mercoledì 1 aprile 2009

• L’unica notizia sul Pdl?

EUROPA del 1 aprile 2009 pubblica la seguente riflessione di STEFANO SEDAZZARI, che condivido.
«Devo confessare che ho seguito con attenzione i lavori del congresso di fondazione del Pdl e quello che più mi ha colpito sono stati i commenti a questo evento. Anzi, l’evento in sé mi ha profondamente deluso ma proprio per questo sono stato in qualche modo spiazzato dall’enfasi e dalla cifra di molti dei commenti più autorevoli. Mi spiego.
Il congresso del Pdl rappresentava in sé, per la storia del nostro paese e della sua seconda repubblica, un avvenimento importante. La nascita di un partito che veleggia intorno al 40% dei consensi elettorali, che di fatto chiude la vicenda di Forza Italia e quella, forse storicamente più evocativa, di An, costituisce un momento solenne.
Proprio per questo sono rimasto colpito, al di là della kermesse e della proiezione mediatica (sempre però tanto uguale a quella del ’94), dalla pochezza dell’elaborazione politica. Dibattito politico, culturale, programmatico? Niente di niente. Differenziazioni interne (un partito più è grande e più in teoria contiene tante anime...)? Zero carbonella. Di fronte a questa pochezza sarebbe dovuta risaltare la piattaforma politica, culturale e programmatica presentata da Silvio Berlusconi. E invece, almeno questa è la mia sensazione, da Berlusconi non è venuto nessun salto di qualità. L’appuntamento “storico” avrebbe presupposto, visto anche il momento in cui si svolgeva, una solennità e un approfondimento vero. Il programma della nuova destra nell’era della crisi.
Niente.
Il ’94 di Berlusconi, da questo punto di vista fu una rivoluzione vera. Lo stravolgimento di categorie politiche, di prassi politiche, di abitudini che cambiarono il sistema politico del nostro paese. Alla Fiera di Roma, invece, Berlusconi è stato politicamente scialbo.
In una occasione del genere il premier avrebbe potuto lanciare messaggi politici molto forti. Il congresso di fondazione del Pdl poteva essere l’occasione migliore per lanciare parole d’ordine nette sui temi della crisi, oppure sulle questioni istituzionali, magari lanciando apertamente l’ipotesi presidenziale.
Invece sono venuti fuori due discorsi piatti, che hanno solo ribadito confusamente idee, parole d’ordine e proposte già avanzate precedentemente. Da questo punto di vista sono, quasi quotidianamente, molto più “piene” di novità le conferenze stampa di Berlusconi o gli incontri informali con la stampa che quasi quotidianamente svolge.
Il premier ha perso l’occasione di presentare un progetto nuovo per l’Italia.
Magari di destra. Ma pur sempre la nuova carta d’identità del Pdl. Certo, se avesse proposto con nettezza il presidenzialismo sarebbe stato dirompente.
O se avesse lanciato proposte di tipo thatcheriano (o al contrario che so, protezionistiche) per rispondere alla crisi ci saremmo scandalizzati.
Ma almeno avremmo avuto chiaro il disegno berlusconiano. Invece niente.
La rivoluzione liberale di 15 anni fa è sparita, bisogna solo fidarsi di lui, il partito del 51% è alle porte (e dell’altro 49% chi se ne frega) e chi non la pensa come lui è un nemico della libertà. Su alcune questioni importanti (referendum, testamento biologico) addirittura il silenzio. Di fronte a questa pochezza Fini è apparso un politico di rango, quando probabilmente invece è un furbo giocoliere che cambia abito tutti i giorni per potere apparire diverso e per poter dimostrare di esistere (visto che il suo partito di origine lo ha completamente abbandonato per potersi sedere senza vergogna alla tavola berlusconiana, alla faccia della destra sociale e di popolo).
Se questo è il quadro sono rimasto davvero ancora più sorpreso, però, dai commenti e dagli editoriali che hanno accompagnato questo congresso. In quello che è avvenuto alla Fiera di Roma c’è una regressione culturale e politica spaventosa. È chiaro che Berlusconi è diverso e alternativo alla mia cultura politica. Ma mi aspettavo che il Cavaliere delineasse una idea di Italia. Netta, forte. Che certo non mi sarebbe piaciuta, ma pensavo che ci fosse uno sforzo di elaborazione che disegnava il nuovo partito del centrodestra italiano. Invece nulla. Quello che viene fuori dalla Fiera di Roma è l’idea di una democrazia opaca, un partito quasi confessionale in cui c’è un solo uomo al comando e una lunga serie di feudatari. Una forma premoderna della politica.
Ma dai media, sempre pronti a vivisezionare quello che fa il centrosinistra, non è venuta una parola di critica in questo senso a Berlusconi e al Pdl. Dai telegiornali e dai grandi quotidiani cosiddetti liberali, anzi è venuta una rappresentazione del congresso assolutamente artefatta. Alcuni quotidiani, anzi, sono riusciti a scrivere paginate anche sulle presunte divisioni interne al Pd rispetto al discorso di Fini. Ma non una parola, o molto poche, sul conservatorismo compassionevole, su una democrazia sotto tutela, su un paternalismo che non ha eguali in Europa e in Occidente.
Si può essere di destra o di sinistra, si può essere d’accordo con Berlusconi o avversarlo. Ma il compito degli opinionisti è spiegare quello che sta avvenendo nel paese. E forse allora sarebbe stato il caso di spiegare che non di un congresso si è trattato, ma di una messa cantata in cui si è parlato di “eroi” e di “missionari della liberta”. Uno spettacolo che non fa bene alla democrazia.»

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