martedì 16 dicembre 2008

• Poteri autoreferenziali con debole controllo ex-post.


UNA PICCOLA REGIONE. UN VOTO DI QUALITÀ IMPORTANTE.
Regionali abruzzesi: certamente al momento non un indicatore particolarmente significativo di quanto sta accadendo per le relazioni quantitative tra i partiti in Italia, ma la reiterazione di un fortissimo segnale per il necessario mutamento della qualità politico-partitica del nostro Paese evitando di allinearci con l'andazzo da "populismo all'italiana" (a suo tempo battezzato dalla Lega Nord e gradualmente penetrato un po' ovunque) e continuando ad operare in un Paese che si accorge della questione morale solo quando qualcuno finisce in galera o alla gogna. La prima "amoralità" pubblica è che si finanzino partiti che non hanno, di fatto, percorsi democratici interni e che si continui a non considerare che il primo problema pubblico è che la gestione del potere pubblico è saldamente tenuto in mano da gruppi dirigenti oligarchici attenti, ma non troppo, a quanto accade nella Comunità e nelle relazioni interpersonali tra i cittadini. Tra i partiti maggiori, l'unico che ha avviato percorsi tendenzialmente morali (nel senso soprarichiamato) è il PD, ma con procedure e tempi attuativi assai lenti e spesso ambigui, comunque non rispettoso dei tempi che richiede la situazione interna ed internazionale. Le culture presidenzialiste ed autoritative (qualcuno le chiama aziendaliste) vanno per la maggiore. Il cittadino, le famiglie si sentono vieppiù marginali ed inciampo occasionale. Ma torniamo a quanto accaduto in Abruzzo. Scrive Federico Geremicca su LA STAMPA di questa mattina: "In definitiva, punto percentuale in più, punto percentuale in meno, è andata come doveva andare. Ed è andata come doveva andare sotto ogni punto di vista. Il voto abruzzese, infatti, non ha riservato sorprese: nemmeno sul fronte, certamente assai allarmante, dell'astensionismo (che sarebbe ora di cominciare a chiamare «voto d'astensione», per la chiara indicazione politica che ormai contiene). Nella regione ha di fatto votato un cittadino su due: e, francamente, ogni sorpresa in proposito è da considerare ipocrita, se non menzognera.
Nel giro di un solo autunno, infatti, gli elettori abruzzesi hanno visto finire in manette la giunta che li governava, hanno assistito alla deprimente rottura tra il governatore Del Turco e il partito che lo aveva espresso (il Pd), per arrivare all'arresto, appena chiuse le urne, del sindaco di Pescara.
Fino a giungere allo spettacolo non edificante del candidato presidente del centrodestra che sollecita curriculum e promette lavoro in cambio di un voto a suo favore. Che in tale scenario - e nonostante la neve e le intemperie - un abruzzese su due si sia scomodato per andare a votare, è quasi un miracolo: altro che «sorpresa per l'alto livello di astensione»." Aggiunge: "A grandi linee, e a spoglio delle schede non ancora ultimato, quel che è accaduto può esser sintetizzato più o meno così: Gianni Chiodi, candidato del centrodestra, è il nuovo presidente della Regione, ma il vero vincitore si chiama Antonio Di Pietro, che ha raddoppiato i propri voti rispetto alle politiche di otto mesi fa, moltiplicandoli addirittura per cinque o per sei in confronto alle elezioni regionali di tre anni fa. Il partito democratico perde un terzo dei voti che aveva (sia rispetto alle politiche di aprile che alla consultazione del 2005), il Popolo delle libertà non aumenta i propri consensi e anzi flette rispetto alle elezioni di questa primavera, mentre il resto (civiche, autonomisti e quant'altro) è magra soddisfazione o lieve depressione sul filo del decimale o giù di lì." L'area centrista dell'UDC-UDEUR conferma il proprio quadro d consenso.

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