domenica 21 settembre 2008

• « Ué pirla» !

Anche il nostro Paese deve fare i conti coi fenomeni della immigrazione recente e confrontarsi culturalmente coi diversi - comunque si chiamino. Eppure anche noi siamo un popolo di immigrati, da secoli. Gli ‘originari’, ancora riconoscibili, sono veramente pochi. Si strilla per i Rom (che da sempre sono fra noi!), per i romeni e gli originari dell’ex europa orientale, per i ‘neri’ e i magrebini. Hanno disturbato il nostro quieto vivere e la nostra voglia di lasciare tutto hinc et nunc. Pronti però ad accogliere e far nostre le immagini e le icone che i vari canali di comunicazione ci sottopongono da ogni latitudine della terra; troppo spesso senza comprenderne qualità ed origini, con risultati disastrosi. In queste ore i mass media ci propongono i ‘duri’ cortei di Castel Volturno e di Milano.

Scrive Cesare Martinetti, su LA STAMPA, della ‘generazione Balotelli’: «Attenzione a quei ragazzi con la faccia nera che dicono «oh madonna» e masticano dei «ué pirla» come se fosse chewing-gum. Vengono dalle periferie di Baggio o Cusano. Ma anche da quartieri residenziali di Monza o della Brianza. Sono arrivati nel centro di Milano a urlare «bianchi vi odiamo» con la ruvida parlata lombarda. Sono ragazzi come i nostri, parlano come i nostri, ascoltano la stessa musica nell’iPod, vestono le stesse t-shirt «Armani jeans», mangiano, bevono, sognano le stesse cose dei nostri. Esultano per i gol di Balotelli, ma anche per quelli di Del Piero, sono i compagni di scuola dei nostri. Sono dei ragazzi italiani, sono quelli che chiamiamo con un ossimoro gli «immigrati di seconda generazione», figli di veri immigrati o anche ragazzi adottati che ieri hanno portato la loro faccia nera dalle parti del Duomo per far pesare quell’essere «neri», anzi «100 per cento neri», come diceva la maglietta di uno di loro, per sottolineare la differenza con i ‘bianchi’.» Quei ragazzi, in Lombardia ma anche in Campania, manifestavano la loro rabbia e la loro indignazione spinti da due fatti diversi: la bastonatura a morte di uno di loro a Milano, la strage camorristica di Castel Volturno. Gli uni, con passaporto, nascita ed educazione italiana come noi. Gli altri come immigrati di prima generazione (qualcuno anche clandestino) sfruttati e taglieggiati che in nome della sopravvivenza cercano quotidianamente di soddisfare nostri egoismi e vizi. Gli uni e gli altri «volevano parlare di loro stessi e raccontavano di questa Italia forse non razzista, ma certamente iniqua, febbrile, sovreccitata, arrogante, criminale che vuol fare la guerra ai clandestini e scopre invece un sabato pomeriggio di settembre nel centro di Milano che una nuova contraddizione le sta già scoppiando in pancia: gli italiani neri che come gli americani neri negli Anni Sessanta sfilano per chiedere «uguali diritti». Con l’accento lombardo.»

La questione razziale si è ora, anche formalmente, aperta in Italia. Da tempo covava nel quotidiano. Non ci sono da invocare né buonismi né ‘difensivismi di gente impaurita da ciò che non conosce’. Ma solo recuperare la capacità di vincere le nostre paure con la conoscenza reciproca e batterci perché fondamentalismi di ogni genere - degli uni e degli altri - non travolgano la nostra società. La parola “insieme” non può essere solo uno slogan o una sciroppata propagandistica. Tra noi da sempre ci sono persone che accettano le regole della società e della convivenza fra diversi (secondo le tre regole da tutti accettate: libertà, uguaglianza, solidarietà) ed altri che le rifiutano in nome di superiorità improponibili o di prepotenze inaccettabili. Questi ultimi non devono prevalere. Mai.

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