martedì 20 ottobre 2009

•LAVORO - Posto fisso, ... e i precari?

Costantino Corbari informa su CONQUISTE DEL LAVORO di oggi : «"Non credo che la mobilità di per sé sia un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso è la base su cui organizzare il progetto di vita e la famiglia. La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no". Parole del ministro dell'Economia e Finanze Giulio Tremonti, a conclusione dell'intervento nell'ambito di un incontro sulla "partecipazione nell'impresa e azionariato dei lavoratori" tenutosi ieri a Milano.» Quasi tutti i quotidiani le richiamano come un grande obiettivo, che finalmente qualcuno pone all’attenzione dell’opinione pubblica. «Si possono mettere in discussione dieci anni di politiche del lavoro, nonché i contenuti di un Libro bianco sul welfare pubblicato solo cinque mesi fa, in meno di un minuto?» commenta Luca Pesenti sul SUSSIDIARIO. Su quasi tutti i quotidiani di stamani: la bagarre! È francamente sconcertante.

Sono alcuni anni che sindacati ed opposizione chiedono di smetterla di far ruotare il dibattito intorno a Berlusconi ed alle sue personali istanze (positive o negative che siano) per parlare delle conseguenze delle ricadute del disastro finanziario di derivazione liberistico-occidentale sulla gente comune, sul lavoro, sull'impoverimento di professionalità, sull'innovazione; di far riassumere primato e priorità alla PERSONA ed alla FAMIGLIA in modo da dare un significato alla 'invocazione' di un profondo cambiamento delle leadership che hanno consentito il disastro. La stessa chiesa cattolica si è chiaramente e severamente espressa su tutto questo ad ogni livello. Mi fa perciò ancora più effetto tutto il polverone che si fa sulla nuova posizione 'politica' e 'progettuale' espressa da Tremonti. Dov'era quando il partito democratico presentava in Parlamento tentativi normativi di tamponamento dei drammi di chi era travolto dal disastro (lavoratori dipendenti, autonomi e piccole imprese) e la maggioranza (di cui Tremonti fa parte primaria) li respingeva votando contro senz'altra motivazione che prima bisognava parlare di altro - senza indicare chiaramente di cosa e perché? Dov'era quando dalla sua stessa maggioranza si rimetteva in discussione l'unità dell'Italia proprio alzando il dito censorio sulla qualità e quantità del lavoro in alcune regioni 'povere' e 'destrutturate'? Dove, quando - sempre dalla maggioranza di cui fa parte - si accentuavano le disuguaglianze (sul piano dei diritti e dei doveri) tra i cittadini ad ogni livello?


2 commenti:

Unknown ha detto...

L'autore sembrerebbe avere ragione: la cassa di risonanza data alle dichiarazioni di Tremonti pare davvero eccessiva. Specialmente se pensiamo che non esprime certo tesi originali, visto che prima di lui altre voci, più o meno autorevoli, si erano espresso in questo senso.
La Chiesa da parecchio ha nettamente espresso posizioni estremamente severe nei confronti del liberismo selvaggio che avviluppa l'occidente dagli anni '80 in poi - ma almeno i germi di questo sono precedenti, quei germi che hanno causato il fallimento di Breton-Woods avvenuto, di fatto, nel ’73.
Anche il PD, se pur in maniera confusa, balbettante, e poco incisiva – qual la sua cifra, purtroppo - aveva cominciato a sostenere tesi Keynesiane. Il tutto, però, è sempre passato in un silenzio ovattato.
Perché quando è invece è Tremonti ad esprimersi in un certo modo ottiene un simile controcanto?
Non è (solo) un problema di monopolio dell’informazione, a mio parere c’è dell’altro e – per quanto riguarda il Pd – ancor più grave.
Per quanto riguarda Santa Romana Ecclesia, la risposta è, a mio avviso, chiara: quando si esprime sui temi etici son tutti lì a fare da megafono: a destra lodando ed a sinistra lanciando strali, ognuno per tirare acqua al proprio mulino. Quando invece prende posizioni – e le prende, anche nette – su economia, politiche sociali, immigrazione et cetera ecco che allora gli altoparlanti politici cessano di funzionare. A destra per evitare di dare risalto a critiche che potrebbero avere esiti politici letali, vista la patente di “unici difensori della vera fede” che i maggiorenti del Pdl si sono autoattribuiti; a sinistra per non venire scavalcati da una voce autorevole che, aimeh, afferma in maniera migliore e maggiormente strutturata idee e prospettive che il PD riesce appena ad accennare.
Il silenzio sulle tesi del PD, va detto, è anche dovuto al fatto che ogni giorno si inventa una linea nuova su qualsivoglia argomento. Non dimentichiamoci, infatti, che il Pd ha pensato bene, sperando invano nel consenso elettorale, di rincorrere la rozza e brutale ideologia della destra oltre che sul piano della sicurezza anche su quello dell’economia. E via con le lodi al libero mercato, entità perfetta capace di autoregolarsi se non influenzata da quella robaccia chiamata “Stato”, fino alle sperticate lodi verso Margaret Tatcher, la lady di ferro che spezzò le reni ai minatori inglesi, creando disastri sociali senza precedenti, e secondo la quale: “quella cosa chiamata Società non esiste”. Posizioni, queste, portate avanti da un partito che si dice di centrosinistra e che, sempre a parole, dovrebbe coniugare socialdemocrazia e cattolicesimo sociale. Se nessuno ci prende sul serio, poi, non lamentiamoci.
Questo è il problema – enorme – del PD odierno: tutti – dirigenti grandi, medi, piccoli fino ai nani e alla ballerine giunti a noi dai favolosi anni ’80 Craxiani - sono titolati a esprimere la prima cosa che passa loro per la testa. E infatti il nostro partito non ha più autorità per esprimere posizioni e visioni del mondo e della vita. Autorità che invece è concessa a Giulio Tremonti, anche da sinistra. Siamo al dissesto cultural-ideologico, e forse è già troppo tardi per porvi rimedio.

Ettore ha detto...

caro Filippo, In troppi stanno rincorrendo qualsiasi cosa sia ascrivibile a Berlusconi, buona o cattiva che sia. Qualsiasi altra non esiste e si cita solo per amicizia o per cortesia. È certamente colpa, a mio avviso, dello stato confusionale di alcuni gruppi dirigenti, anche del PD, ma è soprattutto figlia di un generale ritardo culturale che fa giudicare e valutare tutto sulla base di schemi obsoleti nonché della voglia di essere 'a la page'. Alcuni gruppi dirigenti del PD - o per paura di Di Pietro o in caccia di presupposti per future alleanze hanno sempre da ridire o cercano di ignorare/criticare quanto hanno detto gli uni o gli altri. La fine dell'attuale percorso del PD sono convinto che porterà ad un forte recupero di personalità ed al rifiuto di ogni banalizzazione. Per questo il 25 andrò a votare alla primarie 'pubbliche' e cercherò di farci andare più persone possibile. Spero di non illudermi.