venerdì 20 novembre 2009

• Monopoli della comunicazione e libertà democratiche

Quanto sta accadendo in Italia nel settore della comunicazione ha dell’incredibile. La destra sta finendo di consegnare il sistema tv al monopolio Mediaset, che gestisce di fatto anche pubblicità e rete distributiva dei film nelle sale cinematografiche. Il sistema pubblico (e pochissime variabili al sistema TV commerciale, tipo La7) è stato costretto ad assistere inerte, o quasi. L’unico concorrente/ostacolo che si oppone a tutto questo è Murdoc (Sky), ma certamente non per rispetto di un residuo anelito di democrazia e di libertà! L’antitrust che fine ha fatto? Il colpo (quasi finale) al servizio pubblico può venire dal minacciato - da Berlusconi - dimezzamento del canone TV e dal reclamato annullamento dello stesso rivendicato - condito da molta superficialità - da Di Pietro. Le divisioni ed i ritardi delle opposizioni; una legge elettorale partitocratica (partita dalla Toscana ed approdata a livello nazionale con la ‘porcata’ Calderoli); le divisioni e le intolleranze delle destre, verso il loro interno e verso l’esterno, inevitabilmente fanno reclamare l’urgenza di «non buttare via il bimbo con l’acqua sudicia», non continuare in questa azione di smantellamento del ruolo del sevizio pubblico. Ne va della libertà di tutti!
“Bella mi’ DC”, mi strilla spesso negli orecchi un caro amico. Se penso anche a questo aspetto della nostra società (quello della comunicazione e della partecipazione democratica, in particolare), anch’io sono propenso a concordare che il problema era all'epoca - tutto sommato - non grave come lo è oggi. Almeno finché i cattolici del dopo Resistenza
impegnati in politica non hanno perso il controllo di quel loro strumento e non sono sopravvenuti populismi, arrivismi, affarismi e terrorismi rossi e neri - di vario genere e dimensione.
Il quadro è ricomponibile in termini democratici? Penso di sì. Ma a condizione di smettere di lamentarsi di questo o di quello e di ricominciare a dare battaglia per il mantenimento e rinnovamento degli strumenti di democrazia e di partecipazione come la comunicazione, nel suo insieme strumentale: dai quotidiani, alle riviste, ai libri a internet, ai social network, al sistema TV.
È comunque essenziale aver chiaro che controllo e gestione non possono essere concentrati nelle stesse mani e che lo Stato non può stare a guardare quello che fanno e decidono dei soggetti privati per i loro interessi esclusivi e le loro finalità edonistiche. Comunicazione significa anche formazione permanente. Il pluralismo è essenziale per il mantenimento del sistema democratico e del sistema parlamentare. La formazione (e l'innovazione tecnologica) non può essere lasciata solo in mano ai privati, che agiscono esclusivamente nel loro interesse immediato. Non può essere di conseguenza garantita da privati, per quanto illuminati possano essere.

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