
Accordo firmato a Torino per il rilancio del sito di Mirafiori. Sì alla firma di Fim, Uilm, Fismic, Uglm. Si è chiamata fuori la Fiom.
La trattativa si è svolta per l'intera giornata nella sede dell'Unione Industriale di Torino. Al tavolo c'era la delegazione dei sindacati Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl e l'Associazione Quadri.
Le posizioni vedevano Fim, Uilm, Fismic e Uglm pronte a trattare, mentre la Fiom chiedeva una "vera trattativa" e annunciava che se ci sarà una "Pomigliano bis" il suo no sarebbe stato scontato. Una tappa di snodo fondamentale, quella per il progetto Fabbrica Italia (il piano Fiat da 20 miliardi di euro di investimenti) che è anche essenziale per garantire l'investimento da oltre un miliardo di euro per lo storico sito torinese e per una effettiva progettazione del futuro.
Ci sono voluti trenta giorni di confronto, di aut aut di Marchionne e di aperture e sospensioni del tavolo ma alla fine l’accordo su Mirafiori è arrivato, anche se con il no della Fiom. Un futuro più certo per i cinquemilacinquecento lavoratori/trici dello stabilimento che hanno di fronte a loro almeno un altro anno di cassa integrazione. Alla ripresa dell’attività lavorativa nel 2011, l’intesa sarà sottoposta al giudizio dei lavoratori (tramite referendum). L’intesa è stata sottoscritta dalle associazioni dei lavoratori/trici metalmeccanici: Fim-cisl, Uilm-uil, Fismic e Uglm-ugl. Nell'insieme rappresentanti ampiamente la maggioranza dei lavoratori/trici sindacalizzati. L’intesa raggiunta sblocca un investimento da un miliardo di euro con l’obiettivo di fare di Mirafiori la fabbrica in grado di produrre i Suv realizzati su piattaforma americana. La futura struttura Newco non rientrerà nel sistema confindustriale e quindi non considererà validi i precedenti accordi sindacali, compreso quello del ‘93 sulle rappresentanze sindacali. Avranno la rappresentanza solo le organizzazioni che avranno firmato (quindi se la Fiom ritiene di non sottoscrivere l’accordo, non avrà più diritto ad una rappresentanza formale interna alla Fiat). Una svolta relazionale storica, che richiederà una reimpostazione delle relazioni tra le organizzazione sindacali dei lavoratori. La Fiom-cgil non condivide quel tipo di reimpostazione delle relazioni sindacali nella realtà Fiat. Ancora una volta non ha ritenuto di poter sottoscrivere termini e condizioni raggiunte al tavolo, a cui anch’essa ha partecipato, e chiede lo sciopero generale sostenendo che si tratta di ‘firma della vergogna’. il segretario generale della Fiom-cgil, Landini, ha così motivato la scelta della sua organizzazione : «È una riedizione peggiorata dell’accordo di Pomigliano che mette in discussione l’esistenza dei contratti nazionali e cambia le relazioni sindacali per i prossimi 30 anni».
Non si può che prendere atto che stagioni nuove e dinamiche nuove, nelle quali il fattore flessibilità produttiva ed il fattore 'accelerazione del tempo' sono la determinante globale per la sopravvivenza comunitaria. Da sempre la variante ricaduta territoriale di produzione e commercializzazione (sopratutto nell'industria manufatturiera) ha imposto un regime di relazioni nelle quali gli strumenti di potere e di reciproco condizionamento devono essere rivisti e rinegoziati. Oggi - con la globalizzazione voluta dalle dinamiche finanziarie (gestite da pochi oligarchi) - si deve intraprendere un percorso completamente nuovo (almeno per quanto riguarda la realtà comunitaria del nostro Paese e dell'Europa tutta. Come sempre c'è chi - come il sindacato ed i movimenti di cultura connessi - punta decisamente alla solidarietà ed all'eguaglianza tra cittadini/e e tra lavoratori/trici e,
conseguentemente, si contrappone a chi cerca di corrispondere al valore nominale del denaro quello della produzione e dei servizi.
Siamo un Paese che ha puntato e punta decisamente al sistema manufatturiero e dei servizi. Siamo quindi nell'occhio del ciclone. I soggetti impresa, lavoratore e istituzioni devono far fronte a questo nuovissimo scenario, ancora tutto da esplorare fino in fondo per le realtà territoriali e merceologiche dei Paesi cosiddetti 'avanzati'. Chi stava comunitariamente 'peggio' cerca di affacciarsi (anche con violenza) alla ribalta. Chi stava 'meglio' cerca di trovare una nuova dimensione e nuove strumentazioni che consentano di non arretrare troppo rispetto alle precedenti condizioni.
L'Italia è fra questi ultimi soggetti, con l'aggravante che tra i tre soggetti, negli ultimi dieci anni, è mancato quello istituzionale e non si è avvertita una capacità dirigente e progettuale che aiutassero ad affrontare credibilmente le ricadute di questo processo. Impresa Fiat e sindacati si sono trovati a gestire direttamente questo nuovo quadro ed a tentare nuove strumentazioni relazionali. Col caso Fiat si devono fare i conti. Le culture in campo da sessantanni tra le associazioni dei lavoratori/trici sono di due tipi. Quella tradizionale di stampo laburista, che cerca di reagire a quanto l'impresa progetta e lo vuol fare misurandolo sulle ricadute percepibili già nel breve-medio periodo. Quella di stampo 'contrattualista' che si pone il problema di prevenire le ricadute più pesanti prevedibili o possibili (nell'immediato e nel futuro più o meno distante), dando per scontato che i processi relazionali non sono mai fermi nel tempo, ma procedono per aggiustamenti successivi da controllare negozialmente quando questi si presentano o stanno per presentarsi in tempi dati. Per questa impostazione il problema è la conoscenza in tempo reale dei fenomeni e la partecipazione - compatibilmente col proprio ruolo - alla formazione delle decisioni in modo da condizionarle nell'immediato e contestualmente lasciare spazi aperti a modifiche in tempo reale quando si rendano necessarie. La prima punta soprattutto alla fotografia. L'altra ad un film in permanente modificazione.
Nel caso specifico nelle organizzazioni dei lavoratori/trici sono presenti entrambe le impostazioni. Il durissimo confronto tra Fiom-cgil e Fim-Cisl, in particolare, da questo discende.
Non sarà per niente facile ed indolore, ma dalla capacità di giungere ad un minimo progetto comune, compatibile con le due impostazioni, passa la possibilità di ricomporre l'unità del mondo del lavoro metalmeccanico e l'irrobustimento dell'azione di tutela per i propri rappresentati.
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