giovedì 10 marzo 2011

• 'Super-ricchi' e Bene comune.


Il quindicinale Forbes (una rivista statunitense di economia e finanza) sottolinea ed evidenzia in questi giorni che le ricchezze individuali del continente europeo hanno ceduto il passo a quello asiatico. Più super-ricchi «in Cina che in Europa. Per la prima volta in più di un decennio in Asia ci sono più miliardari (332, più dei 248 dell'anno scorso e i 130 del 2009 per un totale di 996 miliardi) che in Europa (solo 300, più dei 248 dell'anno scorso e tuttavia con un patrimonio complessivo di 1.300 miliardi di dollari)». «Cina e Russia ne contano oltre cento. Gli Stati Uniti sono arrivati a 413, dieci in più dell'anno scorso. Nel vecchio continente i nuovi miliardari sono 50.» (Il link originale).

Si misurano le quantità ed i nuovi equililbri; non la qualità di strumenti ed obiettivi (raggiunti o meno) come se il denaro e la sua accumulazione fossero fini, inquadrabili di per sé come bene comune.

Col fenomeno asiatico - ampiamente previsto e prevedibile - dovranno essere fatti i conti. Altrettanto con le priorità finalizzabili al tipo di bene comune al quale si punta.

Se ha da esserci, come da qualche parte sembra emergere, la ridefinizione di 'bene comune' - da perseguire nella e per la Comunità - si devono fare i conti con l’emersione del 'berlusconismo' come momento individuale edonistico fine a sé stesso, che al momento è vincente. Lo indicano i richiami sempre più frequenti ai mutamenti culturali ed organizzativi di derivazione liberale e socialdemocratica. Lo sottolineano gli insegnamenti proposti dalla Dottrina Sociale della Chiesa (che è bene ricordare non è una 'terza via' ma la conferma di una lettura secolare, di una unità di misura, dei fenomeni maturati o maturandi nella Comunità).

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