
C’è chi, come Marco Conti su ‘Europa’ ritrova una causa strutturale. «L’origine dei mali passati e presenti di Alitalia è riassumibile in uno slogan sciagurato: «Il paese non può non avere una compagnia di bandiera, e quindi Alitalia non può fallire» (molte altre compagnie di bandiera sono fallite, o sono in vendita senza drammi di sorta. Anche la vendita a AirFrance-Klm era in questa logica, e non avrebbe avuto problemi). E quel messaggio viene immediatamente e correttamente interpretato da management, sindacati, fornitori, enti locali eccetera come: «Chiedete, e vi sarà dato». Liquidazioni agli amministratori, contratti d’oro ai dipendenti, due (o tre) hub antieconomici, forniture costosissime. Alla fine i contribuenti pagano 5 miliardi, e il piano del Cai ne prevedeva altri tre. Ma perseverare diabolicum, e i nodi sono venuti al pettine; le aspettative dei vari sindacati, abituati a ripiani pubblici continui, sono risultate incomprimibili. Appare evidente che il governo “liberale” di centrodestra, sull’onda del recente Tremonti- pensiero (colbertiano e “antimercatista”), ha scordato che l’Europa è stata costruita principalmente per liberare i cittadini dal potere e dall’inefficienza dei monopoli: il concetto stesso di “campione nazionale” contraddice il progetto europeo.».

C’è chi, come Lucia Annunziata su "La Stampa", parla di scommessa di Epifani in funzione della leadership del Partito Democratico. «Sono stati scomodati i controllori di volo di Reagan e i minatori della Thatcher per ricordare la gravità dello scontro sull’Alitalia. Non molto è stato detto invece di una partita che rende ancora più rilevante, se possibile, il braccio di ferro intorno alla compagnia di bandiera: il destino e la leadership del Partito democratico. Il Pd non è apparso un soggetto

È francamente azzardata e forzata la lettura della Annunziata e non esalta - come ha l’aria di voler fare - la propria capacità di capire ed intuire, deduttivamente, quanto si rileva nella vicenda. Almeno me lo auguro per il rispetto che ho per Epifani e per ciò che rappresenta la Cgil. Finora - pur tra proprie frequenti oscillazioni ed incertezze - insieme a Cisl ed Uil ha salvato il Paese da spinte - più o meno evidenti - di tipo asolidale ed antidemocratico.
La presa d’atto che la vicenda negoziale di quest’ultimo periodo di Alitalia è stata condotta con sicuro dilettantismo e grande irresponsabilità è un dato di cui - purtroppo - bisogna prendere atto. Lo dice l’ira manifesta di Berlusconi. Lo dicono esplicitamente le parole di Veltroni. Lo conferma il ministro/ombra, Enrico Letta, su “Europa”: «Hanno perso tutti. Per l’Italia è un altro passo in giù. Non c’è niente da applaudire e niente di che rallegrarsi. Ora c’è da tenere solo i nervi saldi, capire quali sono le responsabilità e gli errori e mettere in campo immediatamente scelte che parlino al futuro.
Le responsabilità di Berlusconi sono evidenti. Stride il contrasto tra le sue accuse, oggi, ai sindacati per non aver firmato e il suo sostegno, cinque mesi fa, a quegli stessi sindacati perché non firmassero l’ accordo con Air France-Klm. Quel possibile accordo emerge oggi come la soluzione ideale rispetto ai pasticci presenti e alle buie prospettive future.»
Le conseguenze le pagano tutti gli italiani - se non arriva qualche salvagente all’ultimo tuffo!
È stato posto in gioco il ruolo del sindacato nella società, quindi del pluralismo societario sul quale si basa la nostra democrazia partecipata; la struttura delle relazioni industriali; la capacità e possibilità dello Stato di mantenere l’equilibrio corretto dei poteri socio-economici; il nostro modo di agire all’interno dell’Europa-stato. Alla resa finale dei conti (anche se ancora da definire con chiarezza) sembra accertato un ‘buco’ da circa 10 miliardi nel bilancio dello Stato.
Chi ha fatto fallire la soluzione proposta, a suo tempo, dal governo Prodi è corresponsabile di questo quadro.
Nessun commento:
Posta un commento