In questi mesi si è svolta e conclusa una prima fase negoziale tendente a riportare occupazione nel nostro Paese (in particolare in zone particolarmente colpite dal falgello della disoccupazione). Come accaduto in altri momenti ed in altre occasioni, il mondo dei lavoratori si è diviso. Da un lato la FIOM-cgil sceglieva di arroccarsi in difesa frontale di quanto ritenuto acquisito una volta per tutte - o quasi - senza misurarsi con le strategie finanziario/imprenditoriali che imponevano cambiamento ed adozione di nuove strategie produttive ed organizzative (a livello multinazionale) oltre che strumentazioni di contenimento della nuova ideologia del mercato. Dall'altro FIM-cisl & c., al contrario, si adattava a ciò che riteneva nell'immediato non modificabile e proponeva difesa e contrattacco nello stile degli Orazi e Curiazi. Da un lato
la FIOM-cgil si arroccava sulla capacità e volontà di intervento istituzionale a tamponamento della propria debolezza negoziale. Dall'altro FIM-cisl & c. si rendevano conto che quella condizione non era presente e, in particolare per la FIM-cisl, comunque non gradita dal momento che il negoziato era attivo. Due opposte posizioni e strategie di confronto, che le varie componenti sindacali dei lavoratori non sono state in grado di portare a sintesi, ad unità effettuale. Due opposte impostazioni che hanno portato ad un accordo, sottoscritto da alcuni sindacati e confermato dalla maggioranza dei lavoratori e contestato dalla FIOM. La cultura tradunionista ‘conflittuale’ tout court e quella tradizionale CGIL-centrica si scontrava con quella partecipativa del sindacalismo riformista che poneva al centro l’uomo, ponendo - nel momento di maggior debolezza - come priorità la sopravvivenza (presenza di occupazione) e lasciando la porta aperta a spazi di tutela per la acquisizione di una nuova strumentazione. Si è giunti alla firma del testo di Pomigliano con la multinazionale Fiat, ponendo al primo posto il ritorno della occupazione in Italia (anche se a condizioni assai dure - personali e familiari). La categoria dei metalmeccanici della Cgil (la Fiom) ha portato i propri iscritti e simpatizzanti allo scontro col criterio di “la va o la spacca”, indebolendo di fatto il fronte negoziale. Le altre organizzazioni sindacali hanno accettato sacrifici assai condizionanti; pur lasciando però varchi chiari per il 'poi', nei quali la Fiom sembrerebbe volersi comunque inserire immediatamente. È seguito un referendum ricognitivo. Scrive il quotidiano della Confindustria il 24 giugno u.s.: "Dopo il sì dei dipendenti di Pomigliano al referendum di martedì (con il 63,4% contro un 36% di no), Fiat riavvia il dialogo con il fronte sindacale che ha firmato l'intesa. «L'azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri» recita il comunicato diffuso ieri." Cosa accadrà, ora? Alla multinazionale FIAT mantenere i patti sottoscritti. Un amico ha commentato: «Stavolta la Cisl ha sbagliato, senza se e senza ma. L'uomo al centro.....» Io sono convinto del contrario. A stomaco vuoto si è facile preda della disperazione e non si costruisce nessun avvenire 'libero' e non asservito. In ogni caso che la FIM e la Cisl abbiano sbagliato o meno lo verificheremo insieme, quando le azioni passeranno dalle parole ai fatti e sarà chiaro che non c'è stata alcuna infrazione del contratto nazionale (peraltro, guarda caso, non firmato dalla FIOM) né tanto meno Costituzionale - che disinformazia anche mediatica sta cercando di accreditare. Qualcuno nelle fabbriche e in parte della stampa ha pesantemente offeso i lavoratori della FIM che non condividevano tattiche e strategia della FIOM, mentre qualche altro chiedeva (propagandisticamente?) la ricomposizione unitaria del fronte sindacale più o meno sui contenuti proposti dalla FIOM. È incredibile!
Il segretario generale della FIM di Napoli sul quotidiano 'Conquiste del Lavoro' del 30 giugno u.s. ha risposto: «"È offensivo, fuori luogo e ingeneroso dare dei "servi dei padroni" a chi, reggendo il confronto fino alla fine, ha dimostrato di saper assumere le necessarie responsabilità, per garantire un futuro di lavoro agli operai di Pomigliano". "I veri ed unici servi dei padroni - ha aggiunto - sono quelli che vogliono affossare Pomigliano, Napoli e il Sud. Napoli è terra di lavoratori che vogliono e sanno lavorare, non di scansafatiche - ha proseguito - è indispensabile non farsi prendere dall'emotività e mantenere la lucidità indispensabile per fare chiarezza fino in fondo. La Fim e la Cisl si sono battute per sbloccare l'investimento Fiat per Pomigliano, perchè hanno valutato che il valore delle opportunità di lavoro, diretto ed indiretto, che si verranno così a creare, è superiore ai sacrifici richiesti".» Nel caso specifico, le scelte erano sostanzialmente solo due: per CISL & c. la priorità era garantire la sopravvivenza di oltre 15.000 persone, con relative famiglie, e poi si creavano le condizioni per rimettere mano alla partita delle tutele (con le dovute correzioni ‘globali’, come indicato da tutti gli interlocutori) continuando a battersi per la centralità della persona; per la FIOM viceversa. CISL & c. (pensando al 'dopo') cercavano di recuperare uno sfilacciatissimo sistema di relazioni industriali 'partecipato' (quello affermato negli anni IRI, da rivedere alla luce della globalizzazione), per la FIOM limitando sostanzialmente il ruolo alla metodologia conflittuale. Non è un caso che l'azione degli uni non ha visto lo scontro con la CGIL di Epifani - che ha pubblicamente dichiarato alla Assemblea dei Quadri della CISL la propria comprensione (non so come altro chiamare la sua posizione).
Hanno fatto bene la CISL & c. ? ‘La CISL firma ormai di tutto contro tutta la sua storia', ha scritto e detto qualcuno in cerca di un facile consenso mediatico; ignorando consapevolmente la sua forza e capacità di proposta e negoziato - quadro indispensabile per la propria autonomia da governi - di vario livello - e controparti imprenditoriali, comunque denominate.
Ha fatto bene la FIOM a rifiutare di firmare sfilandosi (con CGIL scettica su questo ribadito atteggiamento 'negoziale') e cercando subito dopo il rientro il più vicino possibile alle proprie sponde, proprio per sfuggire al proprio isolamento fra lavoratori e lavoratrici?
C'è chi ha tirato per la giacca i partiti ( di maggioranza ed opposizione) per questa vicenda, cercando di recuperare logiche arcaiche da 'cinghia di trasmissione', per alcuni alla riscoperta di culture perdute, francamente risibili in una vicenda seria come questa; per altri come possibile sponda nelle pieghe della quale nascondere le proprie insufficienze e ritardi.
Ora la mossa tocca alla multinazionale Fiat, mentre al sindacato (alla CISL in particolare) tocca impostare e mettere in pratica una strategia 'globale' attraverso il sindacato internazionale - che appare incapace di reagire o di provarci non solo nel caso Fiat.
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