leggo sul MESSAGGERO del 18 giugno: «Varese, lite per la paga troppo bassa: operaio egiziano ucciso dal figlio del titolare della ditta». 

È un fatto (non solo di questi giorni) che lavorare nell'edilizia in periodi di 'bassa' e di 'precarietà' ancor più diffusa del solito la vita di chi lavora è spesso un inferno. Supersfruttamento e  caporalato sono all'ordine del giorno. Ci sono anche imprese  serie  (ne conosco diverse), ma vengo a sapere spesso anche delle molte con paghe sottocosto (tipo Varese), niente o poca assicurazione previdenziale, sicurezza antinfortunistica marginale, caporalato (coi relativi danni umani e salariali), tutela della professionalità inesistente o quasi (poi si deve assistere al rito: "non trovo personale specializzato"!). Sono immigrati, finché resistono, va bene. Ma il sindacato? Quando chi passa per la precarietà istituzionale (edilizia, servizi e simili) si renderà conto che non si può rimanere isolati? Che il sindacato sono loro? Che nessun imprenditore o caporale (per quanto accettabile) ne tutelerà mai del tutto la dignità di uomini e donne che lavorano al di là della propria convenienza immediata? Quando i cosiddetti imprenditori (tali sono spesso i datori di lavoro alla giornata!) si renderanno conto veramente che non è sull'asservimento delle persone che possono basare la propria sopravvivenza e capacità di affermarsi? Quando il sistema pubblico finirà di considerare - di fatto - questi settori come area di rifugio della disoccupazione e della sottoccupazione, considerando marginali  la formazione (professionale  e civile) ed il controllo delle condizioni  minime di cittadinanza date dalle leggi dello Stato?

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