sabato 20 dicembre 2008

• Aiutare chi non ha lavoro

«L'approssimarsi del Santo Natale porta quasi naturalmente il mio pensiero alla crisi del lavoro che preoccupa oggi l'intera umanità", ha confessato il Santo Padre.» «Chi ha la possibilità di lavorare sia riconoscente al Signore e apra con generosità l'animo a chi invece si trova in difficoltà lavorative ed economiche». «Il Bambino Gesù, che nella Notte Santa di Betlemme si è fatto uomo per venire incontro alle nostre difficoltà, guardi con bontà a quanti sono duramente provati da questa crisi mondiale e susciti in tutti sentimenti di autentica solidarietà» [Benedetto XVI, Ai membri dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (ULSA), 19 dic. 2008]

Le cifre si rincorrono. Chi calcola 600.000 disoccupati in Italia, nei prossimi due anni. Chi 900.000. Chi parla di quanti sono già senza lavoro e senza sostegno sociale. Chi, aggrappato al mutuo, cerca di non perdere l'alloggio per sé e per la famiglia. Le imprese sono strozzate dalla mancanza di liquidità. Quante parole, quasi a scongiuro del peggio pensabile e possibile. È sempre meno una sorpresa l'anziano che va al mercato delle erbe a cercare di recuperare tra gli scarti la frutta e la verdura, ancora parzialmente usabile. La Caritas parrocchiale o diocesana, sempre più ingolfata. Drammi in atto e che stanno per misurarsi. Drammi degli ultimi tra gli ultimi. Il sistema finanziario ha sollecitato liberismo ed accumulazione - sostanzialmente senza regole - ha fatto più ricco chi già lo era. Ha spinto sotto la soglia della povertà migliaia di persone.
Alcuni politici, dentro e fuori d'Italia, attoniti si arrabattano a cercare toppe della cui efficacia non si può che dubitare, se non altro spesso perché sono i babbi e le mamme del cosiddetto capitalismo compassionevole e della cosiddetta ... economia creativa; riscoprono l'urgenza di una economia etica.
Ho davanti a me molte delle valutazioni ed impegni che, in tempi non sospetti, le ultime encicliche della dottrina sociale cristiana proponevano. Se quei signori le avessero lette, qualche volta, forse avrebbero cominciato prima a riflettere. Sotto le macerie giacciono molte persone, molte famiglie. Se chi è responsabile di tutto questo non vuol fare la stessa fine, insieme ai politici più consapevoli, deve reimpostare una risalita - la più rapida possibile - ed assumere provvedimenti tutti protesi a ridimensionare drasticamente le ricadute.
Augurandoci di non dover assistere ad uno spettacolo incredibile: I politici che hanno operato a sostegno di questo sistema disastroso (tipo alcuni componenti dell'attuale governo italiano) che vengono a spiegare gli errori di quel sistema ed atteggiarsi a 'non corresponsabili'.
Aiutare chi, incolpevole, subisce questa situazione? Come lo si può fare in una situazione come l'attuale? Anche in una realtà come quella della provincia di Livorno (penso a chi è già a casa senza nemmeno un po' di cassa integrazione o simili ovvero alla situazione delicatissima del settore siderurgico dell'area sud della provincia). Mi rendo conto come non sia possibile avere le idee chiare su come l'insieme e l'area possano uscire dall'attuale quadro; tanto più grave in quanto l'incertezza travolge spesso ogni possibile progetto di medio termine (del lungo termine proprio non si può parlare, almeno per ora|).
Non ho lezioni o idee originali da offrire ad alcuno. È troppo facile 'parlare' e 'dare consigli' senza avere poi la responsabilità di misurarsi direttamente ed in concreto con tutta la realtà, ma solo con quel pezzettino con cui si viene immediatamente a contatto.
Ma limitatamente all'ambiente nel quale ho cercato di operare 'per' , quello dell'area ecclesiale, sulla base della dottrina sciale cristiana è urgente schierarsi decisamente e senza mezzi termini con chi sta peggio o non ha voce; non solo attraverso la pur necessaria 'elemosina' (Caritas, Sant'Egidio, attiva presenza parrocchiale, ecc., già 
impegnate a non stare alla finestra ed a far fronte alle debolezze immediate) ma anche attraverso strumenti di volontariato tendenti a dare speranza e aiutando a respingere la resa, l'abbandono alla fatalità (analisi dei potenziali professionali, affiancamento delle azioni delle associazioni consumatori e delle famiglie, assistenza alle piccole marginalità imprenditoriali, pressione costante perché le istituzioni facciano funzionare strumenti incidenti sul breve-medio termine, attenzione ai problemi più urgenti di chi opera in trincea quotidiana come il sindacato dei lavoratori o come le associazioni che associano piccole/medie imprese e cooperative, ecc.).
Riferendomi alla esperienza livornese, anche l'aver esaltato il momento della valorizzazione artistico-museale diocesano è da considerarsi - anche in questa dimensione - in maniera assai positiva. Una gesto ma anche un segnale di speranza.
Anche in questa situazione credo che non si debba surrogare al ruolo che spetta alle Istituzioni o alle parti sociali di vario livello, a loro buchi ed assenze, ma essere momento di stimolo che sottolinea urgenze ed immediatezze come base di partenza per progettazioni e strumentazioni che altri hanno il compito e il dovere di attivare e rendere accessibili, evitando proclami ma compiendo atti ed impegni verificabili in tempi dati.
In questo senso, se parte di un continuum di interventi, assumono un aspetto rilevante la recente preghiera corale per il lavoro della diocesi di Prato o il fare incontri con esperti del lavoro - soprattutto locale - per comprendere quanto sta concretamente accadendo, che fa da sfondo locale e globale alle urgenze individuali conosciute o alle notizie trasmesse mediaticamente.
Queste sono solo delle idee: piccole, molto piccole. Possono essere l'inizio di un percorso per manifestare che non siamo inerti di fronte a quanto sta accadendo; che incide duramente sulla struttura familiare dell'area, già colpita da problemi non facili. Abbiamo il dovere di contribuire a ricostruire anche con le nostre speranze.


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