
Leggo su Liberation del 19 aprile che Dominique de Villepin, anziano Primo ministro di Jacques Chirac "valuta che in Francia ci sia un «rischio rivoluzionario»". "Sta montando "una «forte collera» ed una forte «mancanza di speranza»" in ambito sociale. "L'anziano Primo ministro si appella al governo perché «passi ad una velocità superiore» nelle politiche sociali". Ma la tensione sociale non sale solo in Francia. I congressi della Cisl, territoriale e settoriali, in corso già da tempo lo fanno annotare sempre più intensamente, anche se la concretezza ed il grado di speranza ancora presente, al momento, la attenua leggermente. Le stesse notizie del miglioramento del quadro economico diffuse da Confindustriua, attraverso il suo presidente signora Marcegaglia, possono alimentare la speranza di una ripresa lenta (lenta, ma ripresa). Ma non è sufficiente. L'emergenza richiede una strategia d'insieme che sembra procedere al rallentatore. Quanto scritto da Romano Prodi sul Messaggero del 20 aprile fissa alcuni punti fermi, di cui si deve tener conto. «Il primo segnale è puramente politico. Pur non avendo preso nessuna decisione straordinaria, la riunione dei G20 tenuta a Londra all’inizio di Aprile, ha dimostrato che nel mondo si è ricostituito un possibile nucleo di comando. Il fatto che attorno allo stesso tavolo fossero seduti gli Stati Uniti, la Cina e, seppure in modo più defilato, l’Unione Europea, ha mandato a tutti il messaggio che si sta ricostituendo la struttura di comando di cui vi era assolutamente bisogno. Da una crisi anarchica stiamo cioè passando ad un mondo in qualche modo governato.» «Il secondo messaggio (non così positivo ma almeno di minore pessimismo) arriva dagli Stati Uniti, dove gli ultimi dati di alcune grandi realtà economiche, come Citigroup e General Electric, sono meno negativi delle previsioni. La fiducia dei consumatori non potrà riprendersi in modo stabile se gli americani non verranno liberati dalle tre grandi paure da cui sono ancora afflitti , e cioè la paura di perdere le case in conseguenza delle ipoteche non pagate, di vedere i propri fondi pensione decurtati dalla crisi finanziaria e, infine la paura di ammalarsi da parte dei 50 milioni di cittadini che non sono ancora coperti da alcun tipo di assicurazione contro le malattie.» «Più pallidi sono i segnali provenienti dall’Europa, sia per la mancanza di una politica comune a livello continentale, sia per la divergenza delle situazioni dei singoli Paesi europei. Tuttavia non possiamo trascurare il fatto che la caduta si sia molto rallentata anche da noi e che in alcuni settori, come quello dell’automobile, le politiche di incoraggiamento alla domanda abbiano dato frutti certamente incoraggianti e, in ogni modo, assai più positivi rispetto alle previsioni.» «Queste considerazioni però sono sufficienti per dirci che la ripresa nel mondo verrà. Probabilmente dopo l’estate ma verrà. Ma verrà con una radicale redistribuzione del potere fra i diversi Paesi e le diverse classi sociali.»
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