sabato 16 gennaio 2010

• Il quadro odierno di PD, PDL e UDC

Nella nota redazionale di EUROPA mentre si fanno plausibili valutazioni nei confronti degli ex-popolari/margheritini (cofondatori del PD) non si fanno analoghe valutazioni sugli ex-diessini, come se questa interfaccia del problema non si ponesse. Allo stesso tempo chi ha aderito al PD, senza militanza pregressa, sembra in disparte come se non fosse interessato al problema; come se on fosse attraversato da inquietudini sempre più forti. L'abbandono della sponda PD da parte di Lusetti, Carra ed altri sono sintomi di un rifiuto all'assorbimento degli uni sugli altri, che sembra manifestarsi in forme e modi diversi con riguardo ai territori presi in considerazione oppure alle specificità merceologico-professionali.
La nota di
EUROPA somiglia ad una fase successiva al ‘ridimensionamento’ della spinta unitaria che aveva presieduto al progetto di unità sindacale degli anni ’70 che abortì nella sua fase mediana e che trovò al momento una sponda ‘salvagente’ nella cosiddetta Federazione unitaria.
Credo che tutti, nessuno escluso, dovremmo ricordare che il processo di unità sindacale organica degli anni '70 fallì in primo luogo per la vocazione alla '
grande CGIL' ed alla 'grande CISL’ dei conservatori dell'una e dell'altra sponda. Ovviamente con 'grande' non si indicavano solo numeri ma soprattutto il prevalere di una linea politico-strutturale tipica delle varie sponde 'ex' ! Anche allora c'era un terzo raggruppamento (gli 'unitari') di chi cercava una sintesi 'politica' attraverso un intenso confronto interno al sindacato, coi lavoratori. Fu sconfitto dai conservatori dell'una e dell'altra sponda pregressa, nonostante gli 'unitari' fossero oltre un terzo di Cgil, Cisl e Uil prese nel loro insieme. Mi sembra che si stia riproducendo, in maniera molto più confusa, quel fenomeno (anche perché oggi le spinte e le controspinte provenienti dalla realtà socio-economica e dalle forzature non-partecipative sono assai diverse da allora). Da sottolineare, però, che allora il dibattito interno alle varie organizzazioni e nei luoghi di lavoro, intenso e partecipato, avvenne in costanza di capacità di proposta e di azione in difesa di chi si rappresentava. Oggi, al contrario, nel PD si procede spesso chiamando alla consultazione interna degli iscritti, ma in maniera molto relativa alla partecipazione alla formazione delle decisioni. Almeno dalle nostre parti!
Tutto questo avviene mentre il
PDL è in piena crisi interna di rapporti e di idee; basta guardare all'esito del colloquio Berlusconi-Fini sotto le sbirciate sospettose di Bossi. Mentre continuano a correre i gravi problemi dell'occupazione e delle vicende economico-produttive con gravi ricadute sulle persone e le loro famiglie. La lettera del ministro Brunetta di oggi a LA STAMPA sulla governabilità per decreti legge dimostra che la involuzione della nostra democrazia bussa alle porte, in un quadro sempre più preoccupante.
L'
UDC? Risente ancora fortemente delle ambiguità che ne hanno caratterizzato finora il percorso: partito di cattolici o partito di liberali nel quale al momento sono confluiti anche cattolici? partito ideologico che guarda avanti o partito che guarda a libertà e solidarietà?
Una cosa è certa: chi oggi opera e opta per una delle tre formazioni partitiche sarà chiamato, a distanza ravvicinata, a fare scelte che incideranno fortemente sulla nostra democrazia, sulle nostre relazioni sociali, sul nostro ruolo a livello europeo e globale. Queste scelte non dovrebbero poter consentire ambiguità: a nessuno.

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