
Costantino Corbari informa su CONQUISTE DEL LAVORO di oggi : «"Non credo che la mobilità di per sé sia un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso è la base su cui organizzare il progetto di vita e la famiglia. La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no". Parole del ministro dell'Economia e Finanze Giulio Tremonti, a conclusione dell'intervento nell'ambito di un incontro sulla "partecipazione nell'impresa e azionariato dei lavoratori" tenutosi ieri a Milano.» Quasi tutti i quotidiani le richiamano come un grande obiettivo, che finalmente qualcuno pone all’attenzione dell’opinione pubblica. «Si possono mettere in discussione dieci anni di politiche del lavoro, nonché i contenuti di un Libro bianco sul welfare pubblicato solo cinque mesi fa, in meno di un minuto?» commenta Luca Pesenti sul SUSSIDIARIO. Su quasi tutti i quotidiani di stamani: la bagarre! È francamente sconcertante.
Sono alcuni anni che sindacati ed opposizione chiedono di smetterla di far ruotare il dibattito intorno a Berlusconi ed alle sue personali istanze (positive o negative che siano) per parlare delle conseguenze delle ricadute del disastro finanziario di derivazione liberistico-occidentale sulla gente comune, sul lavoro, sull'impoverimento di professionalità, sull'innovazione; di far riassumere primato e priorità alla PERSONA ed alla FAMIGLIA in modo da dare un significato alla 'invocazione' di un profondo cambiamento delle leadership che hanno consentito il disastro. La stessa chiesa cattolica si è chiaramente e severamente espressa su tutto questo ad ogni livello. Mi fa perciò ancora più effetto tutto il polverone che si fa sulla nuova posizione 'politica' e 'progettuale' espressa da Tremonti. Dov'era quando il partito democratico presentava in Parlamento tentativi normativi di tamponamento dei drammi di chi era travolto dal disastro (lavoratori dipendenti, autonomi e piccole imprese) e la maggioranza (di cui Tremonti fa parte primaria) li respingeva votando contro senz'altra motivazione che prima bisognava parlare di altro - senza indicare chiaramente di cosa e perché? Dov'era quando dalla sua stessa maggioranza si rimetteva in discussione l'unità dell'Italia proprio alzando il dito censorio sulla qualità e quantità del lavoro in alcune regioni 'povere' e 'destrutturate'? Dove, quando - sempre dalla maggioranza di cui fa parte - si accentuavano le disuguaglianze (sul piano dei diritti e dei doveri) tra i cittadini ad ogni livello?