venerdì 25 settembre 2009

• G20, priorità al lavoro, condizione per un nuovo ordine globale.


“Il G-20 di Pittsburgh di questi giorni si è aperto con gli auspici di un’economia mondiale che mostra i primi segnali di ripresa. La parola chiave è coordinamento. Tre temi principali: la regolamentazione dei mercati finanziari, le strategie di uscita da politiche monetarie e fiscali espansive, gli squilibri nella bilancia commerciale di Cina e Stati Uniti.” *1

“Nessun Paese ha interesse a muoversi verso un mondo più regolamentato se non in compagnia. Per due ovvi motivi: 1) con la globalizzazione il capitale finanziario e anche quello umano si muovono verso le migliori opportunità, e la deregolamentazione ne crea di migliori opportunità anche se effimere; 2) una maggiore regolamentazione dei mercati del credito potrebbe ridurre la crescita. Se è vero che non solo si socializzano le perdite e si privatizzano i profitti, che le banche e gli intermediari svolgono una funzione chiave, quasi “sociale”, che i soldi dei contribuenti hanno garantito i salvataggi bancari, allora non si può cedere sul fronte della regolamentazione. Si può discutere dei tempi ma non dei modi, le leve finanziarie devono per forza ridursi. I costi sociali della crisi in termini di disoccupazione sono sotto gli occhi di tutti.” *1

Perciò è importante che si cerchi di definire regole per una morale del mercato in modo da recuperare - almeno in parte - la dimensione ‘persona’ pur nella salvaguardia degli equilibri raggiunti, nel tempo, all’interno dei singoli territori e delle varie dimensioni societarie; equilibri che sono sempre più compromessi dalle urgenze e dalla distanza tra chi ha e sa e chi non ha (o ha poco, pochissimo) e chi non è posto in grado di avere l’opportunità di sapere. C’è chi invoca, anche in questa occasione, il recupero etico come vincolo della liberalizzazione selvaggia, finora testimoniata un po’ da tutti coloro che più avevano e sapevano, senza porsi il problema della necessità di un etica condivisa senza la quale squilibri e distonie non saranno avviabili a superamento. Probabilmente si finirà per percorrere diversi itinerari di aggiustamento dei processi esistenti per attenuarne la crisi invocando una permanente condivisione affidata ad una generica solidarietà, ma senza individuarne seriamente confini ed obiettivi.

Il problema del lavoro (che non è soltanto essere impegnati in una ‘qualsiasi’ occupazione in permanente conversione in tempi brevi e con alto rischio di precarietà) svela la fragilità della attuale ripresa dalla crisi ‘globale’ e la ‘parzialità’ delle scelte. Non a caso i sindacati dei lavoratori a livello internazionale si sono mossi cercando spazzi di interlocuzione. Lo impongono gli alti tassi di disoccupazione nei paesi a più alto tasso di sviluppo e l’allargamento delle fasce di povertà a livello globale e locale con caduta verticale dei livelli di professionalità pregressi. Da ciò la scelta di mettere nell’agenda del G20 il problema del lavoro è quasi obbligata.

Il peso e il significato della crisi occupazionale sono stati riconosciuti esplicitamente dalle fonti più autorevoli. “Dopo un seminario di due giorni, la Banca centrale americana ha dichiarato che non cambierà i tassi di interesse «per un lungo periodo» (i tassi Usa sono di poco superiori allo zero dal 2008, a stimolo di una economia ancora debole). Una decisione che gli analisti spiegano così: «Ci si aspetta per i prossimi due anni una crescita positiva ma molto lenta, non sufficiente a far abbassare significativamente il livello di disoccupazione - che è poi la vera ragione per cui la Fed sarà molto accomodante nei prossimi anni».” *2

Il contesto è sempre più drammatico: “la recessione globale sta colpendo con spietata precisione i Paesi più poveri, mentre il numero delle persone affamate ha già superato il miliardo. Per i sindacati internazionali, il G20 deve preoccuparsi di più dell'occupazione negli interventi di stimolo fiscale, come suggerisce l'Ilo; condividere esempi di buone pratiche ed attuare il Patto Globale per l'occupazione.”*3 Vedremo ciò che accadrà in concreto al G20 previsto per l’imizio del 2010. “I sindacati sono chiari: non si deve mettere il peso dello sforzo fiscale sulle spalle di coloro che già hanno pagato con salari più bassi e aumento della disoccupazione. Occorrono semmai una tassazione progressiva e l'equità nel sistema e la proposta del ministro tedesco delle finanze Steinbrueck di una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali (già Tobin Tax).
Durissimi i sindacati in materia di trasparenza finanziaria. Non ci può essere fiducia nel fatto che la "cabala dei saggi banchieri centrali e di controllori finanziari" che ha fallito nell'assicurare stabilità finanziaria prima della crisi, possa farlo ora nel "Financial Stability Board".
*3 “Il paradosso è chiaro: chi ha creato instabilità finanziaria non vuole incontrare chi ha pagato letteralmente le spese del pesantissimo crac. Buste paga light, drammi in ogni angolo del mondo, ma l'Fsb continua ad agire a porte chiuse, senza alcuna norma minima di governance istituzionale democratica.”*3
Perciò i sindacati plaudono ai correttivi, a cui sta ponendo attenzione l’attuale G20 “verso gli hedge fund ed altri nuovi strumenti finanziari, alla remunerazione dei dirigenti, alla cooperazione delle banche centrali contro la crisi, la fuga di capitali e i paradisi fiscali. Ma intimano al Fsb di aprirsi pienamente alla indagine pubblica e di prevedere un ruolo per il controllo pubblico dei loro affari, attraverso processi di consultazione formali.”
*3 È vitale.

____________________________________
*1 Pierpaolo Benigno, Strategie di uscita, Il Messaggero, 25 settembre 2009

*2 Lucia Annunziata, Priorità al problema lavoro , La Stampa, 25 settembre 2009

*3 Raffaella Vitulano, G20, verso intesa su finanza e bonus. Obama incontra i sindacati a Pittsburgh. Conquiste del lavoro, 29 settembre 2009


Nessun commento: