sabato 12 settembre 2009

• Livorno, lavoratori e lavoratrici a rischio.


Livorno – Delphi Italia Automotive Systems S.r.l. Ieri, produzione ricambi auto e moto. Oggi, poco più che un nome che evoca l’impegno di molti, per la difesa di un importante punto produttivo per l’area d’insediamento e per la dimensione occupazionale. ENI-AGIP oggi raffina prodotti petroliferi, domani: un incognita. Piccole imprese, con particolare rilievo per quelle dell’edilizia, annaspanti per la scarsa liquidità. Professionalità media dell’area sempre più fuori controllo ed a forte rischio di indebolimento ulteriore.

Istituzioni che si muovono, tra cautele ed incertezze con frequenti stop and go. Quale strategia territoriale e/o di area vasta adottare, per quale ipotesi progettuale di recupero territoriale anche a salvaguardia di un ‘dimagrito’ sistema produttivo locale?

Il vescovo Diego, preoccupatissimo, corre da lavoratori e lavoratrici della Delphi ed offre, insieme ad un forte impegno di riflessione e preghiera, mani e braccia per testimoniare speranze e solidarietà di una Comunità. Il vescovo Simone, che nel frattempo gli è succeduto, insorge dalla piazza del santuario a Montenero in difesa di chi lavora per ENI-AGIP: « È inaccettabile che una azienda, cha fa fior di utili e per di più è in mano allo Stato, possa pensare di smantellare una raffineria senza prima provvedere a cercare una soluzione occupazionale per i suoi dipendenti.» Non basta affidarsi a un qualsiasi acquirente e pensare che tutto sia compiuto.

Lavoratori e lavoratrici, anche coi loro sindacati, sono in prima linea e cercano una risposta costruttiva

alle loro ansie, alla loro incombente mancanza di speranza.

Alcune delle priorità dell’area livornese. Non soltanto per la salvaguardia delle famiglie di lavoratori e lavoratrici, nonché per il sostegno del sistema dei servizi, ma anche per porre un punto fermo al processo pluriennale di ridimensionamento della struttura produttiva (che in molti ritenevamo giunto al termine, o quasi). Si aggravano le conseguenze della lontananza dai centri di potere e della marginalizzazione dalle loro strategie; della 'fuga dei cervelli' e dei forzati limiti delle strategie di recupero e rilancio dell’area.

La subentrata crisi finanziario/produttiva attuale? Un ostacolo aggiuntivo da fronteggiare.

Bisogna certamente dare priorità a tamponamenti e difesa ma soprattutto è urgentissimo superare l’inerzia delle analisi e segnare un percorso condiviso per una progettualità d’area, che metta insieme tutte le forze istituzionali e private (associazioni d'impresa, sindacati dei lavoratori, terzo settore, ecc.) e consenta di giungere a strategie (che, sole, possono ridare fiato nel tempo medio e che necessitano di un quadro relazionale accuratamente predisposto). Non esiste autosufficienza o colpo di 'genio' capace di imporre una svolta. Neanche in casi come quello della Delphi o quello dell’ENI-AGIP, fatti precipitare ulteriormente da vicende esterne. Come ha ribadito recentemente il Presidente emerito, il nostro C.A.Ciampi: « Aumenta ogni giorno il numero delle famiglie in cui c’è un problema di lavoro, è sotto gli occhi di tutti il peggioramento diffuso delle condizioni di vita reale, siamo costretti a fare i conti con una dimensione crescente di disuguaglianza sociale, registriamo tristemente che i poveri sono sempre più poveri.» Il dramma della disoccupazione porta sempre a forme di disperazione con le quali prima o poi, bisogna fare i conti. Sempre più frequenti sono i casi nei quali i colpiti da fenomeni destrutturanti cercano visibilità attraverso atti finalizzati al clamore mediatico. Sono momenti che fanno annotare una disperazione più che manifesta, che fanno prevalere la denuncia; quasi sempre senza un risultato che solo il momento negoziale può dare, sostenuto da una attiva condivisione collettiva da parte dei vari soggetti operanti nell’area settoriale, locale e regionale. In questi casi, un solo soggetto (sia esso il sindacato A o B, l'associazione d'impresa tal dei tali, l'uomo di potere bianco o nero, istituzionale o meno) è molto difficile che sia determinante dal momento che la vicenda è causata da più fattori concomitanti e da più soggetti d'intervento e proposta.

Per uscire dalla crisi è fondamentale una coesione straordinaria tra le forze politiche e le forze sociali; senza dimenticare che dalla crisi non si può uscire senza «il recupero della condivisione, della fraternità, dello spirito sociale, del bene comune». Livorno rimane, al momento, in attesa.

Nessun commento: