venerdì 3 ottobre 2008

• Latita il buon senso? Pericolo per la democrazia?


Cresce ogni giorno di più la preoccupazione per la nostra democrazia. Certamente non perché l'opposizione ne fa un cavallo di battaglia ma perché i segnali involutivi sono sempre più forti e robusti. Il 'fastidio' e l'intolleranza sostanziale per ogni atto di verifica e controllo da parte degli organismi deliberanti della istituzioni è sempre più marcato. Si leggono sul MESSAGGERO di questa mattina queste frasi: «Le regole del Parlamento sono vecchie e vanno cambiate. Lo chiede Silvio Berlusconi, dopo le proteste dell'opposizione che aveva criticato l'uso eccessivo dei decreti legge. Il governo è intenzionato a intervenire con un decreto legge «su tutte le materie in cui è necessario intervenire con una decretazione d'urgenza». E non mancherà di porre la questione di fiudica ogni qualvolta sarà utile, perchè la «fiducia è un atto di coraggio e responsabilità e se un governo non la ottiene, se ne va a casa», ha aggiunto Berlusconi. Secondo il presidente del Consiglio, anche in caso di decreto c'è il vaglio del Quirinale, il voto del Parlamento e casomai, un successivo esame della Corte Costituzionale. «Invito i presidenti delle Camere a procedere perché, assieme ai capigruppo, si proceda a cambiare i regolamenti perchè l'iter di approvazione delle leggi sia più rapido, così come accade nel resto d'Europa». È l'invito «cordiale» rivolto poi dal premier ai presidenti delle Camere. » Che occorrano alcuni cambiamenti di funzionalità del Parlamento siano necessari per fr fronte al nuovo modo di porsi del fattore tempo, non credo possano esserci dubbi. Ma che questo significhi ridurre il punto più importante della nostra democrazia ad un luogo che ha come funzione prevalente quella di prendere nota di quanto una oligarchia ha determinato è assai grave; soprattutto se si tiene conto che col sistema elettorale vigente che propone chi l'oligarchia proponente ritiene più utile o interessante per se stessa.
A tutto questo si aggiunge che anche la forza che finora ha potuto agire come baluardo di difesa per l'insieme della democrazia italiana (il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici) si sta rapidamennte indebolendo con gravi ripercussioni di sistema. Si sta assistendo,infatti , ad un film già visto nei giorni scorsi a proposito di Alitalia. Mutatis mutandis, un film assai simile a quello proposto all'attenzione dei lavoratori e delle lavoratrici negli anni '50, nei giorni della dolorosissima scissione sindacale (la cui origine era solo - e molto parzialmente - legata ai fenomeni di politica internazionale). C'è chii si può proporre la tutela, anche salariale ma non solo, fermandoci sulla fotografia dell'esistente cercando di adattarvisi. C'è chi cerca di creare le condizioni per opera e progetta tenendo conto della inevitabile sequenza di immagini socio-economiche, in parte da costruire e da verificare. In tutto questo sembra esserci un ruolo diverso da allora: quello di Confindustria. Allora interfaccia antagonista della sola CGIL, mentre la LCGIL forzava per un quadro di riferimento generale economicamente e finanziariamente in cambiamento. LCGIL e parte della FIL fusi nella CISL, portarono la proposta delle Sezioni Sindacali Aziendali e dei premi di produttività nelle fabbriche (solo parzialmente attuata), quella di un accordo quadro sulle relazioni industriali ed ipotizzarono alcune sperimentazioni di job evaluation (che videro solo uno o due casi di attuazione contingente).
Una cosa è certa, ai miei occhi. Si sta operando una nuova e dannosa separazione tra i lavoratori e le lavoratrici sindacalizzate, con danni che non possono che danneggiare l'obiettivo principale ed indebolire ulteriormente il ruolo del sindacato (già tutt'altro che robusto in questi giorni): impedire che uomini e donne siano considerati degli oggetti di cui disporre liberamente e che l'individualismo continui a determinare povertà sempre più incidenti; operare perché il nostro Paese non transiti da una democrazia 'partecipata' ad una democrazia 'parlata'.
I partiti da canali d partecipazione collettiva sono giunti ad essere - di fatto - insieme di oligarchie di vario livello. L'attuale opposizione parlamentare di governo sta faticosamente cercando di porre un freno, cercando una ricetta adatta all'insieme attuale delle 'culture' presenti nel nostro Paese. Ma il quadro fotografico che ci si propone ogni giorno è di un far politica in una chiesuola per eletti alla quale chiamare una tantum ad innalzare incensi , preghiere i improperi. Il sindacato dei lavoratori, come quello degli imprenditori, finora continuava su schemi sperimentati in 50 anni di partecipazione (più o meno intensa e visibile). I sindacati degli imprenditori sembravano in fase di osservazione prudente dei cambiamenti in atto a livello globale e locale. Quelli dei lavoratori e delle lavoratrici proiettati a tamponare i guai ed a salvaguardare il sistema partecipativo. Le attuali lacerazioni del tessuto sindacale (in gran parte maturate in CGIL) possono portare solo ad un grave indebolimento istituzionale.
È urgente un mutamento di rotta. Le prime reazioni - tra le gente ed i più attenti osservatori - si possono già avvertire. Si può sperare ed avere fiducia recuperando solidarietà tra tutti noi, ovunque operiamo. I nostri egoismi e le nostre miopie possono essere superate. Il buonsenso può riprendere quota.

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