domenica 20 luglio 2008

• Dieci anni per salvare la terra

da EUROPA di sabato 19 luglio 2008
di Al Gore
Ci sono momenti nella storia della nostra nazione in cui il nostro modo di vivere dipende dal dissipare le illusioni e svegliarci davanti alla sfida del pericolo che abbiamo davanti. In situazioni del genere, siamo chiamati a muoverci subito e con audacia per scrollarci di dosso il compiacimento, dimenticare le vecchie abitudini e sollevarci, tenendo gli occhi ben aperti, davanti alla necessità di grandi camb i a m e n t i . Coloro che per qualsiasi ragione rifiutano di fare la loro parte devono essere persuasi a unirsi agli sforzi o invitati a farsi da parte. Questo è uno di quei momenti. La sopravvivenza degli Stati Uniti così come li conosciamo è a rischio. Non solo: è in gioco il futuro stesso della civiltà umana. Non ricordo un periodo in cui, nel nostro paese, tante cose, contemporaneamente, sembrano andare così male. La nostra economia è in pessima forma e va rallentando, i prezzi della benzina stanno crescendo in modo drammatico, e così le tariffe dell’elettricità. Il lavoro viene delocalizzato all’estero. Il sistema dei mutui sta collassando. Le banche, le aziende automobilistiche e altre istituzioni da cui dipendiamo sono sotto una pressione crescente. Brillanti leader del mondo degli affari ci dicono che tutto questo è solo l’inizio, a meno che non troviamo il coraggio di fare qualche importante cambiamento. Adesso. La crisi climatica, in particolare, sta diventando sempre più accentuata, in modo molto più rapido di quanto non fosse previsto. Gli scienziati che hanno accesso ai dati elaborati dalla marina, i cui sommergibili transitano sotto i ghiacci dell’Artico, ci indicano che c’è il 75 per cento di probabilità che entro cinque anni l’intera calotta polare si scioglierà durante i mesi estivi. Due imponenti studi, effettuati dagli esperti dell’intelligence dell’esercito, hanno avvertito i nostri leader delle implicazioni, pericolose, che le crisi climatiche potrebbero avere sulla nostra sicurezza nazionale, compresa la possibilità di vedere, complice il global warming, centinaia di milioni di rifugiati. Un esodo di persone, questo, suscettibile di destabilizzare le nazioni di tutto il mondo. Nel frattempo la guerra in Iraq continua e la situazione in Afghanistan sembra peggiorare. E il “tempo” sembra impazzito. Non è così? Sembrano esserci più tornado che mai, siccità più lunghe, diluvi più intensi e allagamenti mai visti. Sono convinto che una delle ragioni per cui sembriamo paralizzati di fronte a queste crisi è la nostra tendenza a offrire soluzioni vecchie a ciascuna di queste problematiche, che per giunta trattiamo separatamente, senza prendere in considerazione i legami con le altre. Eppure, se guardiamo contemporaneamente a tutte queste sfide, ci accorgiamo che c’è un filo che le lega: la nostra pericolosa dipendenza dai combustibili fossili è il cuore delle tre grandi sfide che dobbiamo affrontare – la crisi economica, quella ambientale e quella della sicurezza nazionale. Ma se prendiamo il filo comune e lo tiriamo forte, tutti questi problemi complessi cominceranno a dipanarsi e scopriremo che abbiamo già la risposta per ognuna di queste questioni. E la risposta, appunto, è che dobbiamo mettere fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili. Che succederebbe se potessimo usare carburanti che non siano costosi, che non inquinino e che siano abbondantemente disponibili, proprio qui sul nostro territorio? Questo tipo di carburanti ce l’abbiamo. Gli scienziati hanno confermato che sulla superficie della terra cade ogni quaranta minuti energia solare sufficiente per soddisfare per un anno intero il cento per cento dei bisogni energetici di tutto il mondo. Sfruttare solo una piccola parte di questa energia solare potrebbe fornire tutta l’elettricità che l’America usa. Attraverso i corridoi del Midwest soffia ogni giorno abbastanza energia eolica da incontrare il cento per cento della domanda di elettricità degli Stati Uniti. E l’energia geotermica può fornire allo stesso modo moltissima elettricità al nostro paese. Possiamo cominciare oggi stesso a usare l’energia solare, eolica e geotermica per fornire elettricità per le nostre case e i nostri negozi. Ma per rendere questa fantastica potenzialità una realtà e risolvere veramente i problemi della nostra nazione, abbiamo bisogno di un nuovo inizio. Oggi sfido il mio paese a impegnarsi per produrre il cento per cento della nostra elettricità da fonti rinnovabili e carbon free entro dieci anni. Questo obiettivo è raggiungibile, abbordabile e rivoluzionario. Rappresenta una sfida per tutti gli americani.
Qualche anno fa non sarebbe stato possibile lanciarla. Ma qualcosa è cambiato. La netta riduzione dei costi che si sta registrando nel campo dell’energia solare, eolica e geotermica, associata al recente e drammatico aumento dei prezzi del petrolio e del carbone, hanno radicalmente modificato l’economia dell’energia. Quando sono entrato per la prima volta al Congresso, 32 anni fa, ho ascoltato esperti testimoniare che se il petrolio fosse salito a 35 dollari al barile, le fonti di energia rinnovabile sarebbero diventate competitive. Be’, oggi il costo del petrolio è di 135 dollari al barile. Più la domanda di energia rinnovabile cresce, più i costi continueranno a diminuire. A coloro che dicono che dieci anni non sono abbastanza, chiedo di considerare quello che gli scienziati ci dicono sui rischi cui andiamo incontro se non agiamo entro questo arco di tempo. Quando il presidente John Kennedy lanciò il programma per mandare l’uomo sulla luna e riportarlo indietro sano e salvo, molte persone dubitarono che avremmo potuto raggiungere quell’obiettivo in dieci anni, come insisteva Jfk. Ma otto anni e due mesi dopo, Neil Armstrong and Buzz Aldrin camminavano sulla superficie della luna. Certo, raggiungere il cento per cento di energia rinnovabile e pulita in dieci anni richiede il superamento di molti ostacoli. Uno dei più grandi è il cattivo funzionamento della nostra politica e del nostro sistema di governo, così com’è oggi. Negli ultimi anni ci si è concentrati su politiche pensate per evitare di offendere gli interessi particolari, alternate a piccoli passi, comunque occasionali, nella giusta direzione. La nostra democrazia è sclerotizzata, in un momento in cui queste crisi richiedono audacia. Molti americani cominciano a domandarsi se non abbiamo semplicemente perso il nostro appetito per soluzioni politiche ambiziose. Ma ho cominciato a sentire voci diverse in questo paese, voci di persone che non solo sono stanche della politica dei piccoli passi e degli interessi particolari, ma sono affamate di un nuovo approccio, diverso e coraggioso. Siamo alla vigilia delle presidenziali. Siamo nel mezzo di un processo per un trattato internazionale sul clima che si concluderà prima della fine del primo anno di mandato del nuovo presidente. Dobbiamo muoverci per primi, perché è la chiave per far sì che altri paesi ci seguano e perché è nel nostro interesse nazionale farlo. È un momento “generazionale”, in cui decidiamo il nostro cammino e il nostro destino collettivo. Chiedo a voi – a ciascuno di voi – di unirsi a me per costruire il futuro. Unitevi alla mia campagna su www.wecansolveit.org, abbiamo bisogno di voi. Il 16 luglio 1969 gli Stati Uniti erano finalmente pronti a rispondere alla sfida del presidente Kennedy di far sbarcare gli americani sulla luna. Non dimenticherò mai che stavo accanto a mio padre, a poche miglia dal sito di lancio, aspettando che il gigantesco razzo Saturno 5 sollevasse l’Apollo 11 in cielo. Non dimenticherò mai l’ispirazione di quei minuti. E poi, quattro giorni dopo, ho guardato, assieme a centinaia di milioni di persone nel mondo, Neil Armstrong che faceva un piccolo passo sulla luna e cambiava la storia dell’umanità. Dobbiamo spingere la nostra nazione a raggiungere un altro obiettivo capace di cambiare la storia. La nostra stessa civilizzazione dipende dal nostro imbarcarci, adesso, in un nuovo viaggio di esplorazione e scoperta. Ancora una volta, abbiamo l’opportunità di far fare un salto gigantesco all’umanità.
* Stralci dal discorso pronunciato giovedì alla D.A.R. Constitutional Hall di Washington

1 commento:

Ettore ha detto...

EUROPA- sabato 26 luglio 2008

STATI UNITI
Al Gore rilancia la sua utopia verde
L’ex vicepresidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace vuole cambiare il clima nei prossimi dieci anni. «Una proposta irrealistica», scrive il SF Chronicle.

Non ha usato giri di parole l’ex vicepresidente statunitense Al Gore durante un suo recente discorso a Washington: “L’America ha solo dieci anni di tempo per salvare la Terra”. Gore ha lanciato poi una proposta – riconvertire tutta la produzione elettrica degli Stati Uniti alle fonti rinnovabili nella prossima decade – che alcuni commentatori della stampa nazionale hanno considerato “utopica e irrealizzabile” e altri “un’idea rivoluzionaria per salvare il pianeta”.
Il Seattle Post-Intelligencer si colloca in quest’ultima categoria: «L’America è diventata il paese che tutti conosciamo perché è sempre riuscita a vincere sfide che all’inizio sembravano impossibili.
L’idea di Gore, nonostante le difficoltà, potrebbe essere realizzata per davvero se solo il governo decidesse di investire molti più soldi nella ricerca energetica».
Altri quotidiani invece, come per esempio il San Francisco Chronicle , considerano la proposta di Gore «una soluzione completamente irrealistica: aumentare la quota di energia prodotta dall’eolico e dal solare è sicuramente un fatto positivo, ma pretendere di chiudere tutte le centrali elettriche a combustibile fossile nei prossimi dieci anni è una follia. Una follia costosa, per giunta: il costo del progetto ammonterebbe all’iperbolica cifra di 1,5 trilioni di dollari».
Anche il National Review si dimostra critico: «È un’idea completamente campata per aria. Al Gore predice catastrofi, siccità e tornado per i prossimi anni: peccato però che gran parte dei dati scientifici in suo possesso sia totalmente sbagliata».