mercoledì 16 luglio 2008

• Il supersindaco. Giusto per gradire ...

Stando ai progetti ed ai programmi elettorali, sembra che si voglia affrontare il problema della riorganizzazione tecnico-amministrativa delle Istituzioni. Apparentemente si muovono i primi passi, verso l'obiettivo. Il presidente della Giunta della Provincia di Firenze, Matteo Renzi, prende il toro per le corna e scrive cosa pensa. Ne riporto il testo a seguire di questa mia nota, anche perché sono convinto che ogni modifica di tal genere porta inevitabilmente a ricomporre tutto il quadro di riferimento di funzioni e poteri. Queste e quelli non possono prescindere dalla valutazione seria del tipo di partecipazione che si dovrebbe garantire a tutti i cittadini in una democrazia moderna - per come prevista e disegnata dalla nostra Costituzione.  L'ingegneria istituzionale, infatti, può soltanto accompagnare la partecipazione dei cittadini alla formazione delle decisioni comunitarie, sia che si persegua l'obiettivo di garantire a vari livelli il massimo di rappresentatività di interessi e valori civili compatibilmente con le dinamiche globali e locali; sia che si accettino le logiche di permanente ricerca del 'comandante in capo' (che inducono oligarchie e forme elettorali come l'attuale, regionale e nazionale); sia che si perseguano logiche altrettanto appiattenti come quella di credere una nazione o un territorio gestibili con le metodologie delle agorà (che prima o poi fanno apparire sulla scena il voto a domicilio, via internet, ed esaltano alcune ristrette oligarchie) o, se si preferisce, con  le dinamiche dell'assemblearismo permanente. Le valutazioni, quindi, su area metropolitana ed abolizioni delle province debbono stare a cuore perché da sempre 'forma' e 'contenuto' non sono scindibili.

A maggior ragione perché risiedo in un'area della Toscana come Livorno, alla quale ormai si pone attenzione quasi esclusivamente perché funzionale ai due capoluoghi regionali dell'asse dell'Arno: Firenze e Pisa (un po' per proprio demerito un po' per oggettive difficoltà ridistributive del sistema produttivo e di quello dei servizi a livello globale e regionale). Credo che il cosiddetto progetto comprensori, che prese il nome inizialmente dal 'Bartolini' (progetto maturato in campo sindacale e poi distorto sulla base degli egoismi e dei veti incrociati figli delle convenienze e dell'incapacità a progettare il futuro) debba essere rispolverato e riproposto dopo attenta rivisitazione. Sono cioè convinto che quando si affrontano ricomposizioni come quella delle aree metropolitane (ed è una necessità tecnico-amministrativa oggettiva) non si possa prescindere da affrontare il problema del superamento del frazionamento napoleonico dei Comuni e delle Province con le correzioni di epoca fascista o quella più recente che ha interessato Prato (almeno nella nostra Regione) nonché da una strumentazione sistemica che investa l'insieme del territorio. Se ricordo bene all'epoca della Giunta Bartolini si parlò di 24 comuni o aree di programmazione (adottate in via subordinata ed ovviamente fallite soprattutto perché, così impostate, erano considerate da tutti sovrastrutture inutili e dispendiose). 

Su Enews  n. 237  del 15 luglio 2008, Il presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi, scrive:

«Può darsi che io sia superficiale o la faccia troppo spiccia. Ma ho come la sensazione che se c'è un argomento che appassiona gli addetti ai lavori e non interessa per nulla – ma proprio per nulla – le persone “normali” è quello della c.d. "ingegneria istituzionale". È quello cioè di quanti quartieri, quali istituzioni di area vasta, quali strutture devono governare un territorio. Tutto il dibattito sulla città metropolitana, insomma. E dire che agli amministratori questo argomento sembra sempre fondamentale per il futuro.

Seminari, convegni, eventi pubblici: fiumi di parole per stabilire se ci voglia un municipio o un circondario, una provincia o un'area metropolitana. Io penso, invece, che le persone trovino noiosissimo discutere dei contenitori, mentre sono convinto che sui contenuti potrebbe esserci un maggior protagonismo della società. Le persone hanno una voglia di partecipare molto maggiore di quella che noi pensiamo. E compito della politica, in questo momento, dovrebbe essere quello di agevolare le occasioni di confronto sulle questioni serie. Non sui dibattiti autoreferenziali.

Tuttavia mi viene chiesto: perché non parli della città metropolitana? Hai forse paura del supersindaco? L'avete voluto voi... Da qualche mese si parla di abolire le Province. Stava nel programma del PDL e – in modo meno tranchant – anche nel programma del PD. Ho espresso la mia posizione qualche enews fa. Ho detto, in sintesi: non è questa la strada per risparmiare soldi. Si spende più per un decreto che butta soldi nel calderone Alitalia di quanto si risparmia con l'abolizione delle province. Ma se serve dare un segnale che la musica è cambiata, noi ci stiamo. Sarebbe insopportabile che un presidente della provincia dicesse: “No, la mia seggiola non si tocca. Partite dagli altri per favore”. Il Ministro Maroni, con grande disponibilità e apertura al dialogo, ha aperto un tavolo di confronto (ormai chi non fa un tavolo è uno sfigato: con tutti i tavoli fatti la politica è la più grande falegnameria del nostro tempo) su questo tema. Ci ha convocati tutti al Viminale, ha introdotto l'argomento e poi ha ascoltato sindaci e presidenti di provincia delle nove realtà interessate. 

Sintetizzo la mia opinione per punti:

I. In campagna elettorale abbiamo proposto ai cittadini di abolire le province e di fare enti nuovi. Adesso facciamolo. Quello che allontana la gente dalla politica, infatti, non è quello che i politici fanno, ma ciò che non fanno. Hai promesso una cosa? Falla. E falla finita. Quindi: stava nei programmi la città metropolotana? Facciamola. E facciamola bene.

II. Evitiamo la simpatica scenetta per la quale con la scusa di abbassare i costi poi alla fine si spende di più. Per una cosa nuova che facciamo ce ne devono essere almeno due che eliminiamo. Se devo chiamare città metropolitana quella che prima chiamavo provincia va a finire che l'unica novità è la carta intestata. Non mi sembra un capolavoro... Vuoi la città metropolitana? Bene. Nel farla, abolisci tutto quello che puoi abolire, cominciando ovviamente dalle province. Ma guai a creare doppioni o brutte copie.

III. Eleggere un supersindaco può essere una buona idea se diamo alla città metropolitana competenze vere. Vere. Vere. Qualcuno pensa a un supersindaco come a SuperPippo dei fumetti: gli dai una nocciolina e si trasforma. Qui le cose sono un po' più complesse. Se non dai poteri reali, a che serve il tutto? Ok le competenze della Provincia che aboliamo. Ok una parte delle competenze dei comuni. Ma bisogna che qualche competenza sia “mollata” dalle regioni. Troppo spesso quando si parla di fare tagli e di semplificare le regole del gioco, le Regioni sembrano assenti. È un atteggiamento sbagliato. Le competenze delle Regioni sono tante: bisognerebbe che qualcuna di queste, le più legate ai tessuti urbani, passassero alla costituenda città metropolitana. Come dite? Ci vorrebbe un miracolo? Forse. Però mi sono stufato di vedere gli enti locali additati come luogo di spreco: se penso che il sindaco di Firenze ha uno stipendio decisamente più basso dell'ultimo capo segreteria di un assessore regionale...

IV. Firenze: il sindaco Domenici ha detto “Possiamo partire subito, con una città metropolitana che comprenda i 44 comuni della Provincia”. Io dico ok, ci sto. Mi sembra che partire subito sia un'ottima idea. Ma se la città metropolitana sarà una cosa seria – e se non lo è, inutile perder tempo – bisogna avere il coraggio di dire una cosa semplice semplice. Che un livello di governo metropolitano che si rispetti non può tener dentro Palazzuolo, Londa, San Godenzo e Montaione e lasciar fuori Prato. È una roba fuori dalla realtà. Mi scappa da ridere. Noi andiamo in Europa a dire che abbiamo uno status di città metropolitana con poteri maggiori, che però esercitiamo a Gambassi Terme o a Marradi e non a Prato. Secondo me ci pigliano per matti.

V. Ho provato a dire questa cosa di Prato e come al solito ho fatto arrabbiare tutti. Ora, non voglio fare come Jessica Rabbit che diceva “non sono cattiva è che mi dipingono così” anche perché di Jessica Rabbit non ho – diciamo – il fisico. Ma francamente non ho capito la levata di scudi pratese contro questa posizione che mi sembra di semplice buon senso. Se facciamo la città metropolitana per bene, ci deve stare anche Prato e non solo Galleno di Fucecchio. Se non la facciamo bene, a che serve? E a chi serve?»

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