sabato 8 gennaio 2011

• Governo e Tricolore


Leggo sulle Agenzie che Berlusconi , il presidente del Consiglio (o come qualcuno lo chiama: il premier) s’è ben guardato dal partecipare alla festa del Tricolore a Reggio Emilia, in avvio delle celelbrazioni dei 150 anni dell’Unità del nostro Paese. Il presidente del Consiglio? Nemmeno un messaggio, una lettera, o una delegazione in sua vece. Non solo ma a parte l’onnipresente sottosegretario Gianni Letta (il minimo formale del galateo istituzionale) è come se i ministri si fossero passati la voce: meglio snobbare l’evento. I ministri restano a casa. Alla festa del Tricolore non se ne è vista traccia. Leggo anche che alcuni ministri in privato si giustificano. I 'patriottardi' anche di un recente passato, dove sono finiti? Ma questa cos’è? La classe dirigente di una nazione che si chiama Italia e per costruire la quale in molti ci hanno rimesso la pelle?

Con il governo appeso a tre voti parlamentari e mentre è in pieno svolgimento la caccia ad un’altra diecina, «figurarsi se Berlusconi farà il gesto ardito di contrariare Bossi» e la sua corte leghista, «sgomitando per mostrarsi in prima fila alle celebrazioni dell’Unità d’Italia!» Già la Lega: sempre più padrona del campo, padrona anche delle idee. Sembra proprio riemergere la leggerezza del piano bar, di cui in tanti hanno parlato negli ultimi anni a proposito del barzellettiere. Che puzza! Il tempo passa! Il fetore da piano bar, stagionato, sta ammorbando l'aria del nostro Paese.

Quando ci sono uomini di governo e potere reale - almeno in questo momento - che dichiarano che con la bandiera (Simbolo rappresentativo della nostra Repubblica e del nostro Paese, riferimento per tutti noi che qui risiediamo e viviamo) ci si deve pulire il c... quale altro risultato ci si può aspettare? Napolitano - con altre persone per bene - ce la stanno mettendo tutta per rinfrescare l'aria e spingere verso la normalità. Non possiamo che ringraziarli. Anche noi, però, dobbiamo dar loro una mano: ogni giorno dovunque operiamo ed insistiamo. Ciampi, prima, e Napolitano, dopo, ce le ricordano in ogni momento.

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