sabato 16 maggio 2009

• Disperati in cerca di un futuro.

La dura polemica, che si è sviluppata in questi giorni nel nostro Paese tra la destra ed il centro-sinistra, induce ad amare considerazioni. Inutile che qualche personaggio si accanisca nel voler dimostrare la inevitabilità giustificante di gesti ed azioni governative a danno dei poveracci che affrontano la morte, stupri e violenze per poter giungere comunque in terre meno colpite da fame e/o da odio.
A proposito di immigrazione ed immigrati propongo il testo recuperato da Lapo Pistelli e da lui diffuso agli amici di FACEBOOK (il 15 maggio 2009 - 10:52) per ricordare il quadro col quale hanno fatto concretamente i conti quei nostri compatrioti fuggiti in terre lontane, qualche decennio fa.
___________________________
«Circola in rete da qualche giorno questo testo. Sull’argomento dell’immigrazione e della nostra identità nazionale di migranti, Gian Antonio Stella – che invitammo a Firenze per il suo spettacolo “L’Orda” – ha scritto un paio di libri straordinari. Dopo il dibattito alla Camera di questi giorni sul decreto sicurezza, durante il quale ho provato vergogna per le parole che ho ascoltato, credo che la breve lettura
qui riportata faccia riflettere. E così, per qualche ora, allarghiamo lo sguardo oltre la cerchia dei colli fiorentini. “emigranti-italiani-a-ellis-islandGeneralmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.” Il testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912. La relazione così prosegue: “Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.» ________________________
Il libro di Gian Antonio Stella

Titolo: L'orda
Sottotitolo: quando gli albanesi eravamo noi

Edizione: Rizzoli, Milano, 2002 , pag. 286, dim. 140x223x20 mm , Isbn 88-17-87097-8
Classe: storia contemporanea d'Italia , storia sociale , storia criminale

Nessun commento: