sabato 11 aprile 2009

• Emergenza terremoto ed edilizia.

Siamo in questo momento alla emergenza, tale è certamente il terremoto. Emergenza che lo ‘sbriciolio’ delle abitazioni e degli edifici pubblici di più recente costruzione, aggravano e che rende altamente distruttivo l’evento. Ci sono intere parti delle nostre città distrutte e da rifare di sana pianta. Case, scuole, ospedali, carceri fragilissime nelle strutture. La tragedia di questi giorni ci dice che queste porzioni «deboli» delle città non corrispondono necessariamente alle loro zone più antiche: ai centri storici medioevali o alle estensioni rinascimentali; e neppure alle zone residenziali ottocentesche o alle urbanizzazioni meno recenti. Si dice che abbiano comunque retto meglio all'impatto delle onde sismiche.
In tante aree mucchi di macerie. La pubblica amministrazione, i progettisti ed i costruttori hanno le carte in regola per avviare grandi piani di edificazione e ri-edificazione? Continuiamo con gli appalti al ribasso,(senza fissare una soglia finanziaria e lasciando troppo spesso al caso il controllo della organizzazione del lavoro, dei materiali impiegati e delle norme di sicurezza per chi sta materialmente costruendo e per chi ci abiterà)? La parcellizzazione dei processi produttivi edificatori deve rimanere, in nome del mercato e della concorrenza, sostanzialmente priva di controllo? Si deve mantenere l'impegno per ponti tipo quello dello stretto di Messina, della cui utilità reale dubitano in molti, in parte anche prte di coloro che hanno approvato tali interventi (stando a dichiarazioni dipanatesi nel tempo)?
La disponibilità dell’opposizione nell’interesse dei cittadini superstiti coinvolti è assolutamente positiva ed istituzionalmente importante. Ma si combina con la qualità dell’emergenza e sulle prospettive di recupero che impongono la risposta ad importanti dubbi sui quali la politica deve confrontarsi con concretezza e determinazione. "Abbiamo perciò, bisogno di una mobilitazione delle risorse diffuse della nostra società che non diventi assenza di regole condivise. Di politiche che normino con forza i requisiti delle costruzioni edili e che lascino invece più libertà nelle destinazioni d’uso e nelle possibilità di crescita su se stessi degli edifici." “Avremmo estremo bisogno di una legge che consideri il rischio sismico un fattore territoriale per incentivare le opere di demolizione e sostituzione edilizia, attraverso meccanismi fiscali o premi volumetrici. E di una grande campagna di monitorizzazione dell’edilizia pubblica e privata realizzata nel secondo dopoguerra italiano che mobiliti proprio quelle energie molecolari - le famiglie, le piccole imprese, i professionisti - a cui giustamente si rivolge il Piano casa del governo. Perché non basta conoscere le aree a rischio sismico; dobbiamo sapere quali sono le zone urbane fragili, e quali sono gli edifici più esposti.”, come scrive Stefano Boeri su La Stampa dell’8 aprile.

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