sabato 16 maggio 2009

• Non si può vivere con poca speranza e senza certezze

Su qualche quotidiano (soprattutto periferico) si leggono liste elettorali e fenomeni di adesione sindacale con gli occhi di un miope ed inconcludente vetero- ideologismo, tanto da identificare - di fatto - come un tutto unico post-comunisti e metalmeccanici CGIL, con tanti saluti alla stessa storia degli ultimi vent'anni di quel sindacato, al ruolo effettivamente sollecitato da lavoratori e lavoratrici aderenti alla FIOM oggettivamente diverso e - anche se troppo spesso - separato da quello dei suoi dirigenti. Come il mutamento delle adesioni a livello nazionale ed in alcuni casi politicamente importanti come quello dell'integrativo della Piaggio dimostrano. La tensione tra chi lavora (operaio o no) aumenta per l'incertezza del futuro nel breve periodo. Ed è una cappa che investe tutti, in ugual misura e drammaticità.
Ne è testimonianza anche quanto accaduto, alla manifestazione dei lavoratori della Fiat a Torino indetta da Fim, Fiom, Uilm e Fismic per chiedere alla FIAT risposte certe sul futuro degli stabilimenti italiani nella grande partita dell'alleanza con Chrysler e Opel. Momenti di tensione altissima e tafferugli durante il comizio dei segretari dei metalmeccanici . Una cinquantina di persone che si distinguevano come SLAI-cobas hanno interrotto il comizio, strattonato e tirato giù dal palco il segretario generale della FIOM-cgil Gianni Rinaldini. «Un episodio deplorevole costruito in modo organizzato» ha detto Rinaldini che però non deve «oscurare la grande manifestazione» di oggi. Contestato anche il segretario generale della FIM-cisl, Giuseppe Farina: al quale i Cobas hanno urlato "venduto, venduto" ed hanno staccato il microfono, anche se nella confusione ha terminato l'intervento. Colpito con una cinghiata il segretario generale della UILM piemontese, Maurizio Peverati. Hanno occupato il palco strappando gli striscioni di Fim-cisl, Fiom-cgil, Uilm-uil e Fismic-sida e un loro rappresentante ha preso il microfono.
Tutto questo è emblematico e ricorda - molto da vicino - certe 'sfuriate' degli anni '70 che portarono solo alla marcia dei 40.000 ed all'indebolimento dell'azione sindacale. Ed il vantaggio non fu certamente per i lavoratori e le lavoratrici! Lo staff dirigente della FIOM, quello della FIM e quello della UILM dovrebbero ricordarlo; in particolare quello della Fiom. Ancora una volta c'è chi cerca di sfruttare una situazione di grave preoccupazione e di incombente mancanza di speranza nel futuro di se stessi e delle proprie famiglie per propri obiettivi immediati di proselitismo occasionale e/o di carattere puramente nichilista. I contestuali appelli alla fiducia da parte del Presidente del Consiglio - di cui si legge sulla stampa ma non seguiti da provvedimenti di governo significativi - suonano come una provocazione in questa situazione. Qualche giorno fa un quotidiano francese ebbe a parlare di una situazione prerivoluzionaria causato dal dissesto socio-economico in atto, anche se in presenza di mancanza di obiettivi concretizzabili per chi materialmente poteva cedere a tale tentazione. Esagerava? Forse.

1 commento:

Ettore ha detto...

LA STAMPA - 17/05/2009 - LA GRANDE CRISI
Cobas-Fiom scontro al corteo
delle tute blu
Cori contro gli aggressori: «Siete infami»
di MARINA CASSI

TORINO
E’ finita che - appena concluso il comizio di fronte alla palazzina del Lingotto - il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini se ne va scortato dai suoi compagni mentre i lavoratori ritmano in segno di solidarietà «Gianni, Gianni» e «Unità, unità». E’ l’una ormai passata e appena pochi minuti prima il palco della manifestazione nazionale dei lavoratori Fiat - in realtà il pianale di un camioncino - era stato assalito da militanti dello Slai Cobas.
Tutto era partito, intorno alla mezza, con uno slogan ritmato «Torneremo a Pomigliano, torneremo a Pomigliano» e l’improvviso materializzarsi sotto il palco di decine di cartelli con scritto «Sono stato deportato con accordo sindacale nel reparto confino di Nola. Slai Cobas». Si riferisce al trasferimento, due anni fa, di circa 300 addetti da Pomigliano alla logistica Fiat di Nola.
Sta parlando il segretario Fim, Giuseppe Farina, quando mischiati a slogan come «Il potere deve essere operaio» partono fischi e urla: «Venduto, traditore». Nel frastuono il leader Fim termina il comizio. Prende il microfono Rinaldini e si scatena l’inferno. Un ragazzo fa il segno di tagliare la gola rivolto al segretario Fiom torinese Airaudo che tenta dal palco di calmare il gruppetto - non più di una cinquantina - che urla. Lo stesso giovane brandisce l’asta di una bandiera e sta per usarla come un giavellotto contro i sindacalisti quando gli operai di Pomigliano glielo impediscono. La tensione sale, tutti urlano. Rinaldini parla, un aderente al Cobas balza sul camion, lo spinge. Il segretario Fiom cade, rischia di finire oltre il parapetto. Gli altri sindacalisti lo afferrano; Rinaldini va lungo disteso sul pianale. Viene aiutato a rialzarsi. Intanto un Cobas gli sfila il microfono di mano e se lo porta via.
Intorno è il caos. Gli operai di Pomigliano litigano in dialetto stretto con i Cobas: «Infami, fetenti». Dai quattro lati di via Nizza si materializzano i militanti sindacali torinesi, soprattutto Fiom. Si lanciano in difesa del camioncino, a protezione dei dirigenti. Respingono gli assalitori e Rinaldini, pur nel marasma, finisce il comizio. I Cobas volevano parlare - e il sindacato afferma che lo avrebbero potuto fare dopo la fine dei comizi degli organizzatori Fim, Fiom, Uilm e Fismic - e quando prendono il microfono, il loro, dicono che la Fiat deve essere nazionalizzata. I lavoratori ormai non ci sono più, se ne sono andati. In molti hanno seguito Rinaldini fino all’auto per abbracciarlo. Eppure quattro ore e cinque chilometri prima - di fronte alla storica porta 5 dove da sempre tutto accade - era partito un corteo folto - 15 mila partecipanti per il sindacato, 8 mila per la polizia - ricco di voci, slogan, bandiere, fischietti, striscioni, bandiere. Un corteo di uomini e donne in carne e ossa non rabbiosi, ma preoccupati e ansiosi.
Chiedono che nessuno stabilimento chiuda, che il governo intervenga, che la Fiat non si dimentichi dell’Italia; né degli stabilimenti dell’auto né di Cnh, Iveco, Comau. Echeggiano slogan antichi - «Nord Sud uniti nella lotta; il posto di lavoro non si tocca» - e graziosi sfottò «Marchionne tu vo fa ‘ammericano, ‘ammericano». I più preoccupati sono quelli di Pomigliano. Lo dicono: «Ci sentiamo morti che camminano» e quelli di Termini Imerese. E i tanti dell’indotto. Sfilano gli operai con tanti amministratori - Chiamparino, Bassolino, Vendola, Lonardo, Lombardo e una schiera di sindaci e gonfaloni - politici - Damiano, Ferrero, Diliberto, Migliore - e raccontano alla città della Fiat, ancora uno dei più grandi centri industriali europei, una cosa semplice: vogliono continuare a fare auto, camion, trattori, scavatori. Almeno per tutta la propria vita.