sabato 9 gennaio 2010

• ROSARNO e quante altre?


Tre irresponsabili sparano a dei poveracci già ampiamente umiliati e vessati, in cerca di una overdose di emotività in un ambiente già caldo e teso. Per propria imbecillità e irresponsabilità o perché qualcuno doveva platealmente marcare il territorio per dire a chi agiva in nome dello Stato rendendo più incisiva la risposta alle intimidazioni e procedeva a sequestri di beni di origine criminale? Qualunque fosse il motivo da promuovere, non era difficile rinfocolare l’odio e l’intolleranza per il diverso - il nero, in questo caso - che si considerava un sopportato per necessità - un servo della gleba -, uno che chiedeva l’elemosina di un pezzo di pane (14 ore di lavoro durissimo per 25 euro al giorno e senza alcuna tutela) e che lo si rintanava in ricoveri-porcili occasionali. Il diverso - la vittima - ha cercato di dire BASTA. È stato ‘cacciato’; qualcuno lo ha colpito a sprangate e fucilate, qualche altro ha trovato i mezzi di trasporto. Doppiamente vittime, i diversi. Altre vittime (quelle con residenza locale) che si trasformavano in persecutori.
Il lavoro dei diversi, ora, lo deve fare qualche altro, con o senza il caporalato, con o senza la sovrintendenza della ‘ndrangheta locale. I delinquenti che hanno tenuto i diversi in quelle condizioni salariali e subumane qualcuno li cerca e persegue? Quando andranno in galera? I mancati o superficiali controlli di Ministero del lavoro, Regione, Inps, ecc. sono stati mai fatti? Con quali conseguenze?
Ora sta cominciando l’operazione scaricabarile: qualcun’altro è sempre responsabile. A mio parere, salvo prova contraria, lo sono tutti quelli che in questi anni hanno gestito il potere locale, regionale e nazionale. Il comune di Rosarno è da tempo commissariato per mafia.
L’odio e l’intolleranza era facile rinfrescarli, a Rosarno come nei tanti punti nei quali se ne creano le condizioni, culturali ed emotive, al sud, al centro ed al nord.
Cesare Martinetti ha scritto, tra l’altro, su
LA STAMPA di oggi: « La rivolta di Rosarno è scoppiata nelle stesse ore in cui il ministro dell’Interno, a distanza di pochi chilometri, discuteva con i responsabili dell’ordine pubblico in Calabria la risposta dello Stato alla bomba esplosa contro la procura. Una coincidenza casuale ma davvero simbolica che nella saldatura tra l’emergenza cronica chiamata mafia ('ndrangheta, camorra, ecc.) e la nuova emergenza che si chiama immigrazione ci consegna all’inizio di questo 2010 un’agenda sociale drammatica. Quello che sta accadendo a Rosarno in queste ore ci riguarda tutti: il nostro quartiere, le nostre periferie, a Sud e a Nord, interroga la nostra coscienza di cittadini, sfida l'intelligenza e mette alla prova quello che si chiamava il sentimento democratico. Non è un problema solo italiano. Una rivolta del tutto analoga a quella di Rosarno è scoppiata qualche mese fa a Calais, nel Nord della Francia» Come non convenirne o chiudere gli occhi rifugiandosi in un bubbolio da barrino trasandato? o scaricando sugli immigrati responsabilità non loro, glissando sui problemi posti dall’essere uomini e donne a pieno diritto / dovere di cittadinanza che ci hanno dato una mano per mesi od anni?

1 commento:

Ettore ha detto...

da CONQUISTE DEL LAVORO - 13/1/2010
Rosarno. Giovedì presidio sindacati contro razzismo

"Quello che è successo nei giorni scorsi a Rosarno potrebbe facilmente accadere in altre parti d'Italia". Cgil, Cisl e Uil di Torino motivano così la scelta di organizzare un presidio contro lo sfruttamento e il razzismo, che si svolgerà giovedì prossimo, 14 gennaio, sotto la prefettura, in piazza Castello. "La tragedia di Rosarno - si legge in una nota delle sigle confederali - parla a tutto il Paese: bisogna ricostruire delle relazioni che mettano al centro la capacità di convivere con le diversità, del vivere insieme, del rispetto di diritti e di doveri di cittadinanza e del lavoro per tutti e da parte di tutti". "Non è condivisibile - proseguono i sindacati torinesi - che una manifestazione di giusta protesta sia degenerata ingiustamente anche a danno della popolazione locale. Questa situazione è il frutto di una politica migratoria non governata e dell'incancrenirsi di situazioni di estremo sfruttamento e degrado, dove lo sbocco della guerra tra poveri, presto o tardi, rischia di diventare l'esito più probabile". Secondo Cgil, Cisl e Uil, "la società civile non può rimanere indifferente e deve mobilitarsi e reagire. La partecipazione - concludono i sindacati torinesi - è la strada per combattere la violenza".