
In questi giorni si fa un gran parlare del tasso di disoccupazione italiano, come uno dei migliori dell’occidente industrializzato. Gran parte dei TG ne trae considerazioni incoraggianti, spesso come se fossimo già fuori dal guado. Anch'io sono convinto che il peggio stia passando, ma l'occupazione continua ad essere un problema grave ed una priorità e condiziona pesantemente lo stato familiare e sociale della nostra Italia. Cerchiamo allora di capire meglio e più chiaramente la situazione. Il tasso di disoccupazione non tiene in alcun conto di chi non si iscrive - per mancanza di fiducia e scoraggiamento - nelle liste di chi ricerca impiego. E tutti siamo consapevoli che sono molti uomini e, in misura maggiore, molte donne,in ogni parte d’Italia
Per aver un punto di riferimento più credibile ed impostare ad ogni livello una strategia per il mantenimento e lo sviluppo del quadro delle professionalità disponibili territorialmente ed incrementare la produttività delle imprese che vogliono recuperare terreno, bisogna guardare al tasso di occupazione, per poter sviluppare una possibile strategia formativa e progettuale territoriale (attualmente in gran parte assente). Anche per avere la possibilità di un più serio ed attendibile confronto col resto d’Europa e rendersi conto che siamo nelle ultime posizioni. Non per piangere ma per reagire o chiedere di reagire più robustamente di quanto attualmente il sistema pubblico e privato facciano. Correggendo robustamente quanto si sta facendo alla luce del solo tasso di disoccupazione e corrispondendo più coerentemente a quanto avvertiamo quotidianamente sulla ‘stato’ delle persone. Cos’è e di cosa tiene conto? Il tasso di occupazione è un indicatore statistico del mercato del lavoro che quantifica l'incidenza della popolazione che ha un'occupazione sul totale della stessa e si calcola come rapporto percentuale tra il numero di persone occupate e la popolazione.
Libero-news.it propone una lettura più completa dell'indagine Istat.
«Il tasso di disoccupazione in Italia del secondo trimestre è stato pari al 7,4%, in crescita rispetto al 6,7% del secondo trimestre 2008. Si tratta del dato più alto dal primo trimestre 2006. Lo comunica l'Istat spiegando che il dato risente soprattutto dell'incremento degli inattivi (+434mila unità). Il numero delle persone in cerca di occupazione sale invece a 1.841.000 unità (+137.000 unità, pari al +8,1% rispetto al secondo trimestre 2008). In rapporto alla caduta dell'occupazione, la crescita più contenuta della disoccupazione si associa al nuovo sensibile incremento dell'inattività (+434.000 unità, pari al +3,0 per cento) concentrato nelle regioni meridionali e dovuto, spiega l'Istat, a «fenomeni di scoraggiamento, alla mancata ricerca del lavoro di molte donne per motivi familiari, al ritardato ingresso dei giovani nel mercato del lavoro». La riduzione su base annua dell'offerta di lavoro riguarda sia la componente femminile (-0,6%, pari a -61.000 unità) sia soprattutto quella maschile (-1,2%, pari a -180.000 unità). Alla positiva dinamica registrata nelle regioni settentrionali (+0,3%, pari a 32.000 unità) e in quelle centrali (+0,5%, pari a 25.000 unità) si contrappone l'accentuata riduzione nel Mezzogiorno (-4,0%, pari a -298.000 unità). In tale area la diminuzione interessa sia l'offerta di lavoro maschile (-3,8%, pari a -185.000 unità) sia quella femminile (-4,2%, pari a -113.000 unità). La caduta tendenziale dell'occupazione sintetizza il forte calo della componente maschile (-2,2%, pari a -310.000 unità) e la flessione di quella femminile (-0,7%, pari a -68.000 unità). Peraltro, entrambe le componenti di genere, e soprattutto quella maschile, scontano l'ulteriore sensibile riduzione dell'occupazione degli italiani (-399.000 e -163.000 unità, rispettivamente per gli uomini e le donne); con ritmi inferiori a quelli del recente passato, prosegue invece la crescita dell'occupazione degli stranieri (nell'ordine, +89.000 e +95.000 unità).»