martedì 10 giugno 2008

• Imboccare la strada giusta, ma con un auto che non abbia le gomme a terra

Il percorso per il PD è iniziato e, come sempre in casi come questo, lentezze ed incertezze affiorano ed, in qualche caso, dilagano. Come già affermato da qualcuno, questo percorso non può essere quello della ‘quarta fase’ della evoluzione del PCI o un ulteriore inserimento - più o meno leggero - della cosiddetta sinistra DC. Entrambe sono categorie che - se ancora presenti in qualche territorio ed in qualche personaggio o in qualche militante - devono essere rapidamente superate cominciando non solo ad avviare il motore ma soprattutto montando ruote robuste e capaci di camminare. Di queste categorie fanno parte coloro che guardano solo organizzativamente al consolidamento o al rafforzamento del percorso nuovo sia che cerchino un nuovo rapporto coi vecchi serbatoi di sinistra o di centro o che non tengano conto che non esistono più terreni ‘riserva di caccia’, per nessuno. C’è un'antica esperienza ‘bipolarista’, «organizzativa», praticata in almeno una associazione di massa italiana: quando guadagna la gestione del potere la destra, aspettati concretezze di sinistra; e viceversa. Il quadro e la strategia saranno propri di quello che ha vinto ed è chiamato a gestire; gli atti quelli che più si avvicinano al ‘concreto’ dell’avversario sconfitto in modo da eroderne spazi e costringerlo ad agire in seconda battuta. 

Se non altro dopo la sortita di FAMIGLIA CRISTIANA sulla capacità di incidere dell’attuale coalizione di destra, credo che anche i più ciechi e sordi si rendano conto che non esiste una frattura tra il comportamento alle urne dei cattolici e quello degli altri cittadini. I cattolici, fatta eccezione per le affermazioni della fede che praticano, seguono la propria coscienza e mirano ad una società che ritengono più capace di procedere in direzioni disposte o disponibili ad accogliere valori e contenuti traguardati anche dalla dottrina sociale della Chiesa. Sentono fortissima l’esigenza di riscoprire la vocazione sociale di una tradizione che dentro il Pd può trovare momenti importanti; ma che ora è solo occasionalmente o strumentalmente riconosciuta in quell’ambito organizzativo e nei suoi quadri, soprattutto periferici. In troppi continuano ad usare ”come un corpo contundente” i temi etici ed a non cercare insieme, cattolici e non, valori ed obiettivi comuni di non breve periodo. C’è da preoccuparsi davvero. Una situazione simile impedì lo sviluppo della stagione dell’unità sindacale organica, già in pieno sviluppo e solido radicamento.

In questi giorni qualcuno vedeva nella querelle sulla collocazione europea del PD il preannuncio di un esito «inevitabile»: la separazione. La fine, magari concordata, del tentativo. Una ridistribuzione di compiti fra riformisti. 

Sono più che convinto che nel PD la fase dell’ammucchiata sia in rapido esaurimento e che comunque possa essere battuta ogni deriva separatista; a condizione però che non si continui a credere che ‘partecipazione’ sia semplice ‘organizzazione del consenso’ (nei partiti, nelle associazioni o nelle istituzioni) e che per ‘pluralismo’ non si intenda solo la quantità di partiti che interagiscono per le istituzioni, negando di fatto l’autonomo ruolo delle parti sociali e dell’associazionismo.  Ciò accade in alcune realtà locali nelle quali alcune dirigenze hanno puntato elettoralmente al ’grande DS’ e solo di sbieco al PD, facendo propria una meccanica tardo-ideologica appena ammantata da un ‘sano’ paternalismo verso i diversi o ubriacandoli - in maniera più o meno pronunciata - con incarichi e nuove responsabilità di gestione.

Per ridare aria e pressione alle gomme sgonfie si deve tornare a parlare con gli italiani di famiglia, valori, ordine, sicurezza, stabilità e qualità del lavoro, doveri e diritti, parità delle opportunità di partenza, meritocrazia negli studi o obiettivi simili; non possiamo giocare solo di rimessa sulle incapacità ed approssimazioni di chi ha vinto ma proponendo scenari progettuali credibili e praticabili. Sono stati regalati alla destra obiettivi e contenuti ‘nostri’, dobbiamo recuperare la capacità propositiva del ‘prodismo’ ed attrezzarci con pazienza e caparbietà per la sua gestione.


2 commenti:

Ettore ha detto...

da EUROPA - mercoledì 11 giugno 2008
"I cattolici non sono più quelli di una volta" di STEFANO MENICHINI

Non sono convincenti, le risposte e le proteste che sono partite dal Pd all’indirizzo di don Sciortino e dell’editoriale su Famiglia cristiana. Troppo difensive. La tesi del settimanale dei Paolini sul ruolo dei cattolici nel centrosinistra umiliato dall’alleanza coi radicali è troppo marginale, irrilevante, perché gli si debba rispondere sul medesimo tono. E siccome è evidente che il tema non riguarda solo i cattolici democratici, e neanche solo i cattolici tout court, c’è casomai un altro livello di discussione da intrecciare.
Partiamo da una premessa amara, ma sincera. Il punto di verità dell’editoriale di Famiglia cristiana: la crisi del ruolo dei cattolici democratici nella politica italiana, dopo esserne stati spina dorsale e punto d’equilibrio per decenni nella Prima e nella Seconda repubblica.
È l’esito di una vicenda durata anni, di uno scontro che ha modificato, nell’arco di due pontificati, il rapporto fra le gerarchie e i cattolici impegnati in politica e nei movimenti.
Man mano che la Chiesa si allontanava dall’interpretazione progressista del Vaticano II, veniva ritirata la delega concessa ai cattolici democratici perché costruissero mediazioni nella sfera politica.
Mediazioni giudicate, al trarre le somme di una società fortemente secolarizzata, troppo al ribasso, perdenti. La crisi del cattolicesimo democratico esplode dunque quando la Chiesa assume direttamente l’onere di contrastare la deriva secolarista e relativista, e chiama intorno a sé in obbedienza ordini e movimenti. Un fenomeno che la sinistra non ha visto, o meglio ha equivocato scambiandolo per un mero spostamento “a destra”, confermando alle proprie componenti cattoliche il mandato di coprire il fronte (è il modello di gioco abitualmente definito dalemiano). Un fronte che intanto non c’era più. Si parla dell’ex sinistra dc, ma in fin dei conti il tentativo di Rutelli nella Margherita con l’operazione teodem ha replicato lo stesso schema, con persone diverse, diverse culture, ma analogo risultato deludente.
Qui però si apre il tema delicato e impegnativo delle responsabilità dei vescovi italiani. Verso la società italiana.
Per quello che è diventata. Perché se sono stati bruciati i luoghi e gli interpreti della mediazione, e si è data per tanto tempo enfasi ai richiami tradizionalisti mettendo in guardia rispetto a ogni possibile “differenza”, poi è anche possibile che ci si ritrovi con l’Italia delle ronde non avendo fatto abbastanza per evitarla.
Se la Chiesa universale derubrica il dialogo interreligioso e accredita l’idea di esser tornata innanzi tutto Chiesa dell’Occidente, anzi guida spirituale dell’Occidente, si deve mettere nel conto che poi qua e là nel gregge non siano più soltanto le diversità sessuali a destare sospetto e allarme, ma anche quelle etniche e religiose.
Ingeneroso allora poi prendersela coi poveri cattolici del centrosinistra.
L’Italia come è – incerta, timorosa, potenzialmente aggressiva – in quanti hanno contribuito a edificarla? Forse sarà di conforto sapere che c’è chi si mobilita contro le moschee e per avere al loro posto più chiese: anche ammesso che ciò aiuti la ripresa delle vocazioni, quali sono gli effetti collaterali di questa fiammata d’orgoglio? E lo diciamo sapendo bene come in Italia e nel mondo siano spesso soltanto la Chiesa e le sue organizzazioni a lavorare sulle marginalità e sulle esclusioni, con dedizione senza pari, in totale supplenza dell’inefficienza pubblica: qui però vediamo una schizofrenia col messaggio principale recapitato a più riprese nel dibattito pubblico, non una esimente.
Finisce la specificità italiana dei cattolici in politica, l’elettorato cattolico si omologa sempre di più all’insieme della società, e in modo non difforme da essa chiede ordine, valori, tradizione, sicurezza. Vota Berlusconi, ovvio. Il quale poi non si pone minimamente il problema di assegnare a una componente della destra la benché minima delega a rappresentare: in questo, si conferma più accorto e moderno del Pd di Veltroni (stupisce che sia stato proprio il Foglio a sollevare un problema stantio come quello della «assenza di cattolici nella compagine di governo»).
Gioisce papa Benedetto per il nuovo clima di dialogo. Fa bene. Anche la Cei affida al dialogo le speranze di ripristinare nelle istituzioni e nel paese un sistema di valori condivisi. Capiranno però che è difficile dialogare sotto le bastonate, soprattutto per chi le ha già prese dall’elettorato.
Noi che vorremmo un Pd più autorevole, più in sintonia con la domanda di valori e di missione che viene dagli italiani, proponiamo però a don Sciortino un’ipotesi di lavoro: prenda in considerazione la possibilità che anche il centrosinistra, come da tempo il centrodestra, abbia da adesso in poi una leadership totalmente laica, non più cattolica né adulta né bambina. La smetta di applicare un doppio standard, sempre troppo esigente con questi poveri cattolici impegnati a sinistra. Misuri alla pari le proposte e le politiche, i due sistemi di alleanze, il relativismo di questo e di quello. Insomma, tragga le conseguenze anche lui di questa vicenda storica che, intenzionalmente, ha portato a consumare la forza della testimonianza cattolica nell’agire politico.
È un’Italia così, tutti hanno contribuito a che fosse così: adesso tutti ci facciano i conti, senza scaricarli sugli altri.

Ettore ha detto...

In questi giorni a Livorno non si è verificato niente di particolare rilievo ed interesse, almeno di immediato. Sta maturando (molto lentamente, se non mi sbaglio) un forte malcontento per il recupero che l'attuale dirigenza del PD locale fa di sistemi organizzativi e politici dell'antico PCI (solo un po' riverniciati!). Se continua così aumenterà certamente il distacco di partecipazione, già presente, con conseguenze imprevedibili.