mercoledì 4 novembre 2009

• Morte lenta e indolore della democrazia?

In questi giorni mons. Bottoni, al Campo della Gloria del cimitero monumentale di Milano a nome dell’arcivescovado di Milano ha detto e scritto che i fatti coi quali ci confrontiamo ogni giorno propongono una forma di ‘eutanasia della democrazia’. «Tutti riconosciamo che ad indebolire la tenuta democratica del paese possono contribuire: campagne di discredito della cultura politica dei partiti; illecite operazioni dei poteri occulti; monopolizzazioni private dei mezzi di comunicazione sociale; mancanza di rigorose norme per sancire incompatibilità e regolare i cosiddetti conflitti di interesse»; « mito della governabilità a scapito della funzione parlamentare della rappresentanza; progressiva riduzione dello stato di diritto a favore dello stato padrone a conduzione tendenzialmente personale; sconfinamenti di potere dalle proprie competenze da parte di organi statali e conseguenti scontri tra istituzioni; tentativi di imbavagliare la giustizia e di piegarla a interessi privati; devastazione del costume sociale e dell’etica pubblica attraverso corruzioni, legittimazioni dell’illecito, spettacolari esibizioni della trasgressione quale liberatoria opportunità per tutti di dare stura ai più diversi appetiti… » Ad essi aggiungo la precarietà alla quale è costretto chi ha nel suo lavoro la possibilità di sopravvivenza (per sé e per la propria famiglia) e l’affermazione della propria professionalità e della propria dignità di persona. «Al di là delle diverse e opinabili diagnosi, c’è il fatto che oggi molti, forse i più, non si accorgono del processo, comunque in atto, di morte lenta e indolore della democrazia, del processo che potremmo definire di progressiva “eutanasia” della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Fascismo di ieri e populismo di oggi sono fenomeni storicamente differenti, ma hanno in comune la necessità di disfarsi di tutto ciò che è democratico, ritenuto ingombro inutile e avverso.» Fa parte di questo quadro anche chi ha spinto - e spinge - per la ulteriore esasperazione della precarietà del lavoro a sostegno contingente di un sistema finanziario, che dichiarato globalmente i suoi limiti, anzi il proprio fallimento. Dobbiamo, con urgenza ripartire, consapevoli che dobbiamo arrancare in salita e che nessun princeps può risolvere da solo la situazione e che la partecipazione a questo processo di tutti noi, uomini e donne, riveste una importanza chiave. È urgente, molto urgente, affrontare con decisione e chiarezza questo scenario costruendone di nuovi in grado di avere come punto di riferimento principale il cittadino ‘persona’ e la sua ‘famiglia’, in una Comunità di 'liberi' che partecipano attivamente alla formazione e alla gestione delle regole di convivenza; specie in una fase nella quale le migrazioni costringono al confronto immediato fra diversità di tradizioni e culture.

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